Valicando irte e perigliose montagne alpine, attraversando simboliche linee di netta delimitazione, alla scoperta di una storia comune e di un patrimonio di frontiere che si spostano: sono l’indole e l’intenzione della mostra “Déplacer les bornes” (“Spostare i cippi”), visitabile presso l’Abbazia di Hautecombe in Savoia dallo scorso sabato 22 giugno. L’esposizione, aperta a ingresso libero sino alla prossima domenica 22 settembre, è accessibile tutti i giorni con l’esclusione del martedì dalle 13:30 alle 18:00.
Seguendo le preferenze e le esigenze dei suoi avventori, l’allestimento si declina in due principali formati volti a proporre differenti modi di viaggiare tra il territorio savoiardo e il territorio valdostano. La prima modalità di fruizione coincide con il “Tour autoguidato”, comodamente effettuabile in solitaria nella fascia oraria pomeridiana; la seconda è invece un “Percorso per famiglie” dedicato a genitori con figli di età compresa tra i 7 e i 12 anni arricchito da un kit di gioco a tema ritirabile alla reception.
La narrazione di “Confini di Savoia” esordisce in un passato preistorico durante il quale le sole frontiere esistenti dinnanzi all’essere umano erano quelle naturali come torrenti, paludi e passi innevati. Tali ostacoli, tuttavia, non hanno mai impedito gli spostamenti, effettuati a piedi o a cavallo prima e in treno poi dall’epoca dei Romani e sino ai regni dei Conti e dei Duchi di Savoia. La nozione di confine si è poi evoluta nel tempo, mutando da vaga e sostanzialmente coincidente con elementi paesaggistici notevoli a linea continua e volontariamente tracciata a seguire fiumi e creste montuose.
Luoghi di controllo e di difesa
Un importante focus dell’esposizione porta ancora sulla natura delle frontiere come luoghi di controllo, sorta dall’interpretazione della Savoia – come parte dell’insieme degli Stati di casa Savoia dunque liguri, valdostano e nizzardo quale passaggio obbligato per i viaggiatori che si recano in Francia, in Svizzera. Di qui dunque l’introduzione dei pedaggi a regolare la circolazione delle persone e il trasporto delle merci, riscossi dalle popolazioni locali in cambio della sicurezza e della manutenzione delle strade: tali forme di pagamento venivano per esempio domandate dai romani per attraversare il Colle del Piccolo San Bernardo o nel Medioevo per compiere la strada del Moncenisio.
Parte integrante di “Confini di Savoia” sono anche le fortezze di frontiera, costruzioni militari edificate in passato a protezione dei confini considerati strategici a livello politico.
È il caso della Barriera dell’Esseillon, in Alta Maurienne costituita da cinque grandi forti e voluta dal Regno di Sardegna per impedire alle truppe francesi, dopo essere entrate in Savoia, di dilagare anche Torino attraverso il passo del Moncenisio.
L’itinerario espositivo si conclude alfine con un affondo sulla lettura del confine come condivisione, come libera circolazione di prodotti e saperi che supera la concezione di Stato nazionale. Ne sono validi esempi i dialetti patois che accomunano un capo e l’altro delle Alpi, i comuni periodi di transumanza delle mandrie, le feste di tradizione e i gemellaggi tra popolazioni.
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