Quarta e ultima parte del racconto di Jacques Martinet, su Napoleone al Forte di Bard. Domani, pubblichiamo ancora un testo sul contorno e con alcuni elementi storici .
Nonostante l’eroica conquista della porta Curletto, i francesi si ritrovano ancora in una posizione precaria. Quella porzione di rocca, strappata agli austriaci con fatica, resta esposta al loro fuoco, rendendo ogni avanzata impossibile. I generali riflettono accampati in una dimora del centro del paese di Bard, sperano nell’arrivo di una lettera di Napoleone che porti consiglio. Berthier è provato da queste notti di guerra e seriamente preoccupato di compromettere tutta la seconda campagna d’Italia solo per un forte di cui non hanno avuto contezza.
Proprio in quel momento un soldato comunica ai suoi superiori la presenza di un civile che vuole parlare con il generale in capo.
Entra un uomo sulla quarantina, provato quanto un qualsiasi soldato austriaco o francese.
– Buonasera generali, vi parlo a nome di tutti gli abitanti di questi piccoli borghi. Io abito qui a Bard, e ve lo dico con estrema sincerità tutto il paese è dalla vostra parte. Speriamo vivamente che riusciate a passare in fretta. Con la stessa sincerità vi devo anche dire, che iniziamo a serbare un certo malumore. Non nei vostri confronti, si intende, ma vede questa battaglia sta mettendo a dura prova ogni civile. I nostri cieli mai hanno visto certi bagliori, le nostre orecchie mai hanno udito certi frastuoni, soprattutto nel cuore della notte. Non si dorme più tranquilli e iniziamo a essere stanchi.
Berthier è seduto a un piccolo tavolo e guarda accigliato questo abitante sinceramente provato e polemico.
– Questa è la guerra! Ed è necessaria. Pensate forse che ci faccia piacere essere bloccati qui in mezzo a queste montagne che mi offuscano la mente e mi strozzano il fiato. Voi pensate forse che non vorremmo già essere oltre? Cosa è venuto a fare qui a lamentarsi? Dice Berthier scocciato.
– No, sono venuto in vostro aiuto.
Tutti i presenti si mettono a ridere, persino le due guardie poste a sorvegliare la porta dell’alloggio.
– E ditemi volete unirvi a noi nella battaglia. Accomodatevi, ma non sono due braccia in più che possono aiutare. Risponde sarcastico uno dei generali.
– Io non voglio offrivi le mie braccia ma la mia conoscenza, ho battuto ogni sentiero di queste alture che vi strozzano il fiato. E conosco un passo segreto che può condurvi ben sopra la rocca dove avrete la possibilità di tirare meglio.
– I nostri tiratori sono già schierati sulle rupi, e non c’è punto in cui riescono ad avere un buon raggio di tiro. Lei non può esserci d’aiuto.
– Se non hanno un buon raggio di tiro, allora, non sono nel punto giusto. Io vi condurrò là dove nessun austriaco può aspettarselo.
Altre risate si fanno largo nella stanza ma Berthier osserva silenzioso l’uomo, ormai si affiderebbe alla qualunque pur di riuscire a passare prima dell’arrivo di Napoleone, cosa che gli causerebbe un forte imbarazzo.
– Come vi chiamate?
– Giuseppe generale. Giuseppe Cornaille. Al vostro servizio.
– E ditemi signor Cornaille, voi siete venuto a dare consiglio all’esercito di Napoleone? Il più grande stratega che questo mondo ha mai conosciuto.
– Esatto signore, io non sono uno stratega, ma vivo qui da sempre.
I generali confabulano tra di loro mentre Giuseppe quasi non riesce a reggersi sulle gambe e nonostante il freddo suda gocce di paura.
– A questo punto non abbiamo niente da perdere, guiderete una squadra di tiratori e se riuscirete nell’impresa vi assicuro che il vostro comune, anzi tutta la Valle D’Aosta potrà riposare in pace
– Grazie generale per questa opportunità, come il buio sarà dalla nostra parte ci addentreremo per il sentiero.
E il buio, anche quella sera, non tardò ad arrivare. Un centinaio di tiratori si raduna al cospetto del Cornaille e lo seguono su di un sentiero scosceso alla sinistra della rocca, l’unico punto in cui la Dora non si insinua tra la fortezza e le rupi. L’abitante di Bard è molto agitato, non parla volentieri con i soldati e si distacca sempre di qualche metro. I Francesi sono appesantiti dai fucili, con loro hanno anche qualche cannone di piccola taglia e seguono con impazienza la loro guida.
Giuseppe ha un passo esperto ed è libero da ogni impiccio, si muove rapido tanto che spesso viene richiamato.
Un francese inciampa a causa della fatica e del buio e precipita giù dalle rocce.
– Fermatevi! Urla un soldato alla guida, ma Giuseppe affretta il passo.
Quei cento uomini sono impauriti e sperduti in quelle alture a loro sconosciute, possono contare solo sulla loro guida.
– Dov’è? Qualcuno riesce a vederlo? I soldati urlano, molti non conoscono nemmeno il suo nome e le grida sono di paura.
Giuseppe ha ormi staccato i tiratori, ha il fiato corto e cerca di accelerare il passo ma quella notte senza Luna rende anche a lui la strada impervia. Cade, si rialza e ricomincia a correre iniziando la discesa verso il borgo. Si gira più volte per vedere se qualche soldato non è riuscito a seguirlo, ha paura ma resta lucido.
Dopo altri 10 minuti, tra sassi, arbusti e ripidi pendii arriva in un sentiero buio che costeggia il forte. Una piccola porta si scorge in lontananza e una volta arrivato bussa con tutta la sua forza. L’unico rumore che si sente in quella notte sono i pugni di Giuseppe contro il legno dell’entrata segreta.
– Aprite! Grida con tale forza che forse anche i soldati abbandonati sulle rupi possono sentirlo. E a un certo punto la porta si apre, lui entra e questa si richiude subito. Si addentra nelle profondità della fortezza scortato da una guardia austriaca e dopo aver salito numerose scalinate giunge in un grande salone. Lì radunati come ad attendere importanti notizie ci sono il comandante Bernkopf e altri soldati.
– Comandante, i francesi sono nel punto designato, illuminate questa buia notte, la loro ira non tarderà ad arrivare.
Bernkopf con un cenno del capo manda un soldato ad avvisare l’artiglieria e quella notte tenebrosa e silenziosa si riaccende sotto il fuoco dei cannoni austriaci che gettano morte sui tiratori francesi dispersi tra le rupi, comunicando loro nella maniera più cruda di essere stati ingannati.
– Ci avete concesso altre ore preziose, avete rallentato il nemico, l’esercito austriaco ve n’è grato signor Cornaille. Prendete del vino e attendete con noi il nostro destino.

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