Con la conclusione delle elezioni europee, è anche ripresa l’attività, anche politica, sul caso di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, e di diverse altre persone coinvolte in una ampia inchiesta che riguarda le concessioni portuali, eventuali scambi di interessi e di favori, tra l’altro anche sul piano elettorale, con riferimenti a famiglie legate alla mafia.
Giovanni Toti era stato posto agli arresti domiciliari il 7 maggio scorso e l’inchiesta era emersa alla luce del sole anche in ragione della possibilità di intervento del presidente, con strumenti che appunto l’accusa ritiene illeciti, sulla campagna elettorale europea. Si è trattato di un atto in qualche modo obbligato, però a inchiesta ancora in corso, che ora si intende potrebbe proseguire per alcune settimane.
Le persone principali coinvolte sono il presidente della Regione Giovanni Toti, il suo ex-capo di gabinetto Matteo Cozzani, l’ex-presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini, Aldo Spinelli, imprenditore concessionario di vari spazi portuali. Vi sono altre persone collegate ad altri casi, come Francesco Moncada, ex consigliere della società di distribuzione Esselunga.
Le questioni sollevate sono diverse e variamente distribuite tra gli accusati. Si tratterebbe di autorizzazioni che facilitate per nuovi supermercati, si sollecitazioni di voto in cambio di posti di lavoro, di trasformazione di spiagge ad accesso libero a spiagge riservate e in concessione a una struttura turistica. Ci sarebbero anche insegne pubblicitarie e di pagamenti vari e benefici, tra cui serate d’albergo a Montecarlo e vari vantaggi. Il punto forse più importante riguarda il rinnovo per 30 anni della concessione, che la società controllata a maggioranza da Spinelli ha ottenuto per il terminale Rinfusi al porto di Genova.
La situazione politica e degli accusati
Secondo le norme italiane, se il presidente della Regione cessa le sue funzioni – per morte, dimissioni o per impossibilità prolungata ad esercitare il mandato – la Giunta e il Consiglio regionale vengono sciolti, e si procede con nuove elezioni.
Finora, si è considerato che il presidente Toti fosse solo temporaneamente impossibilitato alle sue funzioni in Regione Liguria, agli arresti domiciliari. Tuttavia, l’istanza di revoca degli arresti domiciliari, presentata dopo le elezioni europee, è stata rigetta il 14 giugno dal giudice per le indagini preliminari. Considera ancora possibile l’inquinamento delle prove e la possibilità di ripetere il reato, anche tenuto conto delle conferme emerse negli interrogatori.
La difesa di Toti ha presentato ricorso contro questa decisione. Se anche questo fosse rigettato, allora il presidente della Liguria si troverebbe confermato agli arresti domiciliari.
Sarebbe dunque facile constatare che è impossibilitato a svolgere le funzioni di governo per un tempo prolungato, tanto da far scattare lo scioglimento di giunta e Consiglio regionale.
Incontri politici all’orizzonte
Il presidente Toti, attraverso i suoi avvocati, ha anche chiesto il 17 giugno al giudice delle indagini preliminari di poter svolgere un incontro con altri esponenti politici. Si tratterebbe, tra gli altri del vicepresidente Alessandro Piana, che lo sostituisce temporaneamente, di Giacomo Giampedrone, assessore e punto di riferimento di Toti in Giunta della Regione Liguria, tanto da averlo incontrato per preparare la sessione del Consiglio regionale prima delle elezioni europee.
In generale, si intuisce che il tema in esame siano proprio le dimissioni. Per gli altri incontri, si tratterebbe dell’assessore Marco Scajola, peraltro figlio del sindaco di Imperia, Claudio Scajola, di Edoardo Rixi, esponente regionale e nazionale della Lega Salvini, di Carlo Bagnasco e Matteo Rosso, rispettivamente per Forza Italia e per Fratelli d’Italia (il partito di Giorgia Meloni) della Liguria. Infine Toti incontrerebbe il deputato Maurizio Lupi e il coordinatore ligure Pino Bicchielli per Noi Moderati, la forza politica a cui appartiene.
Le possibili dimissioni e il clima difficile
La sequenza che ci si attende si svolge proprio in questi punti. Si tratta del mantenimento degli arresti domiciliari a inchiesta in corso, e della decisione sulle dimissioni prima che debbano scattare in modo automatico come previsto dall’art. 126 della Costituzione italiana.
Il clima è tutt’altro che tranquillo. Da un lato è di interesse anche politico, nazionale e internazionale, per il governo di Giorgia Meloni uno svolgimento ordinato e non rumoroso di questo caso.
Dall’altra parte diversi esponenti politici nazionali, anche di governo, hanno espresso posizioni che sono apparse come attacchi diretti non solo alla magistratura, ma proprio ai singoli magistrati che lavorano nel pool che ha in carico il procedimento.
Il Consiglio superiore della Magistratura, che è organo indipendente anche di tutela dei magistrati, dovrebbe esaminare la questione in una prossima riunione plenaria, in particolare per le espressioni usate dai ministri della difesa Guido Crosetto e della protezione civile Nello Musumeci.
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