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    Home » Articoli » Il discorso sullo Stato delle Regioni e delle Città nell’Unione europea di Kata Tüttő,
    Contributi e idee

    Il discorso sullo Stato delle Regioni e delle Città nell’Unione europea di Kata Tüttő,

    Redazione / RédactionRedazione / Rédaction1 Novembre 2025
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    La presidente del comitato delle regioni kata tüttő, il 13 novembre 2025 al comitato delle regioni (c) cdr ue
    La presidente del Comitato delle Regioni Kata Tüttő, il 13 novembre 2025 al Comitato delle Regioni (c) CDR UE

    Presidente del Comitato europeo delle Regioni

    Vi proponiamo una trascrizione del discorso a Bruxelles del 13 ottobre 2025 sullo Stato delle Regioni e delle città nell’Unione europea di Kata Tüttő, presidente del Comitato europeo delle regioni.

    Da Nos Alpes cerchiamo di tenere un punto di osservazione aperto su cosa succede a livello europeo, a livello di statale, tra Francia, Italia e Svizzera, e a livello di arco alpino.

    Cerchiamo di cogliere, per quanto possibile, i riflessi che ricadono nel nostro territorio riguardo alle politiche pubbliche, all’economia e alla società e alla cultura.

    Il discorso di Kata Tüttő arriva in un momento non banale. Nell’ambiente un po’ autoreferenziale di Bruxelles finisce per sembrare un discorso come gli altri, ma dall’esterno resta pur sempre un termometro di cosa succede. Di mezzo c’è la centralizzazione dei fondi strutturali, tema che resta sullo sfondo di tutto il discorso e viene espresso esplicitamente solo al termine.

    È un fatto politico molto importante: si parla di miliardi di euro di investimenti (FESR, FSE) che ora vengono programmati e gestiti a livello regionale, pur in un sistema di multilevel governance, con paletti, stimoli, orientamenti, modelli organizzativi che vengono dall’Unione europea e dai singoli Stati membri.

    Forse anche Interreg potrebbe passare a delle autorità statali. Attualmente il programma Interreg ALCOTRA è in mano a cinque Regioni, affiancate dalle due amministrazioni centrali di Francia e Italia e dalla Commissione europea. È coordinato dalla Regione Auvergne Rhône-Alpes: potrebbe passare a una prefettura o a un ministero italiano.

    Il tono del discorso di Kata Tüttő va immaginato inoltre nel suo contesto, perché è stato pronunciato all’inizio della Settimana delle Regioni e delle città di ottobre, di cui abbiamo scritto e che riunisce circa 600 persone, tra funzionari, esperti, e cittadini. La Settimana si svolge in coincidenza con la plenaria del Comitato delle Regioni, quindi ci sono i membri politici (sindaci, presidente di Regione, consiglieri elettivi) del Comitato in provenienza da Regioni e città dei 17 Stati membri.

    Poi ci sono i temi, come quello della difesa oppure della salute dei cittadini attraverso l’ambiente. Sullo fondo si intuisce la debolezza politica del Comitato delle Regioni a Bruxelles, che si trova per lo più a far da tramite, a portare alle Regioni e alle città le nuove politiche e le nuove tendenze elaborate dagli Stati membri )attraverso i gruppi del Consiglio) e dalla Commissione. Per i temi, si va dai limiti sulle emissioni (per esempio i PFAS) all’innovazione tecnologica (per esempio le start up e i microchip, ai grandi progetti di interesse comunitario), ai programmi europei, al sociale.

    Kata Tüttő per l’essenziale parla del Rapporto annuale sullo stato delle Regioni e delle città europee, di cui trovate qui una sintesi.

    Il discorso è anche disponibile in video (a sinistra nella pagina in link). Qui lo presentiamo nelle traduzioni italiana e francese, a partire dalla trascrizione resa disponibile dal Comitato delle Regioni.

    ***

    La presidente del Comitato delle Regioni Kata Tüttő, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metzola e il Commissario europeo Raffaele Fitto il 13 novembre 2025 al Comitato delle Regioni (c) CDR UE
    La presidente del Comitato delle Regioni Kata Tüttő, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metzola e il Commissario europeo Raffaele Fitto il 13 novembre 2025 al Comitato delle Regioni (c) CDR UE

    Cara presidente Roberta Metsola, caro vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto. Cari ospiti, cari membri, cari colleghi responsabili della gestione delle crisi e dei cambiamenti, benvenuti alla Settimana delle città e delle regioni.

    Oggi presentiamo la nostra Relazione annuale sullo Stato delle Città e delle Regioni. Di cosa si tratta?

    Si tratta di uno zoom sulla realtà concreta. Facciamo uno zoom per vedere dove siamo, come stiamo realmente andando; perché solo dopo possiamo stabilire una direzione. La relazione mostra i punti dolenti e gli elementi di criticità per le nostre popolazioni e i nostri territori. Ma non si tratta solo di elementi negativi. In rapporto mette in evidenza anche l’ambizione, la leadership, la creatività e la capacità di innovazione che si trovano a livello locale.

    Parafrasando Schopenhauer, il vero genio non sta solo nel scoprire qualcosa di nuovo, ma nel pensare qualcosa che nessuno ha mai pensato prima riguardo alle cose che tutti vediamo. Tutti vediamo cose molto simili e sappiamo come ottenere una buona idea: la strada per arrivarci è avere molte idee. Qui, in questo rapporto, se vi vi portate attenzione, troverete molte idee.

    Potreste chiedervi perché stiamo svolgendo questo approfondimento ora, quando c’è così tanta confusione là fuori? Ci mettiamo a studiare proprio per questa ragione. Perché il mondo è più caotico che mai nella mia o nella nostra vita e la maggior parte dell’attenzione dell’Europa è rivolta ai confini e oltre i confini. Ma noi siamo qui – leader locali, consiglieri, sindaci, presidenti di Regioni – e il nostro dovere è concentrare la nostra attenzione all’interno. Perché siamo noi che dobbiamo occuparci del tessuto sociale, territoriale ed economico dell’Unione. È sempre vero che l’Unione deve essere rafforzata dall’esterno, ma è anche vero che deve rimanere forte dall’interno: questa è la nostra responsabilità.

    Guardare all’interno non è mai facile, lo sappiamo dalla nostra esperienza personale. Perché non è facile guardare all’interno? Perché qualunque cosa vi troviate – confusione, disordine, dolore e sofferenza – qualunque cosa troviate all’interno, è chiaramente vostra responsabilità. E quando la vedete, dovete fare qualcosa al riguardo. In questa sede siamo tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo restare uniti, ma ciò richiederà tutta la nostra attenzione, tutta la nostra empatia e tutta la nostra resistenza, in questo momento di accelerazione e frammentazione.

    Qui parliamo molto di sussidiarietà. Ma cos’è la sussidiarietà? Non si tratta solo di chi ottiene i soldi. Si tratta, prima di tutto, di condividere la responsabilità, di distribuire l’azione e l’energia per agire. Non inizia a livello dell’UE e finisce a livello nazionale. In Europa, la sussidiarietà è radicata nell’individuo e si espande dalla persona verso l’esterno.

    Parte dalla persona e arriva alla famiglia, alla città, allo Stato, all’Unione. Ma tra questi livelli c’è sempre una tensione dinamica, una negoziazione costante su chi fa cosa, chi decide, chi porta il peso e chi ha le risorse. Questo flusso di potere, di fiducia e di responsabilità non può andare in una sola direzione. Ma questo è ciò che vediamo oggi: una tensione costante derivante dal costante stato di emergenza. Sappiamo che tutti i livelli devono assumersi delle responsabilità, ma tutti hanno bisogno dei mezzi per farlo. La sussidiarietà, correttamente intesa, significa che tutti – dalla singola persona all’Unione europea – hanno non solo la voce, ma anche l’energia per agire.

    I miei ultimi mesi sono stati davvero intensi, ho visitato una Regione diversa ogni settimana e solo pochi giorni fa sono ritornata da Dublino. Ogni volta che viaggio, voglio entrare in contatto non solo attraverso incontri e briefing, ma anche attraverso storie. E preparandomi per Dublino, sono ritornata a uno dei capolavori della letteratura europea: l’Ulisse di James Joyce. Il romanzo racconta una giornata normale a Dublino del protagonista Leopold Bloom: nel corso di una giornata normale si dispiega un mondo intero. E c’è un pensiero molto interessante di Joyce: “Se riesco ad arrivare al cuore di Dublino, posso arrivare al cuore di tutte le città del mondo”, il che significa che se conosci veramente il tuo posto, se conosci davvero, veramente, il tuo posto, puoi entrare in contatto con l’intera umanità.

    E questa è per me l’essenza dell’Europa. Perché la grandezza dell’Europa non risiede solo nella sua dimensione: risiede nella profondità della coscienza. L’anima dell’Europa vive in questa traduzione: nella traduzione tra le lingue, nella traduzione tra le nostre culture, nella traduzione tra le nostre verità; e ci vuole molta compresione, molta empatia per trovare un significato comune.

    Nel Comitato delle Regioni siamo un’istituzione complementare agli altri organismi europei, perché cerchiamo l’universale nel locale e traduciamo l’universale nel locale. Diamo forma concreta a valori universali come la dignità, la giustizia, la sostenibilità e la fiducia. Come lo facciamo? Manteniamo le nostre promesse! Costruiamo una pensilina per l’autobus in un sobborgo, investiamo in scuole high-tech nelle zone rurali. Costruiamo alloggi sociali che non sono solo accessibili, ma anche belli. Rendiamo le nostre città percorribili a piedi, investiamo in asili nido e case di riposo. Forniamo pasti scolastici sani, piantiamo fiori, portiamo musica e arte nei quartieri difficili. Installiamo pannelli solari e biblioteche, raccogliamo l’acqua piovana.

    Sono tutte manifestazioni locali di dignità, giustizia e sostenibilità, perché in questa epoca di accelerazione l’Europa ha bisogno di questa capacità di percepire il significato nel quotidiano. Perché è nella sacralità dell’ordinario che la politica torna ad essere umana.

    Sicurezza

    Devo parlare anche di sicurezza e, poiché non abbiamo tempo per approfondire tutte le dimensioni locali della sicurezza, ne sceglierò solo una: l’energia.

    La crisi energetica ha trasformato la nostra quotidianità negli ultimi anni, e si tratta di una doppia crisi energetica. Una che tutti conosciamo, che si manifesta in bollette energetiche elevate, emissioni di CO2, congestioni della rete, blackout. Ma c’è un’altra crisi energetica: è la crisi energetica sociale e si manifesta nella polarizzazione, nella crescente sfiducia verso le istituzioni, nella disconnessione, nell’apatia e nell’indebolimento della democrazia.

    Non solo i data center funzionano con l’energia: anche la democrazia funziona con l’energia, l’energia della fiducia, della partecipazione e dello scopo condiviso. Ed è per questo che è importante approfondire la questione, perché un’Europa resiliente non deve pensare solo a investire nelle infrastrutture verdi, ma anche in quelle sociali: servizi pubblici, istruzione, cultura, spazi di appartenenza.

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    Competitività

    Ogni giorno sentiamo e leggiamo che o l’Europa diventa più competitiva o moriremo tutti. Forse questa è una verità profonda, ma dalla fisica quantistica abbiamo imparato che il contrario di un’affermazione corretta è un’affermazione falsa, ma anche che il contrario di una verità profonda è forse un’altra verità profonda. E qui vi racconterò una barzelletta. Forse non dovrei, ma lo faccio perché se non vi resterà in mente nient’altro, questa barzelletta sì.

    È una vecchia barzelletta che viene da lontano nel tempo e nello spazio. Dietro la cortina di ferro, il Comitato centrale dell’Unione Sovietica discute sul futuro del denaro. Il denaro deve rimanere o deve sparire? Alcuni membri del Comitato Centrale sostengono che il denaro debba rimanere, perché è uno strumento molto importante per la stabilità. Altri membri del Comitato Centrale sostengono invece che il denaro sia il simbolo della borghesia, uno strumento di oppressione, e che debba sparire.

    Guardano il presidente del Comitato Centrale e chiedono: cosa dovremmo fare? «Entrambe le posizioni sono valide», risponde il presidente, «quindi in futuro il denaro ci sarà e non ci sarà». Ma come possiamo immaginarlo nella pratica? «È molto semplice: alcuni avranno denaro, altri no».

    Se sottraiamo fondi alla politica di coesione che oggi sostiene tutte le regioni europee nell’innovazione locale e nella competitività locale e li destiniamo alle gigafabbriche, alcuni saranno competitivi, altri no.

    Politica di coesione

    Con questo sono giunta al tema della politica di coesione. Questo è il nostro principale punto dolente, ma sono stata davvero felice di sentire che tutti riconoscono l’importanza della politica di coesione, perché è lo strumento più concreto, più decentralizzato e più stabilizzante a lungo termine dell’Unione europea.

    Non è un fondo di beneficenza, è uno strumento di investimento: mantiene il funzionamento del mercato unico investendo in infrastrutture, innovazione e persone. È la politica che ci aiuta a mantenere forte l’Europa dall’interno, che ci unisce non solo attraverso i valori, ma anche attraverso investimenti condivisi nel futuro reciproco. È la strategia di resilienza dell’Europa.

    Con la nuova proposta di bilancio, c’è una minaccia, una minaccia di nazionalizzazione, di defunding, di disconnessione da Bruxelles, che costringerebbe le Regioni e gli agricoltori a una lotta all’ultimo sangue per i fondi.

    Ma voi avete il potere. Questo potere deriva dalla responsabilità che vi assumete e dalla fiducia che vi accordano i vostri cittadini. È ora di dare un impulso alla politica di coesione! Grazie mille.

    Kata Tüttő, Presidente del Comitato europeo delle Regioni, il 13 ottobre 2025 a Bruxelles.

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