Il Musée Savoisien di Chambéry merita un viaggio. Riaperto il 29 aprile 2023 dopo diversi anni di chiusura e restauro, ha un duplice fascino. Da un lato, offre una prospettiva decisamente nuova sulla Savoia e sui suoi vicini, Valle d’Aosta e Piemonte compresi, con un approccio che unisce storia, territori, cultura materiale e oggetti di uso quotidiano, rappresentazioni di questioni politiche e grandi trasformazioni, dall’economia all’architettura e ai costumi. D’altra parte, è un’ottima rappresentazione e racconto della storia della Savoia, in un ritratto che spiega innanzitutto ai suoi abitanti e ai loro vicini cos’è la Savoia e come è giunta ad esserlo, tra complessità, ricchezze e diversità.
Un museo moderno e ricco
Il Museo è decisamente moderno. Situato accanto alla Cattedrale di Saint-François-de-Sales, è distribuito in modo da adattarsi all’architettura e alla struttura degli edifici. Il grande spazio sopra il chiostro presenta la storia del territorio, dal Paleolitico ai cambiamenti climatici, passando per il Ducato di Savoia e l’annessione alla Francia, dalle palafitte lacustri (patrimonio UNESCO dal 2011) ai dipinti della Casa Reale, fino agli oggetti delle due Olimpiadi invernali, la prima a Chamonix nel 1924 e la seconda ad Albertville nel 1992. Le mostre sono accompagnate da spiegazioni e video informativi. Alcuni degli oggetti esposti sono preziosi, mentre altri sono del tutto straordinari, come una rara canoa scavata nel legno risalente al IX secolo e ritrovata sul fondo del Lac du Bourget.
Risorse, alimentazione, franco-provenzale e multilinguismo, i “Savoisien-Savoiardi”.
Un’altra grande sezione è dedicata alle risorse: l’acqua e la neve, l’agricoltura e l’alimentazione (e quindi il turismo), l’economia industriale, i prodotti della cucina e la raclette. Ci sono poi sale dedicate alla religione, all’abbigliamento e ai trasporti, dall’uso dei colli di montagna fino alle gallerie e alle funivie.
Il racconto è sincero e puntuale, con la cura di far conoscere e di sgombrare il campo da pregiudizi e attribuzioni errate. La Savoia ha sempre parlato francese, anzi franco-provenzale (bisogna soffermarsi sul video di Christiane Dunoyer, che dirige il Centre d’études francoprovençales di Saint-Nicolas in Valle d’Aosta), con un profilo poliglotta che comprende anche l’italiano. La dimensione alpina era dominante e ha forgiato un modo di vedere e gestire il territorio, rispetto agli Stati nazionali di pianura; il piccolo spazzacamino a Parigi, il “Petit Savoyard”, è diventato un luogo comune, ma che riflette la povertà infantile, come ovunque nelle Alpi all’epoca, ma anche i fenomeni migratori che ne sono seguiti.
Savoisiens e savoiardi
La Coppa dell’Amicizia in legno con diversi beccucci è valdostana, l’Opinel è savoiarda – gli oggetti contano, ma anche le parole. Per esempio, in passato la parola “Savoyard” in francese aveva una valenza peggiorativa, ma che deriva anche dal contatto con la parola italiana “savoiardo”, che non ha connotazione negativa. La parola “savoisien” è più antica, è più identitaria e corretta nel linguaggio contemporaneo e si ritrova infatti nel nome del museo. È utilizzata anche dal movimento indipendentista savoiardo, che nel 1996 ha persino formato un governo in esilio a Ginevra.
Il Musée Savoisien di Chambéry con tutto un mondo intorno
Il Musée Savoisien di Chambéry conta oltre 2.000 pezzi, il cui lavoro di raccolta e descrizione ha coinvolto un gran numero di specialisti di varie discipline. Inoltre, passeggiare per le vie della città o approfittare di un giro del Lac du Bourget e di una visita all’Abbazia di Hautecombe vale il viaggio, soprattutto per i valdostani e i piemontesi.
Il museo è aperto gratuitamente dalle 10 alle 18, chiuso il martedì. Per maggiori informazioni, visitare il sito https://patrimoines.savoie.fr/web/psp_30197/musee-savoisien-2023-accueil
(questo articolo, con alcune modifiche, è anche pubblicato in versione cartacea su Il Corriere della Valle d’Aosta)