Risale allo scorso 12 settembre la pubblicazione di “Education at a glance”, il rapporto sull’educazione nel mondo redatto dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Sfogliandone le pagine virtuali, è facile rendersi conto delle profonde differenze che connotano e distanziano il sistema scolastico italiano e il sistema scolastico francesenonché di identificare luci e ombre di modalità e investimenti educativi dell’anno passato.
L’educazione in Italia
Stando all’Ocse, l’Italia è tra i Paesi sviluppati che meno investono in direzione formativa: su di una media generale del 5,1% del prodotto interno lordo dedicato all’istruzione, la Penisola raggiunge soltanto il 4,2%, ripartito in un 30% per la primaria, un 16% per la secondaria di primo grado, un 30% per la secondaria di secondo grado e un 24% per università, master e dottorati. Tali dati si traducono inevitabilmente in una carenza cronica di docenti, non più attratti da una professione il cui salario medio lordo si aggira attorno ai 32.588 euro, a fronte di un salario medio lordo del +20% altrove. Non stupisce dunque, nonostante il record delle classi meno affollate di tutta l’area di ricerca, che il 61% dei professori abbia più di 50 anni e che sempre meno giovani laureati abbiano desiderio di affacciarsi al mestiere.
A preoccupare nel Bel Paese sono anche i numeri relativi ai giovani under 35 anni privi di un qualsivoglia titolo di studio, circa il 22% contro una media Ocse del 14%; speculari risultano dunque le statistiche relative al numero dei laureati under 65 anni, il 14% contro una media Ocse del 22%. A tale gruppo vanno poi a sommarsi i cosiddetti Neet, ovverosia ragazzi che non studiano né lavorano né frequentano corsi di specializzazione, che in Italia sono il 16,3% contro il 9,9% delle altre nazioni.
Persino tale risultato negativo potrebbe essere letto in termini meramente finanziari: nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni, chi non possiede un diploma guadagna soltanto il 4% in meno rispetto a coloro che lo hanno e chi possiede una laurea ottiene introiti superiori di un solo 8%; inoltre, nella fascia di età tra i 45 e i 54 anni coloro che possiedono un diploma di tipo tecnico guadagnano il 40% in più rispetto alla media.
E proprio i percorsi formativi tecnico-professionali paiono riscontrare un maggiore successo in Italia rispetto che altrove, arrivando ad attirare un 40% dei giovani tra i 15 e i 19 anni rispetto al 23% dell’area dell’Ocse. Tale aspetto, però, non si riflette necessariamente in buoni risultati in termini lavorativi: dopo uno o due anni dal conseguimento del titolo, i tassi di occupazione sono i più bassi delle nazioni coinvolte, con una percentuale pari al 55%.
L’educazione in Francia
Tra i 38 Paesi globalmente più sviluppati, la Francia possiede i programmi scolastici maggiormente concentrati sulle materie di base, che nella scuola primaria occupano il 60% del tempo di lezione: alla media del 16% dei percorsi dedicati alla matematica e del 26% dei percorsi dedicati invece alla comprensione della lingua scritta, essa risponde con percentuali rispettivamente del 21% e del 38%.
Quello dell’Eliseo è anche il Governo che secondo l’Oecd investe maggiormente sul piano dell’educazione, con finanziamenti pari a 12.633 euro ad alunno, un 28% del prodotto interno lordo pro capite; risultano però più penalizzate rispetto agli altri ordini e gradi le scuole primarie, dove i fondi si riducono del -9% rispetto alla media delle altre nazioni. Buoni anche i curriculum dei docenti, che per dedicarsi alla professione anche a livelli di infanzia o elementari devono possedere una laurea e un bac +4 oltre a essere chiamati a superare un apposito concorso; eppure, gli insegnanti francesi paiono svantaggiati quanto al salario loro spettante, inferiore del -15% rispetto a quello dei loro colleghi stranieri.
Tuttavia, il report “Education at a glance” bacchetta la Francia per via dei periodi di vacanza eccessivamente lunghi che essa concede ai propri studenti: se per ciò che concerne l’estate essa tende ad allinearsi al resto dei Paesi coinvolti, prevedendo 8 settimane tra luglio e agosto contro una media generale di 9, sull’intero anno i ragazzi godono di 16 settimane di riposo contro una media generale di 13. Ma, spiegano ancora i ricercatori, dai 6 ai 15 anni gli allievi svolgono un monte di 8.200 ore di corsi contro la media generale di 7.600 ore, circa 600 ore di avanzo che di fatto corrispondono a metà anno scolastico.
Una altra macchia nera per la nazione è rappresentata dal divario formativo tra bambini cresciuti in contesti finanziariamente e famigliarmente favorevoli e coetanei che invece risentono di forti difficoltà economiche e personali. Secondo i dati, l’11% dei giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni non possiede il diploma di scuola media superiore; questo si ripercuote inevitabilmente sul mondo del lavoro, dove più della metà di essi non possiede un impiego, contro i diplomati (78%) e i laureati (88%) che invece si avviano subito a un mestiere.