Per Nos Alpes alla scoperta di questa settimana, abbiamo deciso di richiamarci alle Giornate Europee dei Mulini, che si tengono sia in Francia sia in Italia il 17 e 18 maggio 2025, mentre in Svizzera avranno luogo a fine mese, il 31 maggio e il 1° giugno.
Le Giornate sono un’occasione per valorizzare il patrimonio storico e culturale dei mulini in Europa e nelle Alpi. Insieme ad essi, vi è un po’ di storia dell’alimentazione. Ai mulini storici è legata, ad esempio, la Festa del Pan Ner, che si tiene ogni anno in ottobre in diverse località delle Alpi e che vede tra l’altro l’accensione di circa settanta forni nella sola Valle d’Aosta.
I mulini sono un esempio di resilienza al clima e alla montagna
Intorno ai mulini, ci sono comunità che stanno lavorando al loro recupero. Un caso emblematico è il restauro e la valorizzazione del mulino a vento di Berre-les-Alpes, nelle Alpi marittime, a cui abbiamo dedicato la foto di copertina,
Il viaggio alla scoperta dei mulini e dei loro luoghi è anche un modo per comprendere la ricchezza, la varietà e l’unità del territorio alpino. Vedremo due casi di mulini a vento in montagna (oltre a quello di Berre) dove si registrava un problema di mancanza di acqua corrente o forti variazioni stagionali.
Anche al mulino di La Tine, in Vallese, mancava acqua sul posto, la si faceva arrivare attraverso un bisse, cioè un canale-ruscello costruito in età medievale (come i rus valdostani) come derivazione da un torrente alimentato dallo scioglimento delle nevi e dai ghiacciai.
In altri casi si tratta di acqua corrente, ma poca in quantità, per cui era necessario sfruttare più volte la caduta, mettendo in fila diversi mulini, come a La Magdeleine, in Valle d’Aosta.
In tempi di cambiamento climatico, i mulini sono una lezione di resilienza e di adattabilità delle attività umane al contesto difficile della montagna.
I mulini in serie di La Magdeleine, in Valle d’Aosta

I mulini di La Magdeleine, situati nelle frazioni di Brengon, Clou e Messelod in Valle d’Aosta, rappresentano un esempio di architettura rurale alpina. Disposti in serie lungo un piccolo corso d’acqua che nasce dalle sorgenti sotto il Mont Tantané, questi otto mulini ad acqua, di cui sette restaurati, erano il fulcro della vita contadina locale. Tre di essi sono ancora oggi funzionanti, a scopo dimostrativo.
La particolarità dei mulini di La Magdeleine risiede nella loro disposizione “in catena”, studiata per sfruttare la caduta dell’acqua malgrado la sua scarsa quantità. Si tratta di mulini a ruota idraulica orizzontale, privi di ingranaggi, capaci di moltiplicare la capacità lavorativa. Anticamente, i diritti d’uso erano regolati da norme di comunità, spesso legati alla gestione dei campi.
I mulini avevano nomi specifici, in francoprovenzale, la cui memoria si è salvata grazie al ricordo degli anziani, al passaggio tra le generazioni e al loro consolidamento negli studi etnografici: moulin hatu, moulin d’Arfonse, moulin di Tonne, moulin di Chioset, moulin de la Place, moulin di Mule e moulin di Messelou.
Tra l’altro, a Montjovet, in Valle d’Aosta, il 17 maggio 2025 si tiene una conferenza dedicata ai mulini, con interventi di Saverio Favre (sulla toponomastica dei mulini), di Alessandro Novallet (per il mulino di Arlaz), di Fausta Baudin (broyer le chanvre et fouler les draps), di Corinne Artaz e Elisabetta Comin.
I mulini di Uterio di Alagna, con l’acqua del Sesia

Nella frazione Uterio di Alagna Valsesia, si trovano due mulini storici del XVI secolo, datati 1552 e 1694. Questi mulini, tipici della comunità Walser, sono alimentati da una derivazione d’acqua dal fiume Sesia, progettata per garantire un flusso costante anche nei periodi di siccità, sullo stesso schema dei rus valdostani e dei bisses vallesani. L’acqua veniva incanalata attraverso condutture in legno o pietra e portata all’interno di edifici in muri a secco, dove si trovava l’intero complesso per la molitura.
Al centro del sistema si trovava un imbuto a forma di piramide, chiamato chastu, che conteneva i chicchi da macinare. La tramoggia (schittilja) convogliava il grano verso la macina, composta da due parti. La macina superiore (milistai) era costituita da un elemento monolitico centrale, mosso da un perno ligneo a forma quadrata. I settori periferici erano collegati alla macina tramite un cerchione di ferro, che generava l’attrito necessario per la frantumazione del grano. Questi componenti, facilmente rimovibili, potevano essere puliti o sostituiti, garantendo un funzionamento duraturo e affidabile.
La manutenzione dei mulini era fondamentale per garantirne l’efficienza, come testimonia un documento del 1892, redatto da Viotti Cristoforo, che certifica lavori di riparazione alla roggia dei mulini. Secondo il testo, per sei giorni lavorativi furono corrisposte 200 Lire al giorno. Questo documento offre uno spaccato della vita comunitaria del tempo, in cui i mulini non erano solo macchine agricole, ma veri e propri centri sociali e produttivi.
I mulini sono oggi parte dell’Ecomuseo della Cultura Walser di Alagna Valsesia e rappresentano una testimonianza della vita quotidiana e delle tradizioni della popolazione germanofona, che abita anche parte della valle valdostana del Lys.
Vassieux-en-Vercors: mulini e memoria

Situata nel sud-est del plateau del Vercors, la comunità di Vassieux-en-Vercors contava fino a otto mulini a vento, costruiti per ovviare alle carenze di un mulino ad acqua spesso inattivo a causa del gelo o della siccità. Alcuni di questi mulini risalgono al Medioevo, come quello situato in cima a una delle torri della fortificazione del villaggio. Tuttavia, la maggior parte fu edificata tra il XVII e il XVIII secolo da contadini con maggiori risorse economiche, chiamati ménagers. Privi di vincoli feudali sul plateau poterono costruire liberamente le strutture.
In particolare, i mulini a vento di La Mure, eretti su una butte calcarea a 1.100 m d’altitudine, furono costruiti intorno al XVIII secolo su una parcella descritta come prato già nel 1569. Presentano una tipica architettura provenzale: torri cilindriche in pietra con tetti a poivrière e ali a croce.
Le ali dei mulini non disponevano di fossi di ancoraggio per un eventuale timone. La rotazione delle ali per orientarle al vento avveniva tramite un sistema al tetto, realizzato grazie a una ratelière (cremagliera) collocata sulla sommità dei muri. Oggi, i mulini restaurati sono un significativo esempio della capacità di adattamento delle comunità montane alle sfide climatiche e sono testimonianza del passato produttivo del territorio.
A Régusse, i mulini a vento provenzali

I mulini a vento di Régusse, situati nel dipartimento del Var a circa 15 km dal lago di Sainte-Croix e a nord-ovest di Cannes sono un esempio dell’architettura rurale provenzale.
Furono probabilmente costruiti tra il XII e il XIII secolo, sebbene la prima menzione documentata risalga al 1565, quando un atto redatto da Antoine d’Albert li cita nell’ambito della Seigneurie.
Secondo la tradizione, l’idea del mulino a vento fu introdotta in Provenza dai Templari di ritorno dalla Terra Santa. I mulini di Régusse erano utilizzati per la produzione di farina e nel 1811 producevano ancora 52 tonnellate l’anno. Dopo un lungo periodo di abbandono, sono stati restaurati nel 1995.
Per quanto lontani dal Moulin di Alphonse Daudet (Lettres de mon Moulin), situato sopra la Camargue (mentre qui siamo a nord-ovest di Cannes), la storia del loro abbandono è analoga, soppiantati dai nuovi motori in particolare nell’Ottocento, prima a carbone e poi con altri combustibili fossili.
Il meccanismo dei mulini provenzali di Régusse si adattava ai venti dominanti, in particolare il vento d’Est e il Mistral. Per questo motivo, il tetto a cono e le ali sono orientabili. L’operazione di orientamento richiedeva sei persone e circa mezz’ora di lavoro. Il grano, versato nella trémie fino a un massimo di 50 kg, veniva macinato tra la meule dormante e la meule tournante, producendo una farina che cadeva direttamente nella huche.
I mulini di La Tine, in Vallese, con l’acqua dei bisses

I mulini di La Tine, situati nel Canton Vallese vicino a Troistorrents, risalgono al XV secolo e sono stati dichiarati monumenti storici. Costruiti lungo il torrente Tine, macinavano cereali e legumi. Nelle gole della Vièze de Morgins, un bisse faceva cadere l’acqua su una ruota orizzontale con palette, facendo girare l’albero verticale del mulino.
Oltre alla molitura dei cereali, questi mulini erano utilizzati appunto per frantumare anche frutta e semi oleosi e per battere il canapaio.
Dopo un lungo periodo di inattività, nel 1936 il forgeron-taillandier Charles Maire ha comprato la vecchia forgia, e l’ha utilizzata fino al 2004.
Oggi, restaurata, la forgia è un tesoro etnografico. I discendenti organizzano le feste della Fondazione dei Vieux Moulins de la Tine, e sono momenti memorabili. I mulini sono conservati e mantenuti grazie alla collaborazione di oltre 100 volontari, noti come Compagnons du grain, iscritti nel Grand Livre dell’associazione. La comunità protegge e valorizza il proprio patrimonio, ed è anche questa una bella lezione.

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