La produzione di automobili nello stabilimento Stellantis di Torino ha subito ingenti cali, scendendo dalle 94.710 auto fabbricate nel corso del 2022 alle 85.940 auto fabbricate nel corso del 2023 (-9,3%). All’inverso, risulta in netta crescita l’andamento di altri poli produttivi sparsi sul territorio italiano: tra questi spicca Pomigliano d’Arco, vicino a Napoli, che l’anno passato ha lanciato a 215.000 veicoli, il 30,3% in più rispetto all’anno precedente quando erano stati 165.000.
A renderlo noto è il report stilato dal sindacato nazionale dei lavoratori FIM-CISL e datato venerdì 5 gennaio scorso. Secondo diversi osservatori, tra cui anche la sigla, quanto rilevato va considerato nel quadro di una riduzione dell’impegno di Stellantis in Piemonte.
La produzione di Stellantis
In un solo anno Stellantis ha visto la propria produttività crescere dalle 751.384 unità del 2022 alle 685.753 unità del 2023 (+9,6%). Nello specifico, sono stati fabbricati 521.104 autovetture (479.753 nel 2022, +8,6%) e 230.280 veicoli commerciali (206.000 nel 2022, +11,8%).
I numeri registrati si avvicinano, dopo due anni di netta diminuzione (717.636 unità nel 2020 e 673.574 unità nel 2021) alle quote riscontrate invece nel 2019 (818.880 unità, di cui 525.664 automobili e 293.216 automezzi). Resta tuttavia imbattuto il record di 1.035.454 veicoli stabilito nel 2017, con 743.454 automobili e 292.000 automezzi.
Gli stabilimenti di Stellantis
L’incremento di 65.000 unità prodotte si deve in modo particolare alle fabbriche di Pomigliano d’Arco e di Atessa in Abruzzo, che soli coprono circa un terzo degli attuali volumi di fabbrica di Stellantis. Mentre il primo, come detto, ha messo su strada ben 215.000 auto in un solo anno, il secondo ha messo su strada ulteriori 230.280 veicoli commerciali (+11,8% rispetto al 2022). Meno rilevanti, per converso, risultano le statistiche relative al già citato Torino-Mirafiori (85.940 auto, -9,3%), così come quelle relative a Modena (1.244 auto, -0,5%) e Cassino nel Lazio (48.800 auto, -11,3%).
Più specificatamente, il peso maggiore dei volumi produttivi di Torino si deve alla “500 bev” (77.260 unità, poco differenti dalle 77.500 unità del 2022). Le cifre non possono dirsi esattamente positive dato che i primi andamenti del 2023, spinti da una produzione su due turni, avevano fatto sperare in una salita oltre le 90 mila unità; tuttavia hanno inciso circa 20 giornate di fermo produttivo e ulteriori 11 giornate di chiusura collettiva.
Più critica ancora la situazione della linea Maserati, con soli 8.680 unità di produzione raggiunte sui cinque modelli “Gran Turismo”, “Gran Cabrio”, “Levante”, “Ghibli” e “Quattroporte” (-49% rispetto al 2022). Questo a causa di 99 giorni di stop che hanno coinvolto circa 1.780 lavoratori nei primi nove mesi e altri 1.052 nei restanti tre mesi.
Tra cassa integrazione e interventi sindacali
E proprio il vertiginoso decremento produttivo dell’anno passato ha spinto Stellantis ad attivare un periodo di tre settimane di cassa integrazione, da lunedì 12 febbraio a domenica 3 marzo, per 2.260 addetti della carrozzeria dello stabilimento torinese di Mirafiori. Ad annunciarlo è stato il sindacato FIOM, spiegando come la misura faccia seguito alla necessità di adeguare i flussi di assemblaggio a una domanda di mercato sempre più transitoria.
E proprio la sigla è reduce dall’aver sottoscritto al fianco di FIM e UILM un patto di azione in quattro punti volto a consolidare il rilancio dell’impianto al fianco delle istituzioni e delle imprese locali. Oltre all’assegnazione di nuovi modelli in grado di garantire la missione produttiva della storica sede, viene domandato di svecchiare l’attuale forza lavoro, la cui età media si attesta intorno ai 56 anni; viene insistito anche sul bisogno di aumentare la fabbricazione di componenti per auto ecologiche nonché di potenziare il ruolo strategico di Torino quale polo di ricerca e progettazione.
Nonostante sino ai primi Anni 2000 lo storico distaccamento di Stellantis era in grado di produrre 200 mila autovetture di sei diverse tipologie, in questi anni essa è stata la realtà che più di tutte ha dovuto pagare il prezzo della crisi e dei mancati investimenti. Tali condizioni hanno portato a un forte ridimensionamento del personale della fabbrica, che negli ultimi 15 anni ridimensionare è sceso dai 21 mila occupati del 2008 agli attuali 15 mila (-29%).