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    Home » Articoli » I poveri, i sabot e Sant’Orso
    Cultura

    I poveri, i sabot e Sant’Orso

    Anna Maria ColomboAnna Maria Colombo31 Gennaio 2025
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    estratto dal manifesto 2025 della Foire de Saint-Ours di Aosta, con il dettaglio del sabot, realizzato da Pier Francesco Grizi (c) Pier Francesco Grizi
    Estratto dal manifesto 2025 della Foire de Saint-Ours di Aosta, con il dettaglio del sabot, realizzato da Pier Francesco Grizi - extrait de l'affiche 2025 de la Foire de Saint-Ours à Aoste, avec le détail du sabot, par Pier Francesco Grizi (c) Pier Francesco Grizi

    Su di un cielo blu notte zampillano utensili e giocattoli in legno dai colori cangianti, come illuminati dall’ultimo raggio di sole. È il manifesto della 1025esima Fiera di Sant’Orso realizzato da Pier Francesco Grizi. Espressione giocosa dell’artigianato valdostano, tra gli oggetti raffigurati non manca la sagoma inconfondibile di un sabot. Fra i manufatti tipici, questa calzatura ricavata da un solo pezzo di legno, vanta una tradizione più antica della fiera stessa che derivò, si racconta, dalla consuetudine dei canonici di sant’Orso di distribuire, alla vigilia della festa del Santo, che cade il primo giorno di febbraio, dei sabot ai poveri.

    XIX e XX secolo, nel laboratorio del sabotier

    La produzione dei sabot costituiva uno degli aspetti della cultura materiale delle popolazioni alpine e come tale trova un proprio spazio didattico al Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino. Qui si osservano gli strumenti che l’artigiano specializzato, il sabotier, impiegava per realizzare il proprio manufatto e dei sabot nelle diverse fasi di lavorazione.  

    Sabot Nelle Diverse Fasi Di Lavorazione E Attrezzi Utilizzati, Museo Nazionale Della Montagna, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes Copia
    Sabot nelle diverse fasi di lavorazione e attrezzi utilizzati, Museo Nazionale della Montagna, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes
    Attrezzi Utilizzati Per Lavorazione Dei Sabot, Presso Il Museo Nazionale Della Montagna A Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes

    Si tratta di attrezzi dell’inizio del 19. secolo usati in Val d’Ayas, territorio alle propaggini del Monte Rosa, dove la produzione dei sabot, superato l’autoconsumo, divenne predominante e il loro commercio raggiunse la pianura.

    Solidi eppure leggeri, resistenti all’acqua e di ottima capacità termica, i sabot furono usati dai contadini nel vercellese per il lavoro nei campi e persino, ai piedi di fanciulle e bambini, per pattinare d’inverno sopra tratti d’acqua ghiacciata.

    Vercelli, Primo Decennio Del Xx Secolo (c) Public Domain Copia
    Vercelli, nel primo decennio del XX secolo (c) Public domain

    Durante la prima guerra mondiale vennero assegnati ai soldati perché meglio sopportassero il terreno umido delle trincee. Sono queste alcune delle storie contenute nel volume I sabotier d’Ayas, il 49esimo dei gloriosi “Quaderni di cultura alpina”.

    Ma il sabot è una di quelle cose, fatte dall’uomo, la cui forma risulta comune a più culture e pressoché immutata nel tempo.

    XVIII secolo, nel capanno ai margini del bosco 

    Pagina Relativa Alla Fabbricazione Dei Sabot, Dall’encyclopédie, Parigi 1772
    Pagina relativa alla fabbricazione dei sabot, dall’Encyclopédie, Parigi 1772

    Retrocedendo, nella settecentesca Encyclopédie, o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, di Diderot e D’Alambert, vi è una tavola, e relativa spiegazione, dedicata alla fabbricazione dei sabot. Annoverato nell’economie rustique dell’epoca, il mestiere è mostrato nell’ambiente in cui si svolge e nelle sue fasi salienti, quindi, come in un’esposizione museale, si allineano e descrivono gli attrezzi necessari.

    Se nelle valli alpine, non di rado, era nelle stalle che si intagliavano i sabot, nella realtà francese i fortes ouvriers sono all’opera all’interno e all’esterno di un capanno, che si precisa costruito come il tetto di una ghiacciaia e ricoperto di paglia lungo le falde. In questo specifico caso forse non è inutile avvertire che nelle tavole di accompagnamento ai volumi di testo dell’Encyclopédie, i muri delle fabbriche, dei laboratori, delle botteghe sono abbattuti così da mostrarci quanto avviene all’interno. La cabane dunque presenta un’apertura alla sommità che serve da finestra e da camino e sorge in una radura la quale ha come sfondo la zona boscosa da cui provengono i tronchi di legno utilizzati.

    Pagina Sulla Fabbricazione Dei Sabot, Estratto, Dall’encyclopédie, Parigi 1772
    Dettaglio sulla fabbricazione dei sabot, estratto, dall’Encyclopédie, Parigi 1772

    XIV secolo, nella bottega del Maestro della Madonna d’Oropa

    Lasciato alle spalle – nel nostro viaggio a ritroso – l’antico regime, le testimonianze inerenti alla cultura materiale delle classi popolari, in montagna come in città, si rarefanno. Quelle che restano divengono così oltremodo preziose. Ed è soprattutto l’arte sacra a fornircele in un’affascinante e irripetibile commistione di terra e di cielo.

    Nel Museo di arte antica di Palazzo Madama a Torino si conserva un paliotto ligneo di forme gotiche che solo in tempi recenti don Paolo Papone ha riconosciuto essere stato parte dell’altare maggiore della chiesa collegiata dei Santi Pietro e Orso ad Aosta. Ai lati della formella centrale, con l’Incoronazione della Vergine, si dispongono i santi, fra cui i titolari della chiesa, Pietro e Orso, e sant’Agostino, modello della spiritualità dei canonici regolari della Collegiata. Il paliotto è attribuito al Maestro della Madonna d’Oropa, uno scultore e intagliatore valdostano a capo di una fiorente bottega.

    Maestro Della Madonna D’oropa, Incoronazione Della Vergine, Con I Santi Tra Cui Sant’orso, Xiv Secolo, Palazzo Madama, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes
    Maestro della Madonna d’Oropa, Incoronazione della Vergine, san Pietro, san Paolo, sant’Orso, sant’Agostino, santa Caterina, santa Margherita, XIV secolo secondo quarto, Palazzo Madama, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes

    Nel paliotto, Sant’ Orso – con al collo una lunga stola di seta frangiata, provvisto del bastone da priore e con tre uccellini attorno – è raffigurato in un atteggiamento caritatevole: a dei poveri in ginocchio, coperti solo di una misera tunichetta e scalzi, egli porge una calzatura.  Questo episodio non è contenuto nelle Vite che si conoscono del santo, ma è già illustrato in un capitello (n. 32) del chiostro romanico della Collegiata.

    Il paliotto intagliato nel legno di cimbro, dipinto, argentato e dorato, è ricchissimo di particolari riguardanti il modo di vestire. I santi indossano tessuti di seta alla moda, a motivi geometrici oppure a onde. Sant’Agostino ha ai piedi degli eleganti scarpini a punta con la tomaia in stoffa operata.  

    Dall'incoronazione Della Vergine, Le Calzature In Tessuto Serico Operato Di Sant’agostino, Particolare Del Paliotto, Palazzo Madama, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes
    Dall’Incoronazione della Vergine, Le calzature in tessuto serico operato di sant’Agostino, particolare del paliotto, Palazzo Madama, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes

    La calzatura che sant’Orso porge ai suoi poveri

    La calzatura che sant’Orso porge ai suoi poveri invece è robusta e lo scultore ne dettaglia la forma: si distingue la suola, lo scavo per il tallone, la tomaia accollata che diviene linguetta, forse stretta da un cinturino. La policromia è andata perduta per cui dobbiamo accontentarci, però vediamo bene quale stupore e gratitudine mostrino i visi dei poveri. Si tratta di un sabot in miniatura?  

    Dall'incoronazione Della Vergine, La Calzatura Che Sant'orso Dona È Un Sabot, Palazzo Madama, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes
    Dall’Incoronazione della Vergine, sant’Orso mentre porge una calzatura ai poveri, particolare del paliotto, Palazzo Madama, Torino (c) Anna Maria Colombo Nos Alpes

    Aosta, giovedì 30 gennaio 2025, ore 10 e 30. La fiera di Sant’Orso è iniziata. Piove.  Mi fermo da un espositore fra le cui opere vi è una scultura miniaturizzata di un sabotier al lavoro, ed i sabot conclusi – nella finzione – sono appoggiati sul pavimento. Mi pare la persona adatta.

    Gli mostro sul telefonino la foto del particolare della calzatura nel paliotto. A suo parere è un tipo di sabot, o meglio di zoccolo, con la tomaia di cuoio e provvisto di cinturino. Lo ringrazio. Si chiama Elio Sucquet e proviene da Saint-Vincent. 

    LEGGI ANCHE: Sant’Orso, ammantato di seta, riluce ad Aosta, di Anna Maria Colombo

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    Anna Maria Colombo

    Anna Maria Colombo ha insegnato Storia dell’Arte Alpina all’Università di Torino e tenuto seminari e partecipato a progetti di studio e restauro sui tessuti antichi per varie istituzioni, fra cui l’Università Pontificia Giovanni Paolo II a Cracovia. Ha scritto per Allemandi, Interlinea, Priuli e Verlucca, Silvana Editrice ed altri. Tiene una rubrica sulla letteratura di montagna per Coumboscuro, periodico della minoranza provenzale in Italia.

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