L’area turistica e sportiva della Via Lattea, in Piemonte, in particolare tra Cesana Torinese e Pragelato, prevede diversi progetti di rilancio e sviluppo delle infrastrutture per gli sport invernali, con impianti e strutture per diverse discipline sportive, e uno skidome per lo sci indoor. La presentazione è avvenuta lo scorso 7 giugno a Cesana Torinese, presso la sede dell’Unione Montana Comuni Olimpici Via Lattea. Si è trattato di ragionare sull’eredità delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 e sulle prospettive future per gli impianti di Cesana e Pragelato.
Nel corso dell’incontro è stato fatto il punto sulle criticità ancora aperte alle prospettive di rilancio, sul delicato impatto ambientale sulle montagne alpine alle occasioni mancate di collaborazione con Milano-Cortina 2026, fino alle aspettative rispetto alle Olimpiadi francesi del 2030, con particolare riguardo al ruolo di Briançon.
Al centro, la percezione che ogni sviluppo deve preservare l’equilibrio di un ecosistema fragile, già messo alla prova dai cambiamenti climatici, come ricordano i tragici eventi che hanno colpito recentemente la comunità vallesana di Blatten.
L’eredità olimpica di Torino 2006
Le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 rappresentarono un passaggio cruciale per le Alpi piemontesi. Fu la prima edizione a essere dislocata su un territorio così ampio, con ben tre villaggi olimpici.
Ma fu anche una delle edizioni più costose della storia delle Olimpiadi invernali, suscitando nel tempo interrogativi sulla sostenibilità dell’investimento e sulla gestione degli impianti post-evento.
Il peso economico del comparto sciistico
Gli interessi in gioco, oggi come allora, sono rilevanti. I comuni dell’Unione Montana Comuni Olimpici – Via Lattea, situati nella Città Metropolitana di Torino e abitati complessivamente da poco più di 4000 residenti, rappresentano una componente importante dell’economia turistica regionale, soprattutto nella stagione invernale. Il fatturato del comprensorio gestito da Sestrieres S.p.A. è di circa 30 milioni di euro.
Secondo ANEF Torino (Associazione nazionale esercenti funiviari), l’indotto generato in Piemonte dal comparto sciistico è di circa un miliardo di euro. Un decimo dell’intero sistema italiano si concentra in quest’area, che include otto comuni: i sette del comprensorio della Via Lattea (Sestriere, Pragelato, Cesana, Sauze di Cesana, Claviere, Sauze d’Oulx) e la vicina Bardonecchia, su un totale di 280 località sciistiche a livello nazionale.
Il Piemonte è il terzo polo italiano per il turismo invernale, mentre la Via Lattea, contribuisce a mantenere l’Italia al terzo posto in Europa per fatturato e giornate di sci. La spesa turistica estera nel comparto cresce a doppia cifra ogni anno. Dunque, la Via Lattea ha potenzialità di crescita: i fatturati di alcune stazioni di sci di Francia e Svizzera valgono quasi quanto quello di tutto il Piemonte, di circa 100 milioni. Per esempio, les Arcs ha un volume d’affari di circa 96 milioni, Zermatt di 92 milioni, il complesso di Chamonix-Les-Houches-Mégève di 111 milioni.
Secondo i dati del Ministero italiano del Turismo, ogni euro investito in impianti di risalita genera un ritorno sul territorio pari a dieci. Lo stesso ministero ha stanziato oltre 400 milioni di euro per la montagna nel biennio 2023-2024, inclusi gli investimenti per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. La Regione Piemonte ha recentemente destinato 70 milioni di euro al comparto neve.
La pista da bob di Cesana
Il budello di Cesana Torinese, realizzato come pista di bob per le Olimpiadi del 2006 in un’area di valore paesaggistico, è stato uno degli impianti olimpici più contestati tra quelli costruiti per l’evento. Al centro delle polemiche: i costi elevati, l’impatto ambientale e i rischi connessi all’impianto di refrigerazione, in particolare per l’utilizzo e lo stoccaggio di grandi quantità di ammoniaca.
A questi aspetti si è aggiunto lo scarso utilizzo dell’impianto, che ha portato al suo abbandono nel 2011. Oggi il Governo statale ha stanziato 9 milioni di euro per il suo smantellamento.
Il progetto Skidome Via Lattea

Durante la conferenza stampa, il sindaco di Cesana Torinese, Daniele Mazzoleni, ha illustrato il progetto di riconversione dell’area del bob di San Sicario, definendolo “una proposta di forte innovazione sportiva e ambientale”. Si tratta dello Skidome Via Lattea, il primo impianto coperto per lo sci di tale rilevanza in Italia.
La nuova struttura ripercorrerebbe il tracciato della pista da bob “senza consumo di suolo”, sottolineano i promotori e con un impatto visivo minimo, poiché verrebbe integrata nel paesaggio e coperta da un manto erboso. L’approvvigionamento energetico sarebbe garantito da una centrale idroelettrica in fase di realizzazione, senza l’uso di batterie di accumulo. La produzione della neve artificiale, limitata a uno o due cicli l’anno, avverrebbe attraverso un bacino già esistente, con acqua interamente reimmessa nel sistema.
L’obiettivo non è solo tecnico, ma anche economico e turistico: il progetto punta a destagionalizzare l’offerta, valorizzare le seconde case, generare flussi costanti e creare sinergie con le strutture ricettive, come quella da mille posti che il Club Med ha in progetto. Secondo il sindaco, lo Skidome di Cesana potrebbe essere aperto 365 giorni l’anno con un collegamento diretto a una struttura alberghiera a cinque stelle. Il finanziamento complessivo stimato si aggira tra i 50 e i 60 milioni di euro, con apertura agli investitori privati e piani finanziari in fase di redazione.
La funzione economica e di sviluppo
La Via Lattea si colloca al centro di un’area che comprende diversi grandi agglomerati urbani: Torino, Milano, Genova, Lione e Nizza. Si stima che l’area comprenda circa quattro milioni di sciatori potenziali e migliaia di atleti agonisti che, per allenarsi durante l’estate, si spostano verso gli skidome del Nord Europa percorrendo fino a 800 chilometri per sessioni di poche ore.
L’uso dei ghiacciai per l’allenamento estivo è ormai residuale, e la prospettiva delle Olimpiadi invernali del 2030 in Francia, che si svolgeranno in territori vicini agli impianti della Via Lattea, apre nuove possibilità anche per le zone di confine. In questo contesto, il progetto Skidome si propone come infrastruttura strategica per intercettare nuovi flussi e offrire un nuovo modello di sviluppo alpino, secondo il sindaco.
Secondo le nostre ricerche, ci sono 36 Skidome in Europa, per lo più in Germania, Regno Unito, Paesi Bassi. Uno si trova in Francia, nella Mosella. La stazione di Tignes, in Savoia, lo aveva ipotizzato nel 2016, un’altro è attualmente in valutazione ad Asiago, in Veneto, mentre è in funzione un piccolo impianto di sci indoor, ma su tappeto, a Saint-Gervais Mont-Blanc.
Pragelato e le discipline nordiche

Durante la conferenza stampa, il sindaco di Pragelato, Massimo Marchisio ha illustrato lei progetti nel suo comune legati alla valorizzazione degli impianti destinati alle discipline nordiche. Un nuovo impianto di biathlon e skiroll affiancherebbe il Centro Fondo ristrutturato di recente. Si prevede il recupero dello stadio del salto, oggi dismesso: un’opera che per motivi tecnici ed economici non sarà demolita, ma riutilizzata.
Nella parte alta dei trampolini potrebbe nascere un museo olimpico, mentre in quella bassa è previsto uno spazio espositivo permanente per l’arte contemporanea. È inoltre in programma il ripristino della seggiovia per il collegamento alle piste da sci alpino e la riqualificazione dell’Hotel Ski Jumping, di proprietà della Città Metropolitana di Torino, da trasformare in struttura ricettiva a servizio degli atleti.
I fondi disponibili ammontano a 5,2 milioni di euro per il biathlon e lo skiroll, a cui si aggiungono 1,7 milioni per il Centro Fondo. Mancano ancora 4 milioni per la riconversione dello stadio del salto e ulteriori risorse per l’hotel, per il quale è aperto un dialogo con l’ente proprietario.
Le sfide: sostenibilità e destagionalizzazione dei flussi
La sostenibilità, nelle sue dimensioni economiche, sociali e ambientali, è centrale nelle strategie attualmente in corso. A sostegno di ciò, i promotori dei progetti ricordano che le piste da sci in Italia occupano complessivamente 91 chilometri quadrati, pari soltanto allo 0,09% del territorio montano nazionale.
Tra le principali sfide c’è la destagionalizzazione dei flussi turistici, che renderebbe l’economia delle aree alpine meno dipendente dalle condizioni climatiche e, soprattutto, più stabile durante l’intero arco dell’anno.
Si impone tuttavia con urgenza una riflessione su come preservare l’equilibrio del delicato ecosistema alpino, patrimonio di biodiversità. Il recente e drammatico collasso del ghiacciaio del Birch in Svizzera è solo l’ultimo segnale della fragilità di questo habitat montano.
LEGGI ANCHE: A Briançon, la ministra Vautrin: ospedale, forse Susa, e alloggi per gli stagionali