Il grano di Santa Barbara è una tradizioni natalizie popolari in Provenza e nelle valli occitane del Piemonte. Si svolge ogni anno, dal 4 dicembre, il giorno di Santa Barbara, con semi di grano disposti in tre piattini detti “seitoun” coperti di cotone umido e lasciati germogliare.
Ben germogliato, Il grano di Santa Barbara è simbolo di prosperità per l’anno nuovo. I piattini, che simboleggiano la Santissima Trinità, fanno parte della decorazione della tavola della vigilia di Natale, mentre il 25 dicembre la madre di famiglia li adorna con nastri gialli e rossi. A partire dal 26 dicembre vengono collocati vicino al presepe, fino all’Epifania.
Il racconto che segue è del nostro Bot di ChatGPT, a partire però da alcune nostre indicazioni
La sera del 4 dicembre, nel villaggio di Saint-André, una tradizione antica e solenne si preparava a essere celebrata. Le case, addossate alle colline delle valli occitane, sembravano stringersi le une alle altre per resistere al vento che fischiava a fianco dei muri di pietra. All’interno della cucina dei Bertand, una luce fioca illuminava il volto di Angèle, che disponeva con cura tre piattini rivestiti di cotone umido. Era una scena che si ripeteva ogni anno, una liturgia domestica che affondava le radici in un tempo remoto.
“René, porta il sacchetto del grano,” disse Angèle con tono sommesso, quasi fosse un comando abituale. René, il figlio dodicenne, obbedì. Il sacchetto, di stoffa grezza, conteneva i chicchi della speranza, raccolti durante l’ultima mietitura. La madre prese una manciata di semi e li distribuì nei piattini, lasciando cadere ogni chicco con un gesto lento, misurato, come se ogni movimento fosse carico di un significato recondito.
“Quand lou blad vèn bèn, tout vèn bèn,” mormorò Angèle, citando il proverbio provenzale. La frase, pronunciata in quell’accento aspro e musicale, sembrava un’eco di epoche lontane, quando il destino dell’uomo era intimamente legato al ciclo delle stagioni e alla benevolenza della terra.
René osservava in silenzio. Non era un silenzio qualsiasi, ma quello di chi intuisce che un rito sta avvenendo, e che l’atto apparentemente banale di seminare chicchi in un piattino di cotone è in realtà il fulcro di un complesso sistema di segni e significati. L’acqua, versata con cautela, non era semplice umidità: era l’elemento primordiale, il medium attraverso cui la vita si rigenera.
I giorni scanditi dall’attesa
I giorni che seguirono furono scanditi dall’attesa. Ogni mattina, René correva verso i piattini, osservando con ansia il cotone umido nella speranza di scorgere i primi fili verdi. Quando finalmente i germogli apparvero, sottili e delicati, un’emozione strana lo attraversò, come se un piccolo miracolo si fosse compiuto sotto i suoi occhi. Eppure, sapeva che non bastava vedere per comprendere: i germogli erano segni che dovevano essere interpretati.
“Stanno crescendo bene,” disse Angèle, con una voce che tradiva una punta di sollievo. Ma non era solo una constatazione: era una dichiarazione di fiducia nell’ordine cosmico, un’affermazione che il caos dell’inverno poteva essere domato, almeno per un altro anno.
La Vigilia di Natale, i germogli trionfavano al centro della tavola, ornati da nastri gialli e rossi che Angèle aveva scelto con cura. Il Gros Souper era modesto, quasi austero: pane scuro, olive, un formaggio stagionato. Eppure, ogni elemento era simbolo di qualcosa di più grande. René guardava i germogli come si guarda una mappa indecifrabile, sapendo che vi era racchiuso il destino della sua famiglia, forse dell’intero villaggio.
Angèle, con una solennità che contrastava con la semplicità del gesto, prese il nastro rosso e giallo e lo annodò attorno ai germogli. “Questa è la nostra promessa,” disse. Le sue parole non erano casuali: promettere significava impegnarsi con le forze invisibili che governavano il mondo.
Il 6 gennaio, quando i germogli furono piantati nella terra dura del giardino, René sentì per la prima volta il peso di quel gesto. Non si trattava solo di chiudere un ciclo: piantare significava affidare alla terra non solo i semi, ma anche le speranze, le paure, le incertezze di un’intera comunità.
E così, nel silenzio del mattino, mentre la neve ricopriva le colline di un bianco uniforme, René capì che il grano di Santa Barbara non era solo una tradizione, ma un linguaggio segreto, un ponte tra il presente e l’eterno.