A oltre 4 mila metri di quota nel cuore delle Alpi, la Ice Memory Foundation ha recuperato due carote di ghiaccio finalizzate alla conservazione della memoria del Grand Combin (tra Valle d’Aosta e Cantone del Vallese). Gli estratti, profondi sino a sfiorare il substrato roccioso, saranno trasferiti in Antartide con lo scopo di per salvare i “ricordi” climatici di un territorio fragile e sempre più minacciato dal cambiamento climatico.
L’impresa
Tale missione dal valore ambedue scientifico e simbolico è stata realizzata da una équipe internazionale guidata dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricercheitaliano (CNR-ISP) e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia. Sotto l’input del progetto riconosciuto dall’UNESCO della Ice Memory Foundation, essa è riuscita a perforare il Ghiacciaio Corbassière, sul Massiccio del Grand Combin, sino a quasi cento metri di profondità.
La spedizione non è tuttavia stata priva di ostacoli tra cui venti impetuosi, temperature polari percepite sino a -35 gradi e difficoltà geologiche che hanno messo alla prova il gruppo attivo per quindici giorni nel campo base di Ollomont. Vitali sono stati la cooperazione tra ricercatori e tecnici italiani, svizzeri e francesi e il sostegno di Fondazione Montagna Sicura, Università di Grenoble Alpes e Centre National de la Recherche Scientifique in Francia (CNRS).


Il ghiaccio che racchiude la memoria del Grand Combin
Il ghiaccio raccolto sul Grand Combin racchiude la memoria e di secoli di storia atmosferica e ambientale: minuscole bolle di aria, particelle, variazioni chimiche e isotopiche che raccontano l’evoluzione del clima in un arco temporale difficile da sondare con altri strumenti. Delle due carote collezionate, una sarà analizzata nei laboratori dell’Università Ca’ Foscari, mentre l’altra sarà custodita in Antartide, nel “freezer naturale” destinato ad accogliere i campioni del progetto.
L’obiettivo è ambizioso quanto urgente: recuperare, entro venti anni, campioni rappresentativi da venti ghiacciai minacciati prima che scompaiano del tutto o che il loro contenuto sia irrimediabilmente alterato dalla fusione. In questo senso, le perforazioni già realizzate raccontano la portata globale dell’iniziativa: dalle Ande boliviane al Kilimangiaro, dal Monte Elbrus nel Caucaso alle Svalbard norvegesi sino al Monte Rosa.
Dalla perforazione al futuro delle generazioni
Quello compiuto sul Grand Combin è stato il secondo tentativo di carotaggio profondo a rilevare e conservare la memoria del ghiaccio della vetta più alta della catena alpina di confine tra il Monte Bianco e la Dent d’Hérens. Il primo, datato già 2020, si era interrotto a causa dell’eccessiva presenza di acqua e della degradazione degli strati superiori del ghiaccio che ne aveva inficiato la corretta e soddisfacente conclusione.
Da allora, però, lo scioglimento accelerato ha compromesso sino a 30 metri di profondità la leggibilità climatica, rendendo ancora più urgente la conservazione degli strati più profondi. Grazie a una nuova strumentazione elettrotermica, la squadra è riuscita a raggiungere strati tra i 99,5 metri e i 98,9 metri, permettendo così il recupero di un materiale ancora integro.
Nondimeno, non si tratta della prima missione compiuta dal team della Ice Memory Foundation nelle Nostre Alpi: dopo i recuperi sul Col du Dôme (Chamonix-Mont-Blanc, 4240 metri, 2016) e sul Combin de Corbassière (Cantone del Vallese, 3.716 metri, 2020), altri hanno riguardato anche il Monte Rosa tra Punta Gnifetti (Valle d’Aosta, 4.554 metri, 2020) e Colle del Lys (Valle d’Aosta, 4.151 metri, 2023).
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