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    Home » Articoli » I tre segreti del Forte di Exilles
    Nos Alpes alla scoperta…

    I tre segreti del Forte di Exilles

    Olivier CiucciOlivier Ciucci7 Giugno 2025
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    Exilles et son fort côté France / Exilles e il Forte sul lato della Francia (c) CC BY SA 4_0 Florian Pépellin Wikimedia Commons
    Exilles et son fort côté France / Exilles e il Forte sul lato della Francia (c) CC BY SA 4_0 Florian Pépellin Wikimedia Commons

    D’un tratto, lungo una curva della valle di Susa, sulla strada per Oulx, la sagoma imponente del Forte di Exilles si erge come una sfida alla montagna e alla storia. Qui la pietra dialoga con le nuvole e ogni muro sembra custodire i segreti di un passato tumultuoso.

    Cosa ci fa questo forte in mezzo a una valle, cosa protegge, perché non è situato su un confine? La storia ha una risposta. Ma i segreti più affascinanti sono quelli più nascosti. Andiamo dunque alla scoperta del Forte di Exilles per svelarne tre.

    Primo segreto: un forte che cambia orientamento nel corso del tempo

    Fort d’exilles, côté piémont, est (c) cc by sa 4 0 luce61 wikimedia commons
    Il Forte d’Exilles, sul versante del Piemonte a est (c) CC BY SA 4_0 Luce61 Wikimedia Commons

    Il Forte di Exilles occupa una posizione chiave nella valle di Susa, bloccando il passaggio tra Torino e Briançon, dove le Alpi si aprono per lasciar passare eserciti, mercanti e viaggiatori. Fin dal Medioevo, questo promontorio roccioso è stato conteso tra il Delfinato e la Casa Savoia, poi tra la Francia e il Piemonte. Ogni cambio di sovranità ha lasciato un segno nella pietra, modificando i piani e orientando in modo diverso la fortezza.

    Exilles, un forte francese …

    Nel XII secolo, un primo castello fortificato fu costruito dai Delfi del Viennese, signori del Delfinato. All’epoca, il confine del Delfinato si estendeva oltre il Colle del Moncenario, includendo l’alta valle della Dora Riparia fino a Oulx. Così, dopo l’annessione del Delfinato alla Francia nel 1349, il sito divenne un avamposto strategico francese, continuamente rafforzato per sorvegliare il confine savoiardo.

    Gli ingegneri francesi vi aggiunsero bastioni e mura, orientando naturalmente le difese verso est, il Piemonte, da dove proveniva la minaccia rappresentata dal Ducato di Savoia, il cui territorio occupava il resto della valle di Susa collegata al resto del paese dal colle del Moncenisio….

    … e poi savoiardo

    Ma la storia di Exilles non è mai lineare. Nel 1593, approfittando dei disordini in Francia, Carlo Emanuele I di Savoia si impadronì del forte, prima di perderlo nuovamente. All’inizio del XVII secolo, il forte di Exilles faceva parte del dispositivo militare coordinato da Lesdiguières per difendere la Francia dalle incursioni savoiardi e lanciare attacchi verso il Ducato. Ad ogni ripresa, i piani venivano modificati e le bastioni riorientati in base alla minaccia del momento. All’inizio del XVIII secolo, la Savoia prese definitivamente possesso del forte dopo il trattato di Utrecht (1713) che stabilì il confine tra la Francia e la Savoia (Regno di Sicilia, poi di Sardegna) lungo le creste del Montgenèvre. Il forte di Exilles cambiò di mano.

    Fort d'exilles, le plan relief dans son état de 1695 (c) cc by sa 3 0 martin leveneur wikimedia commons
    Fort d’Exilles, il plastico della sua situazione nel 1695 (c) CC BY SA 3_0 Martin Leveneur Wikimedia Commons

    D’ora in poi, per gli occupanti del forte, la minaccia proveniva da ovest: il forte era “rivolto” contro la Francia. Gli ingegneri piemontesi Willencourt, Bertola e Pinto riorientarono le difese, scavarono dei fossati sul lato francese e costruirono una monumentale rampa di accesso sul lato piemontese, facilitando il rifornimento da Torino. Fin dal suo riorientamento fu attaccato due volte, nel 1745 e nel 1747, dalle truppe francesi e franco-spagnole. E resistette. Ma non poté resistere all’ondata della Francia rivoluzionaria.

    Un forte distrutto, e poi sardo

    Il forte subì il suo più grande sconvolgimento alla fine del XVIII secolo. Conquistato dalle armate rivoluzionarie francesi nel 1794, fu giudicato troppo pericoloso per la Francia, che ne ordinò la distruzione nel 1800. Per quasi vent’anni, Exilles non fu altro che un campo di rovine.

    Le fort d'exilles côté sud (c) cc by sa 4 0 martj9 wikimedia commons
    Il Forte d’Exilles versante sud (c) CC BY SA 4_0 Martj9 Wikimedia Commons

    Ma la storia non finisce qui. Dopo la caduta di Napoleone, il regno di Sardegna decise di ricostruire interamente il forte tra il 1818 e il 1829, utilizzando l’indennità di guerra versata dalla Francia. Nel 1844 era pienamente operativo: 74 cannoni manovrati da 180 artiglieri ne assicuravano la difesa. Il nuovo forte adottò una pianta trapezoidale, con due lati corti di 90 e 60 metri e due lati lunghi di 260 metri. Un avamposto (il Rivellino) proteggeva il fronte principale, mentre la rampa di accesso con una pendenza del 22% era rivolta verso il Piemonte, simbolo del nuovo orientamento strategico. I glacis sono invece disposti sul lato francese e verso il villaggio di Exilles, a ricordare che il confine, qui, non è mai una linea fissa, ma uno spazio di tensioni e adattamenti permanenti.

    Disarmato durante la prima guerra mondiale per portare i cannoni sul fronte orientale italiano, fu comunque utilizzato come caserma dall’esercito italiano fino al 1943 e dall’esercito tedesco fino alla fine della seconda guerra mondiale, prima di essere abbandonato. Il suo restauro, pacifico, si è concluso nel 2000 con l’accoglienza dei primi visitatori.

    Attraverso le sue distruzioni, ricostruzioni e riorganizzazioni, il Forte di Exilles racconta la rivalità tra Francia e Savoia, la paura dell’invasione e la necessità di controllare questo passaggio alpino. Ogni pietra, ogni bastione, ogni rampa testimonia questa storia movimentata, leggibile nella stessa architettura del luogo.

    Secondo segreto: prigionieri famosi

    Oltre al suo ruolo militare, il forte di Exilles fu anche una prigione di Stato, che ospitò detenuti la cui identità e il cui destino alimentano ancora oggi le leggende. Il più famoso tra loro rimane l’enigmatico Uomo dalla maschera di ferro, ma non fu l’unico a conoscere l’ombra delle sue segrete.

    La maschera di ferro: sei anni dietro le mura di Exilles

    L'homme au masque de fer (c) cc 1 0 public domain wikimedia commons
    L’uomo con la maschera di ferro (c) CC 1 0 Public domain Wikimedia Commons

    La leggenda della Maschera di ferro, resa popolare da Alexandre Dumas, trova una delle sue tappe fondamentali a Exilles. Tra il 1681 e il 1687, questo misterioso prigioniero, il cui volto era nascosto da una maschera di velluto nero fissata con cinghie metalliche, fu incarcerato per ordine di Luigi XIV. Godeva di un trattamento di favore: cibo di qualità, abiti costosi, libri e persino un liuto per passare il tempo. Ma l’isolamento era totale: poteva rivolgersi solo al confessore o al medico e doveva nascondere il volto ogni volta che entrava in contatto con le guardie. Prima del suo arrivo dalla prigione di Pinerolo, erano stati effettuati dei lavori nella Torre Grosse per garantire il suo perfetto isolamento.

    Le ipotesi sulla sua identità sono innumerevoli. Se ne contano più di cinquanta. L’argomento era di moda negli ambienti intellettuali francesi e tutti davano la propria opinione: una spia di nome Dubreil; un cospiratore; il conte italiano Mattioli, responsabile di un doppio gioco diplomatico; persino Nicolas Fouquet, ex sovrintendente delle finanze, che era stato anche detenuto nella regione, proprio a Pinerolo, o forse un fratello del re. La verità, accuratamente confusa dalle autorità, rimane inafferrabile.

    L’isolamento del forte, il clima rigido, l’umidità dei sotterranei e la severità dei carcerieri hanno reso Exilles un luogo temuto, propizio alle leggende. Le voci di fughe impossibili, morti sospette o prigionieri dimenticati nelle segrete alimentano ancora l’immaginario locale. Tra il 1830 e il 1842, il forte fu attivamente utilizzato come prigione e le celle più isolate si trovavano in profondità, alla fine della Scala del Paradiso, che portava i prigionieri più pericolosi in un vero e proprio inferno. Il forte, con la sua funzione di prigione, incarna il lato oscuro delle fortezze alpine, dove la pietra imprigiona tanto quanto protegge.

    Terzo segreto: l’acqua nascosta, tesoro vitale del forte

    La vita nel forte era molto dura e spartana. I soldati del Forte di Exilles vivevano in caserme austere, raggruppate attorno al vasto Cortile del Cavaliere, dove consumavano i pasti all’aperto quando il tempo era bello e si riunivano per i lavori o l’appello. Le loro camere, oggi vuote, erano semplici e funzionali, mentre i tetti del forte, ingegnosamente progettati per essere smontati in caso di bombardamento, testimoniavano la durezza e la precarietà della vita militare in montagna. Lo si può constatare durante la visita. Ma per resistere agli attacchi, agli assalti e al freddo pungente dell’inverno, serviva acqua, molta acqua.

    L’acqua, una risorsa strategica

    All’interno delle mura più alte del forte, dove un tempo sorgevano i mastri, si nasconde un pozzo di eccezionale profondità. Si tratta del Gran Pozzo, scavato nella roccia tra il 1754 e il 1758. Le esplorazioni speleologiche condotte nel XX secolo hanno permesso di raggiungere un fondo ostruito a -86 metri, poi, dopo averlo liberato, una pavimentazione situata a -113,5 metri, ovvero a più di 100 metri sotto la superficie.

    Questo pozzo, il cui diametro varia da 1,8 a 2,4 metri, scende fino alla falda freatica, il cui livello si trova a circa -101 metri. La prodezza tecnica dei suoi costruttori, capaci di scavare così in profondità nella roccia e di pavimentarne il fondo, suscita ammirazione.

    I pozzi, definiti “bocche dell’ombra” dai cronisti, hanno sempre suscitato timori e leggende. A Exilles si racconta che alcuni prigionieri avrebbero tentato di fuggire attraverso i cunicoli che conducono al pozzo, o che durante gli assedi vi sarebbero stati nascosti dei tesori. La realtà, più pragmatica, testimonia soprattutto l’ingegnosità dei costruttori e l’importanza vitale dell’acqua nella strategia difensiva delle Alpi.

    Visitare il Forte di Exilles oggi: un tuffo nella storia vivente

    Il Forte di Exilles è aperto al pubblico da giugno a settembre, con giorni e orari variabili (generalmente dalle 10:00 alle 18:00). Sono disponibili visite guidate tre volte al giorno e anche visite notturne durante il mese di agosto. È facilmente raggiungibile da Torino (1 ora di auto) o Briançon (45 minuti), tramite la SS24. Un parcheggio gratuito è disponibile ai piedi del forte. In treno, scendere alla stazione di Chiomonte (5 km a piedi) sulla linea Susa-Oulx. La linea di autobus 286 collega Exilles a Susa, Chiomonte, Salbertrand e Oulx.

    Da non perdere

    • Le gallerie sotterranee: immergetevi nelle viscere del forte, dove l’umidità e la penombra raccontano le ore buie degli assedi e delle prigionie.
    • La monumentale rampa di accesso: ammirate l’ingegnosità degli ingegneri piemontesi e la vista spettacolare sulla valle di Susa.
    • Il cortile centrale e il museo: scoprite le collezioni militari, i modelli, le armi e le uniformi che ripercorrono la storia movimentata del forte e delle truppe alpine.
    • Il pozzo profondo (Gran Pozzo): visibile durante alcune visite guidate, ricorda il genio dei costruttori e l’importanza dell’acqua nella vita del forte.
    • Le mura e i panorami: lasciatevi conquistare dal vertigine davanti al precipizio e immaginate gli eserciti in marcia nella valle.
    Il Forte di Exilles la cappella sul lato nord (c) CC BY SA 4_0 Zairon Wikimedia Commons
    Il Forte di Exilles la cappella sul lato nord (c) CC BY SA 4_0 Zairon Wikimedia Commons

    Il forte ospita regolarmente mostre temporanee, rievocazioni storiche, concerti e conferenze sulla montagna e la storia militare. L’atmosfera, tra pietra e silenzio, offre un’esperienza unica, che stimola l’immaginazione e la riflessione sulla fragilità dei confini.

    Prima di ripartire, prolungate la visita con una passeggiata nel borgo medievale di Exilles, gustate la cucina piemontese in una trattoria o percorrete i sentieri che collegano gli altri forti della valle, nel cuore di un vasto sistema difensivo e di telecomunicazione dello Stato sardo.

    Nel cuore del paese cercate Villa Ernestina, dimora in stile Liberty appartenuta a Ernestina Luisa Macchia Prola: nel 1907 fu la prima donna italiana a ottenere la patente di guida!

    LEGGI ANCHE: A Susa, i cinque accordi che hanno segnato la storia delle Alpi

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    Con un piede in Francia e uno in Italia, ho attraversato le frontiere fin da bambino e sono appassionato di cultura alpina e dei paesaggi delle Alpi. Trasmetto questa passione attraverso il mio lavoro di scrittore e consulente nel settore del turismo e della vita all'aria aperta. Ho creato il blog alpaddict.com e guido una comunità di diverse migliaia di appassionati sui social network associati al blog. Potrete incontrarmi in montagna, in città o in un museo, ma sempre con la mia macchina fotografica!

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