Decenni di sintomatologie e timori diffusi, isolati sulle vette più infide lungo un secolo oscuro e misterioso: è la cornice narrativa che ha permesso a Gabriel Bender di ricostruire e narrare l’epidemia di possessioni che sconvolse l’Alta Savoia. Ci troviamo in particolare nel piccolo centro alpino di Morzine, dove a partire dal 1857 e per oltre un decennio, decine di giovani donne iniziano a manifestare convulsioni, visioni, crisi di somnambulismo e stati allucinatori che la medicina dell’epoca fatica a interpretare.
L’epidemia di possessioni in Alta Savoia
L’epidemia di possessioni in Alta Savoia, conosciuta nella letteratura popolare come “Mal de Morzine”(“Male di Morzine”) è stata definita dai primi psichiatri come “istero-demonopatia”, attirando in primisl’attenzione nel campo della medicina. Oltre alle autorità ecclesiastiche, che hanno cercato di vincerla con sedute e preghiere, magnetizzatori e occultisti hanno proposto il loro intervento tra cura e fanatismo.
Ed è proprio tale spirito di costanti tensioni e irrequietezza che Gabriel Bender tenta di restituire all’interno del suo romanzo “Les folles de Morzine” (“Le folli di Morzine”), una narrazione densa che si muove tra documento e finzione. Edito nel 2021 per la collezione a sfondo noir Gore des Alpes, della quale egli è peraltro co-fondatore, esso è acquistabile nella sezione “Commande” del sito web apposito.
Una epoca di passaggio
Il contesto in cui si colloca la vicenda delle possessioni in Alta Savoia vede Morzine come ancora facente parte del Regno di Sardegna ma costretta a vivere il passaggio imminente alla Francia del Secondo Impero. In una Europa attraversata da cambiamenti politici, rivoluzioni industriali e mutamenti di mentalità, la piccola comunità montana pare restare sospesa tra i due mondi opposti della religiosità pervasiva e della scienza più razionale.
La terra che Bender dipinge è isolata, abbandonata dagli uomini emigrati in cerca di lavoro, abitata da donne giovani e istruite in un clima di severo moralismo cattolico, guidate da un curato fanatico e da un vescovo concupiscente. In tale microcosmo, il loro corpo diviene un campo di battaglia ideologico e religioso oggetto di controllo e repressione, ciò che rende le crisi epidemiche una forma di resistenza silenziosa a un ordine che soffoca e annienta.
Follia, fede e controllo sociale
Uno dei meriti di “Les folles de Morzine” è l’evitare spiegazioni semplici e univoche per il fenomeno delle possessioni in Alta Savoia bensì di ritrovare ipotesi coesistenti con lo stesso grado di apparente veridicità. In un episodio centrale del libro, per esempio, una cerimonia di confermazione si trasforma nel detonatore di una esplosione incontrollata, con il vescovo aggredito da una folla in preda al panico e centinaia di ragazze vittime di crisi improvvise.
Attraverso tale sguardo, Bender interroga le modalità con cui il potere gestisce la devianza e la sofferenza psichica e analizza il finale collasso simbolico dell’autorità religiosa. Gli interventi psichiatrici, allora ancora agli albori, sono descritti con lucidità e senso critico, così come le pratiche pseudoscientifiche dell’epoca, tra cui riti grotteschi come il massacro di un cane in una cappella per esorcizzare il male.
Gabriel Bender
Gabriel Bender è sia un romanziere sia un sociologo e storico di formazione, che ha costruito larga parte della sua carriera analizzando le dinamiche quotidiane delle popolazioni alpine. Nato nel 1962 a Fully (nei pressi di Martigny, Cantone del Vallese), ha lavorato prima come assistente sociale a Ginevra poi come docente e ricercatore presso la Haute École Spécialisée du Valais.
I suoi interessi spaziano dalla microstoria alle politiche culturali, passando per l’antropologia del quotidiano e l’evoluzione delle comunità rurali. Egli è stato anche per oltre dieci anni il responsabile scientifico del Centre régional d’étude des populations alpines (CREPA) e ha fondato il Quartier Culturel presso l’ex ospedale psichiatrico di Malévoz.
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