Anna Maria Colombo ci accompagna con delicatezza e attenzione alla scoperta della cuffia a ventaglio di Pragelato, e del Museo del Costume
Il Museo del Costume e delle Tradizioni delle Genti Alpine di Pragelato, comune in provincia di Torino, non lontano dalla più nota località sciistica di Sestriere, ha sede in una grande e tipica baita situata nella frazione denominata Rivet.
Gli oggetti, la cui raccolta iniziò negli anni 1997-1998, furono dapprima esposti in un’antica abitazione a ridosso della chiesa parrocchiale, ma il loro crescere – grazie soprattutto alle donazioni dei pragelatesi – rese ben presto necessaria una sede più ampia.
Acquistato e restaurato l’immobile a spese dell’amministrazione comunale, il nuovo museo veniva inaugurato nel dicembre del 2002. Mantenuta l’originaria coesistenza di ambienti domestici e di lavoro (stalla, fienile), l’esposizione si compone dei loro arredi e utensili nonché di manichini con il costume tradizionale.

La meridiana sulla facciata
Sulla superficie grigia e rugosa della baita-museo spicca la strana forma contornata di rosso di una meridiana figurata: in un paesaggio innevato, in una giornata luminosa, una donna che vediamo di spalle, vestita dell’abito tradizionale, incontra un ragazzino che provenendo dalle baite in lontananza è giunto fin lì sciando. Sulla sciarpa che porta al collo, quasi fosse un cartiglio, leggiamo una scritta.
È in pradzalenc, il dialetto occitano di Pragelato, e significa è l’ora di stimarsi, ma anche di amarsi, dunque un’espressione che richiama al perenne valore del bene e della comunanza fra le genti. Commissionata in occasione delle Olimpiadi del 2006, la meridiana che rallegra la facciata del museo e attrae il visitatore è opera della pittrice Rita Conti residente in valle, ad Usseaux.
Da notare: gli sci ai piedi del ragazzino sono veri e adattati così da divenire lo gnomone che per mezzo della propria ombra segna l’ora. Resta da svelare quale sia l’insolita forma che incornicia la scenetta: è la sagoma della toque, nome proprio della cuffia che vediamo coprire la nuca della donna.
Estella e il padre giungono a Pragelato
Nell’insieme del costume tradizionale femminile di Pragelato la toque costituisce l’elemento più caratteristico. La sua peculiare forma è perfettamente riprodotta nelle tavole di Estella Canziani (1887-1964), pittrice e scrittrice italo-britannica alla scoperta nel 1912 della montagna piemontese e della sua cultura materiale e immateriale ossia, musiche, canti e leggende. Le tavole, dipinte usando la tempera, avevano lo scopo d’illustrare il diario di viaggio che andava scrivendo.
Destinato al pubblico inglese, verrà poi tradotto e edito in Italia nel 1917 con il titolo Piemonte. Nel percorrere la montagna, la giovane viaggiatrice era accompagnata da suo padre Enrico, di professione ingegnere, che l’assisteva nella ricerca sul campo, nella scelta dei soggetti da raffigurare e nella redazione dei testi. Come allora apparisse a figlia e padre il paesaggio e il villaggio di Pragelato, “nella sua strada maggiore” , lo mostrano le tavole seguenti.


Atmosfere alla Rembrandt
Nella pittura della Canziani, l’accurata descrizione del modo di vestire si accompagna alla scelta di un soggetto interessante in quanto capace di cogliere la persona nello svolgersi di una attività o uso del luogo.
Detto altrimenti, le tavole in cui compaiono i costumi tradizionali appartengono alla pittura di genere, la cui scuola più famosa fu quella olandese del XVII secolo. In visita ad una famiglia del posto, l’autrice scrive: “… per una porta bassa attraverso la stalla ci trovammo nella cucina. Un’ampia stanza con i muri bianchi intonacati ma anneriti dal tempo; una credenza di legno; delle corde di cipolla pendenti dalle travi e un focolare di pietra con sopra una pentola di brodo a bollire. Vi erano anche le caldaie di rame pel bucato, e appesi ai muri mestoli e ramaioli in quantità. Vedemmo anche delle casse di legno rozzamente intagliate. La madre ci pregò di sedere alla lunga e ruvida tavola, in attesa del marito, intanto ch’essa mescolava il brodo e accudiva all’altre faccende. Il marito arrivò e tosto tolse fuori il suo violino e sedette con noi attorno alla tavola. Che magnifico soggetto sarebbe stato per Rembrandt quella cucina e il violinista e la madre e la figlia che attentamente lo stavano a sentire.”
Rembrandt (1606-1699), il grande maestro olandese, dipinse scene di vita quotidiana con persone di cui comprendiamo i sentimenti.
In penitenza


La Canziani dovette essere colpita dal decorativismo dell’abito indossato dalle donne e dalle bambine pragelatesi, a giudicare dal numero di tavole che vi dedicò, di gran lunga superiore a quello che ebbero le altre comunità alpine da lei visitate.
Le scene descritte sono varie ma quella che più interessa, in quanto la raffigurazione ravvicinata consente di cogliere i dettagli del costume, è intitolata In penitenza: vediamo una bambina forse troppo vivace che, sollevata da terra e fatta sedere sul davanzale della finestra, è con dolcezza ammonita dalla madre. I loro visi ritratti di profilo, quasi si sfiorano.

Ritagli d’antichi paramenti sacri e fogli d’archivio
Annota l’autrice: “Tutte poi le donne, vecchie o giovani, portano una cuffia, con dei ricami, dei nastri, dei merletti ingegnosamente disposti sulla fronte, e dispiegantesi all’indietro, a guisa di ventaglio aperto…Fino all’età di dodici anni o quindici anni le fanciulle portano delle berrettine aggiustate sul capo, con delle fettucce di colori vivi, sulla nuca, nella foggia ritratta nella Tav. XII.
La cuffia a ventaglio è data loro quando sono cresciute ed esse si mostrano molto orgogliose di averla.” Per la confezione della toque sovente si utilizzavano ritagli di tessuti di seta operata provenienti da antichi paramenti sacri non più in uso. Invece per la struttura di sostegno, dovendo ricorrere a materiali reperibili in loco, a dimostrarsi particolarmente adatti furono i vecchi e spessi fogli manoscritti, carte dell’archivio parrocchiale o lettere famigliari non più d’attualità.


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