Il ricorso del Governo contro la legge elettorale della Valle d’Aosta solleva una questione di competenze statutarie tra Stato e Regione autonoma.
La contestazione riguarda tre articoli della legge regionale n. 4 del 3 marzo 2025, che disciplina le elezioni regionali e comunali del prossimo autunno, e si inserisce in un contesto di tensione istituzionale più ampio, dove la specialità delle Regioni a statuto speciale è oggetto di critica.
Rispetto al ricorso del Governo ha immediatamente preso posizione il presidente della Regione, Renzo Testolin, con elementi di riflessione tecnici e politici.
D’altra parte, lo Statuto speciale della Valle d’Aosta, norma di rango costituzionale, attribuisce al suo articolo 2 alla Regione la competenza legislativa primaria o “esclusiva” sull’ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni.
L’origine del contenzioso sulla legge elettorale della Valle d’Aosta
Il Consiglio dei Ministri ha impugnato davanti alla Corte costituzionale alcune disposizioni della normativa valdostana. In particolare, è stato contestato l’articolo che stabilisce un limite massimo di quattro mandati consecutivi per i sindaci dei Comuni con meno di cinquemila abitanti, mentre a livello nazionale non è previsto alcun limite alla ricandidatura. Il governo centrale ha inoltre sollevato obiezioni su due norme già presenti nell’ordinamento regionale valdostano quella che vieta la presenza di legami di parentela tra sindaco, vicesindaco e altri membri della giunta, e quella che esclude la possibilità di nominare assessori tecnici nelle amministrazioni comunali della Valle.
Secondo l’amministrazione regionale valdostana, il comportamento del Governo è sintomatico di un approccio centralista che ignora la specificità delle autonomie speciali.
Il principio di leale collaborazione
La notifica del ricorso è arrivata solo all’ultimo giorno utile, senza un confronto approfondito, e a dispetto del principio di “leale collaborazione”. Le osservazioni inviate da Roma sarebbero giunte pochi giorni prima della scadenza dei termini, lasciando alla Regione poco margine per un dialogo costruttivo. Il governo regionale valdostano aveva comunque ribadito la legittimità delle proprie scelte, in coerenza con le prerogative riconosciute dallo Statuto speciale.
Proprio negli stessi giorni, al Festival delle Regioni che si è tenuto a Venezia, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva evidenziato proprio il principio di “leale collaborazione” come uno dei cardini di buoni rapporti tra Stato e Regioni.
Tuttavia, proprio al Festival si era percepita la tendenza a ricondurre le Regioni e le Province a Statuto speciale al regime delle Regioni “ordinarie”. Oltre a questa impugnativa dello Stato, e a un’altra che ha riguardato la Provincia autonoma di Trento (sempre su temi elettorali) vi sono anche altri contrasti, di natura più mediatica, tra Stato e regioni a Statuto speciale. Per esempio vi è stato un caso, probabilmente di incomprensione ma che ha suscitato ampie polemiche, circa l’impiego della fascia tricolore italiana da parte della neoeletta sindaca di Merano, Katharina Zeller, in Alto Adige /Sud Tirolo.
Le implicazioni politiche e istituzionali
Il presidente della Regione, Renzo Testolin, considera il ricorso un segnale preoccupante: non solo per il merito delle contestazioni, che non intaccano l’efficacia complessiva della legge, ma per il metodo utilizzato e per il significato politico. Il timore è che venga appunto meno il principio di differenziazione tra Regioni ordinarie e Regioni speciali, con un progressivo svuotamento delle competenze esclusive che la Valle d’Aosta ha consolidato nel tempo, in particolare nella gestione degli enti locali.
Nonostante il ricorso, la Regione conferma che il calendario elettorale per il 2025 non subirà modifiche: a settembre si voterà per molti dei Comuni valdostani e per l’Assemblea regionale valdostana. L’obiettivo della Regione autonoma è difendere davanti alla Corte costituzionale l’impianto della legge, ritenuto coerente con la tradizione giuridica e amministrativa valdostana, e come è stato più volte già confermato dalla stessa Corte.
Per il governo regionale, si tratta di una questione non solo normativa, ma anche politica e culturale: riaffermare il valore del regionalismo differenziato come elemento fondante dell’ordinamento repubblicano italiano.
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