Ambiente

Il 2025 sarà l’Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai

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A causa di inverni sempre più caldi e siccitosi, i ghiacciai dall’Italia alla Svizzera hanno subito arretramenti e perdite di volume che li minacciano di scomparsa.

Durante il secondo comitato interno alla 77ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite svoltasi lo scorso giovedì 21 marzo, è stato identificato il prossimo 2025 come l’Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai. Sotto iniziativa del Tagikistan, inoltre, a decorrere da quella data il 21 di marzo di ogni anno sarà dichiarato Giornata mondiale dei ghiacciai.

2025: l’anno dedicato ai ghiacciai

L’idea di dare vita all’Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai risale già al 3 marzo del 2021, in occasione della prima riunione leader ONU dedicata acqua e clima. Immediatamente inserita nell’agenda politica delle Nazioni Unite, essa è stata poi formalmente adottata durante la seduta svoltasi a Dushanbe il 4 giugno del 2022.

In aggiunta, è stato proposto di convocare nel 2025 e proprio in Tagikistan una Conferenza internazionale circa la conservazione dei ghiacciai, evento che parallelamente alla Giornata mondiale dei ghiacciai vuole sottolineare l’importanza di tali “giganti bianchi” come componenti integrali del ciclo idrologico; sarà messo in evidenza anche il grave impatto del loro scioglimento accelerato sul clima, sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile nel mondo.

Sino al 2025: lo stato di salute dei ghiacciai alpini

Nell’autunno dell’anno scorso Legambiente ha voluto delucidare lo stato di salute dei ghiacciai alpini al termine del bilancio della “Carovana dei ghiacciai 2023”; durante tale viaggio esperti climatologi e glaciologi provenienti da tutta l’Europa si sono incontrati su alcune delle vette più rilevanti delle Alpi per monitorarne le condizioni e compararle rispetto al passato.

Stando a quanto reso noto dal report stilato dal Comitato glaciologico italiano nel novembre scorso, i ghiacciai dall’Italia alla Svizzera hanno subito arretramenti e perdite di volume che li minacciano di scomparsa. Questo a causa di un 2023 identificato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio come il più caldo mai registrato, connotato da una temperatura globale di +1,17 gradi superiore al periodo 1991/2020.

I ghiacciai italiani

Tra i ghiacciai italiani osservati dagli esperti il Ghiacciaio del Belvedere, nel gruppo piemontese del Monte Rosa, è a oggi attanagliato da continue sollecitazioni climatiche colpevoli di averne innalzato progressivamente la quota dello zero termico. Ciò ha finito con il provocare frane capaci dir aggiungere anche il fondovalle nonché con il concorrere alla formazione di laghi glaciali. Sin dagli Anni Cinquanta la sua superficie si è ridotta del -20% portandolo a perdite sino a circa 60 metri di spessore negli ultimi 10 anni, l’equivalente di ad un edificio di 20 piani.

Non dissimile nemmeno la situazione del Ghiacciaio del Rutor, in Valle d’Aosta, che dal 1865 ad adesso ha riscontrato una riduzione della sua superficie di circa 4 chilometri quadrati, di cui 1,5 chilometri quadrati soltanto negli ultimi 50 anni. Questo e altri fenomeni che hanno interessato le altre realtà locali hanno generato, nel periodo compreso tra il 2006 e il 2015, un raddoppio nel numero totale dei laghi alpini della regione, con comparsa di quasi 170 nuovi bacini.

I ghiacciai svizzeri

Anche i circa 1.400 ghiacciai della Svizzera sono afflitti da una significativa e drammatica accelerazione del proprio ritiro, fomentata dalle stagioni calde e secche che hanno caratterizzato il 2022 prima e il 2023 poi. Il volume di ghiaccio perso complessivamente su tutta la regione è stato valutato pari a 3,3 chilometri, circa il -6% di quello che risultava dal bilancio di massa dell’anno precedente e l’equivalente di 1.320.000 piscine olimpioniche.

Uno dei “giganti bianchi” dall’evoluzione più emblematica è stato il Ghiacciaio del Morteratsch, il più grande del gruppo del Bernina delle Alpi grigionesi, che dal 1878 al 2023 è arretrato di quasi 3 chilometri, perdendo 23 metri soltanto nel 2022. Tali regressioni hanno peraltro moltiplicato le segnalazioni di pericolose aperture di finestre di roccia e di frammentazione dei corpi glaciali.

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