Ha già superato le 6 mila firme ma promette di raggiungere quote ben più alte la petizione lanciata sul portale Change.org contro la tassa sulla sanità in prossima imposizione ai frontalieri italiani in Svizzera. Nella sola giornata di ieri, giovedì 11 gennaio, sono state ben 1.260 persone ad aver aderito alla mobilitazione promossa da Valerio Primerano, consulente tecnico commerciale presso Wild Armaturen AG, nel Canton Ticino.
“La legge sulla tassa per la sanità dei frontalieri è ingiusta e discriminatoria, un prelievo forzato che colpisce soltanto una parte di cittadini, quelli che vivono e lavorano nelle zone di frontiera – si legge ai margini della petizione -. Essi sono già soggetti alle trattenute di imposta alla fonte e ai relativi ristorni che vanno ai Comuni di frontiera, perciò questa tassa aggiuntiva non fa altro che aggravare ulteriormente il loro carico fiscale senza permettere invece di detrarre dalle imposte le spese mediche che vengono sostenute”.
Stando a Primerano, le regioni italiane particolarmente penalizzate dalla nuova imposizione sarebbero quelle che condividono con la Svizzera i suoi 800 chilometri di confini, ovverosia la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia e il Trentino Alto Adige, che complessivamente contribuiscono al 40% degli scambi con la Confederazione.
“L’idea di aumentare gli stipendi ai medici nelle aree confinanti non risolverà il problema della carenza di personale specializzato in queste zone ma renderà semplicemente più attrattivo il mestiere all’interno di queste strutture a discapito di quelle dei Paesi distanti dal confine – prosegue la nota affidata a Change.org -. Chiediamo quindi l’annullamento della legge poiché non è possibile continuare a penalizzare i cittadini con misure fiscali ingiuste e discriminatorie”.
La petizione di UNIA
Anche il sindacato svizzero UNIA si è associato alle polemiche lanciando a sua volta una petizione che in poco tempo è già stata in grado di superare le 3 mila adesioni. L’obiettivo è l’abolizione di una norma che “se approvata, produrrebbe la paradossale conseguenza di riprendersi ciò che faticosamente abbiamo ottenuto con il nuovo accordo relativo all’imposizione fiscale dei frontalieri”.
Versare tra il 3% e il 6% della propria retribuzione netta per poter beneficiare dell’assistenza sanitaria italiana è secondo la sigla “illegittimo perché i frontalieri già contribuiscono al sistema fiscale nazionale attraverso i ristorni all’Italia delle imposte alla fonte prelevate mensilmente dalle loro buste paga, che per l’anno 2022 hanno superato la cifra record di 107 milioni di franchi svizzeri”. Tale “doppia tassa” è peraltro “in contrasto con quanto previsto dal nuovo accordo fiscale sottoscritto tra Italia e Svizzera, che mantiene per i ‘vecchi frontalieri’ la tassazione esclusiva in Svizzera, la quale verserà all’Italia sono all’anno fiscale 2023 una compensazione finanziaria del 40% dell’imposta prelevata”.
Le azioni di CGIL, CISL e UIL
Dopo le critiche politiche già pervenute alla Camera dei Deputati alcune sigle sindacali italiane si sono scagliate contro la tassa sulla sanità per i frontalieri svizzeri, affidando le proprie preoccupazioni a una lettera congiunta firmata dai responsabili nazionali Giuseppe Augurusa (CGIL), Marco Contessa (CISL) e Pancrazio Raimondo (UIL).
Secondo queste ultime il provvedimento è anzitutto “iniquo perché basato sul presupposto sbagliato che i frontalieri non siano contribuenti indiretti nazionali”; inoltre, esso risulta “ingiustificato poiché in contraddizione con quanto lo stesso ministero della Salute ha sempre sostenuto quale ragione stessa dell’erogazione della sanità nazionale ai frontalieri fiscali che hanno optato per essa”.
Oltre a essere “intempestivo perché giunge a valle di un accordo fiscale appena convertito in legge che tutela il lavoro frontaliero”, la misura è descritta come “di dubbia legittimitàverosimilmente poiché si porrebbe in contrasto con il principio di universalità del sistema sanitario nazionale garantito a tutti i cittadini italiani indipendentemente dalla propria condizione e poiché introdurrebbe un meccanismo di doppia imposizione proprio a valle di un trattato internazionale contro di esse sul modello adottato dai Paesi OCSE”.
Domandando “la convocazione immediata di un tavolo interministeriale”, CGIL, CISL e UIL promettono di avviare “una verifica di legittimità della norma introdotta dalla Legge di Bilancio 2024” nonché di indire apposite “assemblee dei lavoratori frontalieri nelle aeree di confine onde informare compiutamente gli interessati”.