Ultima parte del racconto dedicato a un momento della Resistenza in Valle d’Aosta, con i personaggi di Plik e Dolfe, e richiami a episodi reali / 4
25 aprile 1965
La città di Aosta è invasa da bandiere tricolore che sventolano nel cielo azzurro. Una grande parata percorre la lunga via: alpini, forze dell’ordine, politici, alunni e insegnanti, tutti sono pronti a vivere la giornata del ricordo, la giornata della liberazione dal nazifascismo.
La parata si arresta in piazza Chanoux. Un alpino raggiunge il centro della piazza e proprio di fronte al monumento dei caduti in guerra, posto davanti al municipio, suona il brano musicale “Il Silenzio”. Tre minuti di pace e commozione dove nell’aria viaggiano solitarie le note di quell’unico strumento che penetrano il cuore e la memoria di tutti i presenti.
Come l’alpino termina il brano parte un grande applauso e la commozione si scorge in tutti i presenti: donne, uomini e bambini. Il sindaco prende la parola per ricordare i vent’anni dalla liberazione dal nazifascismo, ricordando ad uno ad uno tutti i nomi dei partigiani che persero la vita combattendo.
La banda inizia a suonare e sulla piazza dei giovani ragazzi di una scuola stendono il loro progetto scolastico per ricordare la Resistenza: un grande telo bianco, sopra sono scritti tutti i nomi dei partigiani che hanno combattuto. La gente inizia a girare in cerca di un famigliare, un nome amico, o semplicemente un nome da ricordare, da ringraziare.
Un anziano signore gira sul telo con la moglie sotto braccio, facendo attenzione a non calpestare i nomi. Dopo qualche minuto di ricerca si ferma. Accanto a lui due uomini con una corona di fiori in mano, poco più giovani, iniziano a squadrarlo, confabulano tra di loro a bassa voce.
- Tu cosa ci fai qua fascista? Dice uno dei due con tono aggressivo.
Un terzo uomo si avvicina, tocca il braccio dell’uomo che fissa l’anziano con grande odio e gli dice.
- Non oggi.
Dolfe, visibilmente provato dall’età, si limita a guardare gli uomini che lo hanno appena appellato per ciò che è stato: un fascista. Riprende il suo cammino tra i nomi dei partigiani, con Natalina stretta sotto il suo braccio. Si muovono sul telo bianco in mezzo a corone di fiori, oggetti e lettere lasciate.
- Eccolo. Dice a un tratto con la sua dolce voce Natalina.
A qualche centimetro dal piede di Dolfe c’è un nome: Giuseppe Ferdinando Cavagnet, per gli amici Nando, nome di battaglia Plik (1913-1964).
Natalina stringe il braccio del marito che guarda il telo bianco. Il suo volto segnato dal tempo si è ammorbidito, non è più così burbero e una lacrima solca il suo viso. Dolfe si china a terra con grande fatica e si mette in ginocchio, accanto al nome dell’amico. Dalla tasca tira fuori un sasso. È il cuore malformato di un camoscio, lo posa delicatamente vicino al nome del partigiano. Resta così, inginocchiato per qualche minuto, che cosa pensa per quel tempo non ci è dato sapere. Dopo qualche istante, la moglie, gli mette una mano sulla spalla.
- Ofo, torniamo a casa.
L’uomo si alza con l’aiuto di Natalina, si asciuga il volto e sempre facendo attenzione a non calpestare nessun nome, ma con la testa alta passa nuovamente davanti allo sguardo rabbioso dei due uomini che gli gettano addosso per l’ultima volta tutto il loro odio mentre l’anziano lascia la piazza.
……..
Giuseppe Ferdinando Cavagnet è morto di cancro nel 1964. Il giorno prima di morire era a casa dell’amico Dolfe, insieme andarono sotto il ghiacciaio di Tza de Tzan per l’ultima volta.
Dolfe, Adolfo Rosset, si ritirò tra le montagne nella sua casa a Prarayer dopo la liberazione di Aosta il 28 aprile 1945. E lì passò il resto dei suoi giorni. Tutte le estati, il suo amico Nando lo andava a trovare. Insieme cacciavano, passeggiavano tra i pascoli, Nando suonava l’armonica e giocavano con i nipotini, ma mai a fare la guerra. Non parlarono mai né di fascismo né di resistenza, vissero i loro giorni da amici.