La foschia residua del fumo sprigionato dai vasti incendi che da settimane colpiscono il Canada ha raggiunto le Alpi, velando il cielo su tutto l’arco alpino, dal versante italiano al versante francese e sino al versante svizzero. Dopo che, tra domenica 8 e lunedì 9 giugno scorsi, una patina grigiastra ha coperto le cime dalle basse alle elevate quote, le analisi scientifiche hanno confermato che si trattava di particolato atmosferico proveniente dal Nord America.
La foschia degli incendi dal Canada alle Alpi
Negli ultimi giorni sulle Alpi è stata registrata la presenza di uno strato anomalo di aerosol atmosferico, composto da particelle e corpuscoli si natura chimica in sospensione nell’atmosfera. Osservato dai 3 mila ai 5 mila metri di altitudine tra Valle d’Aosta e Piemonte, tra Savoia, Alta Savoia e Isère, tra Alpi Bernesi e Canton Uri, esso è risultato compatibile con le polveri generate dai roghi canadesi.
La conferma che tale foschia sia diretta conseguenza del fumo degli incendi che dal Canada ha raggiunto le Alpi viene dai rilevamenti delle principali autorità metereologiche, ovverosia l’agenzia per la protezione dell’ambiente ARPA, il servizio europeo di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus e il portale Meteo Svizzera.
Quanto alle potenzialità inquinanti del fenomeno, a livello del suolo i dati hanno mostrato un aumento del PM10 dovuto all’arrivo nei bassi strati dell’atmosfera delle stesse particelle. Si tratta in particolare di PM10 secondario da processi acquosi, una componente inusuale per la stagione estiva, prodotta durante il lungo viaggio del fumo nell’atmosfera.

Le regioni interessate
In Italia la foschia causata dagli incendi in Canada ha tinto soprattutto i cieli della Valle d’Aosta, con qualche ricaduta lieve anche nelle zone piemontesi prossime al confine. Qui l’ARPA ha rilevato la presenza di particolato PM10 nel fondovalle composto per oltre il 70 % da fumi originati dai citati; inoltre, un cielo torbido è stato notato in località come Cogne, Plateau Rosa e nella piana di Aosta.
All’altro capo del confine, Il Massiccio di Belledonne (Isère) e il Parco nazionale della Vanoise (Savoia) hanno subito tale medesima sorte, con ricadute ben visibili anche nel vicino dipartimento dell’Alta Savoia.
Medesimo discorso anche per la Svizzera, dove tale episodio si è esteso tra Alpi Bernesi e Canton Uri. Nelle stazioni di alta quota di Jungfraujoch e Gemsstock sono state misurate concentrazioni di particelle fini superiori ai limiti normativi, accompagnate da immagini satellitari che mostrano una atmosfera nebbiosa.
La situazione in Canada
Oltremare, in Canada, la situazione è drammatica: oltre 200 incendi attivi, almeno la metà dei quali fuori controllo, hanno già costretto più di 31 mila persone all’evacuazione, soprattutto tra le province più colpite di Saskatchewan e Manitoba. Secondo le autorità canadesi, dall’inizio della stagione sono stati devastati oltre 2,2 milioni di ettari, il tutto favorito da condizioni climatiche estreme quali siccità prolungata e venti forti che hanno alimentato i roghi, generando enormi quantità di fumo contenente particelle sottili, monossido di carbonio, ossidi di azoto e altri inquinanti.
L’allerta del National Weather Service è stata diramata anche sulla costa orientale degli Stati Uniti tra New York, New Jersey e Connecticut. L’EPA (l’agenzia federale per l’ambiente) ha sottolineato i rischi per la salute legati all’inalazione delle particelle fini tra cui bronchiti, asma aggravata e altri disturbi respiratori.
Tale emergenza non è nuova nel Paese, dove già nel 2023 ondate di caldo e siccità avevano portato effetti similari, quest’anno con un impatto atmosferico globalizzato anche sull’Europa. Questi e altri episodi giudicabili estremi sono il segno tangibile di un equilibrio climatico sempre più fragile, aggravato da aumento della temperatura media mondiale e condizioni meteorologiche a tratti instabili.
LEGGI ANCHE: Nubifragi in Costa Azzurra e Riviera ligure, con tre morti il 20 maggio 2025