Pubblichiamo un articolo di Joseph Rivolin su Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta e la sua chiesa. È appena apparso sul Corriere della Valle ed è una lettura piacevole e ricca.
Tra l’altro, i sindaci di Aosta e di Albertville stanno valutando come promuovere il Cammino che il santo avrebbe fatto tra le due città, attraverso il colle del Piccolo San Bernardo.
Il tradizionale incontro mensile dei soci del Circolo della Stampa della Valle d’Aosta, presieduto da Maria Grazia Vacchina, si è svolto il 7 giugno a Saint-Martin-de-Corléans, l’antico borgo alla periferia di Aosta oggi quartiere cittadino. Il momento clou dell’evento è stata la visita all’antica chiesa dedicata all’Apostolo delle Gallie.
Un santo molto popolare
San Martino di Tours, nato a Savaria nella provincia romana della Pannonia (oggi Szombathely in Ungheria) nel 316 e morto a Candes in Gallia l’8 novembre 397, è uno dei santi più importanti della cristianità.
La sua vita è nota dalla “Vita sancti Martini”, scritta dopo la morte del santo nel 396-397 da Sulpice-Sévère; nel V e VI secolo, anche Paolino di Périgueux e Venance Fortunat scrissero una biografia in versi. Gregorio di Tours raccontò gli inizi del suo culto nel suo libro “De virtutibus sancti Martini “. Il suo culto si diffuse in tutta l’Europa occidentale e gli furono dedicate numerose chiese, soprattutto in Gallia, dove divenne patrono delle dinastie dei Merovingi e dei Carolingi.
La vita del Santo
Figlio di un ufficiale superiore, anche Martino (che si convertì al cristianesimo all’età di 10 anni) si arruolò nell’esercito. Inviato ad Amiens, in Gallia, una sera dell’inverno del 334 condivise il suo mantello militare con un povero infreddolito; la notte successiva, Cristo gli apparve in sogno indossando lo stesso mantello. All’epoca aveva 18 anni.
Nel marzo del 354, Martino partecipò alla campagna sul Reno contro gli Alamanni; le sue convinzioni religiose gli vietarono di versare sangue e si rifiutò di combattere. Nel 356, potendo lasciare l’esercito, si recò a Poitiers, per raggiungere Sant’Ilario, vescovo della città; dovette opporsi all’eresia ariana in questa città, poi in Illiria e a Milano.
Si ritirò poi con un sacerdote nell’isola deserta di Gallinara, vicino ad Albenga. Nel 360 d.C. tornò a Poitiers e l’anno successivo si stabilì in una tenuta indicatagli da Hilaire, dove fondò un eremo: l’Abbazia di Ligugé, una delle prime comunità di monaci della Gallia. Qui compì i primi miracoli e ottenne il riconoscimento di santità.
L’episcopato di Martino
Nel 371 morì il vescovo di Tours e la popolazione locale scelse Martino come suo successore. Pur essendo vescovo, non cambiò in alcun modo il suo stile di vita e creò un nuovo eremo a nord-est della città: da qui nacque Marmoutier, che aveva come regole la povertà, la mortificazione e la preghiera. Martino viaggiò in lungo e in largo da Tours, attraversando tutta la Gallia; dove non poteva andare, mandava i suoi monaci.
A quel tempo, le campagne erano ancora pagane, così egli viaggiò distruggendo templi e idoli. Predicava efficacemente ai contadini, imponendo il rispetto con l’esempio e rifiutando la violenza. Era presente a Treviri quando Priscilliano fu condannato per magia: Martino chiese clemenza per lui e ottenne che i suoi discepoli non venissero perseguiti, il che lo rese sospetto di eresia; nonostante ciò, godette di grande influenza e fu ricevuto dagli stessi imperatori.
Nel 397 fu richiesta la sua presenza per riconciliare i chierici a Candes-sur-Loire; nonostante l’età avanzata, decise di andare. Il suo intervento fu coronato da successo ma, esausto, morì il giorno successivo, l’8 novembre. Le sue spoglie furono trafugate dai Poitevin e dai Tourangeaux, che le riportarono nella loro città e le seppellirono l’11 novembre nel cimitero cristiano fuori città.
Secondo Gregorio di Tours, nel 437 il vescovo Brice fece costruire un edificio in legno per ospitare la tomba e il mantello di Martino (da cui deriva la parola “cappella”). Il vescovo Perpetuus fece costruire al suo posto la prima basilica di San Martino per ospitare la tomba, che fu dedicata il 4 luglio 470 e divenne un popolare luogo di pellegrinaggio.
Tradizione in Valle d’Aosta
San Martino è molto popolare in Valle d’Aosta, dove, secondo la tradizione, sarebbe passato almeno una volta. Le memorie storiche e leggendarie di San Martino sono state esaurientemente raccolte in un interessante volume pubblicato nel 1977, in occasione del XVI centenario della sua morte, quando in Francia furono organizzate grandi celebrazioni sotto l’egida di un Comitato per la Commemorazione delle Origini per questo anniversario e per il XV centenario del battesimo di Clodoveo.
Intitolata “Saint Martin et la Vallée d’Aoste”, questa notevole opera comprende tre saggi. Il primo, scritto dal compianto Lin Colliard, tratta del culto del santo, della liturgia della sua festa secondo l’antico rito della diocesi e della sua iconografia nella nostra regione. Il secondo, scritto da Marie-Rose Colliard, esamina i patronati del santo (tra cui le parrocchie di Antagnod, Arnad, Diémoz, Pontey, Torgnon, Verrayes e Corléans) e passa in rassegna le tradizioni popolari che lo circondano (tra cui la leggenda del “Ponte del Diavolo” e il carnevale di Pont-Saint-Martin).
Il terzo, scritto dalla stessa presidente del “Circolo”, Maria Grazia Vacchina, è un’evocazione autobiografica della vita comunitaria della parrocchia di Saint-Martin-de-Corléans negli anni Cinquanta e della storia della sua chiesa. Nell’ambito delle celebrazioni del XV centenario, la professoressa Vacchina è stata anche invitata a presentare una relazione su “Il culto di San Martino in Valle d’Aosta” al colloquio universitario “Le partage du manteau et le rayonnement martinien”, tenutosi a Tours nell’ottobre 1977.
Una splendida serata
I soci del “Circolo della Stampa” si sono ritrovati alle 17 nella chiesa di Saint-Martin-de-Corléans; accolti dal parroco, l ‘abbé Nicola Corigliano, hanno visitato l’antico edificio di origine medievale.
L’architetto Cristina De La Pierre, già sovrintendente ai Beni culturali della Regione, ha tracciato una breve storia della parrocchia, dalla prima menzione della chiesa in una bolla papale del 1176 alla sua ricostituzione come chiesa parrocchiale nel 1957; ha inoltre descritto dettagliatamente le opere d’arte che decorano la chiesa, sottolineando gli arredi liturgici aggiunti di recente dopo la conversione al rito ortodosso.
La professoressa Vacchina, che ha vissuto nel quartiere da bambina, ha poi rievocato i suoi ricordi, sottolineando il clima di solidarietà e inclusione che caratterizzava il quartiere all’epoca. I membri del Circolo si sono poi recati a Sarre, al Camping International Touring d’Arensod, per un “apericena sinoiro” che ha concluso la serata in allegra e felice compagnia.
Questo articolo è stato pubblicato in lingua francese da Il Corriere della Valle, che ringraziamo.
LEGGI ANCHE: Una nevicata miracolosa: l’oratorio della Madonna della Neve a Forno Valstrona