Il Salon international du livre de montagne di Passy, in Alta Savoia, non è proprio un evento come gli altri. Nel tardo pomeriggio di ieri, 8 agosto, c’è stata la premiazione, e ora è in piena attività, fino a domenica.
Ci sono espositori, autori, editori, il pubblico, ma soprattutto le persone. Non è un evento industriale o economico per soli editori. Parte piuttosto dal basso, dai bisogni e dalla voglia di libri e di lettura, con una innocenza e forza che lasciano strabiliati, a vederli 34 anni dopo la prima edizione.
Come nasce il Salone
Sul Plateau de Passy, al Jardin des Cimes, in uno spazio di grande calma a qualche centinaio di metri sopra Passy, nei sabati che precedono l’evento si parla di libri, con gli autori che bazzicano intorno al Salone. Abbiamo assistito all’incontro del 3 agosto, e così, a margine, è venuto fuori come è nato l’evento, per iniziativa di François Garde sin dalle origini con la presenza di Joëlle Chappaz.
Con François Garde – oggi scrittore affermato – ne ha parlato, appunto Michel Moriceau, che presiede il salone da parecchi anni. Nasceva allora, dall’idea e dall’iniziativa di poche persone, senza strutture e denaro, con tutto da fare.
Si è capito che la forza primitiva dell’iniziativa, come motore che sopperiva ai mezzi, veniva dalla semplice convinzione che la scrittura e la lettura fossero utili, come fattore di civiltà, di costruzione della persona, di costruzione della società.
La scelta della montagna era solo in parte ovvia per la localizzazione: valeva piuttosto il suo valore, perché nella fatica, nelle identità, nel rapporto di ognuno con la natura e con le salite vi sono fatti profondi, individuali e da condividere. Sono fatti di civiltà e di persone che arrivano appunto nei libri, che sono un mezzo lento e duraturo di condivisione e di sapere e del vivere.
Il Salon du livre de montagne di Passy, si è capito in quel pomeriggio, è anzitutto un fatto di passione e di persone, e lo si vede ancora benissimo.
Quattro persone e un mondo intorno
Il comitato organizzatore in senso stretto è composto da un numero che deve essere tra le quattro e le sei persone. Intorno all’iniziativa si è nel tempo costruita una rete di soggetti che l’accompagnano, e sono un numero elevato.
I partner istituzionali sono quindici, a partire dal Comune di Passy e poi da quello di Saint-Gervais fino alla Regione Auvergne Rhône-Alpes. Le associazioni sono undici, dagli uffici del turismo alle biblioteche, ai cinema e luoghi di incontro, ai gruppi di lettura.
I premi sono sostenuti da vari partner, anche questi numerosi, dalle banche fino al micro-contributo della panetteria lì vicina. Poi, ai coordinatori principali si associano una trentina di volontari-organizzatori, molti presenti da sempre.
Insomma, intorno al Salone gira un’intera comunità di persone e soggetti. Tenere il coordinamento di questo insieme deve essere un gran lavoro, qualche volta anche faticoso. Tuttavia, da questo ambiente che oscilla tra il gruppo di amici e la grande e complessa organizzazione, i risultati ci sono.
Il risultato intanto nello spirito dei premi
Tra l’altro, i membri delle giurie, anche loro volontari, hanno dovuto leggersi una bella quantità di opere. Nella premiazione dell’8 agosto, abbiamo visto sette gruppi di premi, spesso con menzioni speciali e sotto-categorie.
Un momento da occhi sgranati è stato quello dedicato al libro di montagna “Giovani”. Sono stati premiati ragazzi che hanno iniziato a scrivere a 16 anni e hanno finito il libro a 19 e si sono ascoltate dalle loro voci ragionamenti su come vivere in montagna, sull’equilibrio delle case nelle pendenze e nelle persone, oppure sulla storia partigiana a Glières. Già, i giovani: ancora lo stesso sottinteso del Salone sulla costruzione delle persone e della società.
E qui hanno vinto La Vie à la Montagne di César Canet (Sarbacane), Enfants de Glières de Isaak Sturm (la Fontaine de Siloé) e Histoire de la fille qui ne voulait tuer personne, de Jérome Leroy (Syros).
E poi le categorie che non necessariamente fanno parte della semplice visione economica da case editrici: i libri d’immagine appunto auto-prodotti, Vercors di Luca Malacarne e Contemplations di Alexandre de Chaume. C’era anche lo svizzero Jean-François Delhom che ha fatto un libro di immagini da sotto i ghiacciai, non da sopra.
E poi il fumetto di montagna, per cui ci si chiede: e dove, se non al salone di Passy? Nelle presentazioni è venuto fuori il ricordo di Tintin au Tibet, e le storie disegnate in dieci anni da uno degli autori: sono dunque da cercare Les paradis inaccessibiles di Nicolas Julo (Mosquito) e Les Oiseaux de Papiers, di Mana Neyestani (Ça et là) che invece mostra una montagna violenta, con la difficile vita dei trasportatori nel Kurdistan iraniano al confine con l’Irak.
La forza del libro di montagna
Anche il coinvolgimento locale è poi un segno dell’approccio fondato sulla forza del libro e della lettura, con il premio appunto dei lettori della biblioteca municipale di Passy, con L’homme qui vivait haut, di Virgine Troussier (Paulsen). Presenti in quel momento come in tutte le giornate Delphine Chatrian (con un cognome che arriva probabilmente dal villaggio valdostano di Torgnon) delegata per la cultura e il sindaco di Passy, Raphaël Castéra.
Citiamo infine i vincitori dei gran premi, L’inventaire des Nuages di Franco Faggiani (grande storia di bambini e sentieri italo-francesi tra le due guerre, tradotto in francese presso Paulsen) e menzione speciale per Kodak Everest Pocket, di Nicolas Le Nen (Arthaud) che sarebbe poi la macchina fotografica che ancora si cerca e che andò perduta nella spedizione d’Irvine e Mallory del 1924.
La Valle d’Aosta e la dimensione transfrontaliera di Passy
Tra i premiati si sono visti uno scrittore iraniano, diversi svizzeri, tra gli espositori vi sono antiquari ed editori del nord Italia, o appunto della Svizzera. Nell’apertura, Michel Moriceau ha ricordato che il valdostano Guido Corniolo è presente tra gli organizzatori al salone da 35 anni, cioè già nell’anno che precedeva il primo salone.
Nel 2023, c’era uno stand della valle d’Aosta già molto importante, e quest’anno è diventata ospite d’onore, e rappresentata, per il governo regionale durante i tre giorni dagli assessori regionali Jean-Pierre Guichardaz e Marco Carrel. D’altra parte, le relazioni durano da sempre, con persone presenti in continuità, da Albert Bertin, che ora è venuto come presidente dell’Assemblea regionale ed è grande promotore dell’evento, a Robert Louvin ora professore di diritto ma già in passato presente alle tavole rotonde del salone, anche durante la sua vita politica. Così è avvenuto per figure note della francofonia e del francoprovenzale in Valle d’Aosta, da Alexis Bétemps a Saverio Favre, per cui si fatica a sapere chi c’è stato e chi no. Ci è passato, negli anni scorsi, anche Paolo Cognetti, come autore italiano, prima di pubblicare Le otto montagne.
Artisti e premi del Salon du livre de montagne a Passy
Di Robert Louvin bisogna ricordare la presentazione del 9 agosto del libro curato con Michele Vellano, Monte Bianco la montagna senza confini (Wolters Kluwer) che ha tra l’altro ricevuto il Prix de l’Arc Alpin ma va anche citata Gabriela Vernetto per il libro la Vie en refuge, rivolto ai giovani, e scritto con Maria Garbolino Riva e Sylvie Gerbelle (Le Château), menzione speciale nella categoria documenti del Prix du Pays du Mont-Blanc.
Lo stand dello scorso anno è diventato ora uno spazio dedicato, e l’otto agosto i valdostani ospiti erano più di una trentina, per lo più a titolo privato, oltre agli artisti e qualche organizzatore. Per dare una visibilità anche ai caratteri un po’ speciali e belli della Valle, oltre a uno spazio dedicato al Forte di Bard, il Salon du livre de montagne di Passy ospita quattro artisti con le loro opere, dalle stele di Donato Savin alle grandi sculture in legno di Guido Diémoz, ai quadri di Fulvio Vicquéry (che ha anche disegnato il manifesto del Salon) alle forme di carta di Michele Turco: sono opere forti, che non si vedono spesso e insieme fuori Valle.
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