Le intense precipitazioni registrate nei due fine settimana passati hanno generato, oltre a disagi diffusi e problematiche varie, rilevanti accumuli di neve e acqua su tutto l’arco delle Alpi. A renderlo noto è il monitoraggio che la Fondazione CIMA effettua regolarmente sul cosiddetto Snow Water Equivalent, ovverosia l’acqua contenuta nella neve e dunque disponibile per i mesi primaverili ed estivi.
Buoni accumuli di neve e acqua sulle Alpi
Stando alle analisi della Fondazione CIMA, nel mese di febbraio scorso il territorio delle Alpi risentiva di un deficit di SWE pari al -67%. Alla data dello scorso venerdì 8 marzo, invece, esso si attestava al -21%, un significativo recupero tuttavia ancora indice di una persistente scarsità di neve rispetto all’ultimo decennio.
La situazione nel Nord dell’Italia pare comunque migliore sia rispetto alla situazione degli Appennini (-78%) sia rispetto alla situazione nazionale (-29%). Questo grazie alle abbondanti precipitazioni hanno interessato la zona settentrionale della Penisola, lasciando invece le regioni centro-meridionali praticamente prive copertura nevosa a eccezione delle quote più alte.
Lo stato dei fiumi alpini
La buona notizia dal punto di vista delle risorse idriche comunicata da Fondazione CIMA si allarga anche per ciò che concerne i fiumi alpini.
Più nel dettaglio, il deficit del Po è al momento sceso dal -43% del mese di gennaio a un più moderato -11%; il tutto assestandosi, come spiegato dal ricercatore Francesco Avanzi, “alla normale variabilità interannuale della stagione”. Si tratta di un dato significativo da considerare poiché esso rappresenta il più importante bacino idrico nevoso italiano.
La carenza idrica è forse scongiurata?
Eppure, nonostante gli accumuli di neve e acqua siano nettamente migliorati sul territorio delle Alpi, la carenza idrica è ancora una minaccia seria e concreta per le stagioni calde a venire.
Come spiegato da Avanzi, difatti, il mese di febbraio è stato caratterizzato da una persistente umidità ma anche da temperature spesse volte sopra la media del periodo, “che nel Nord Italia hanno raggiunto picchi sino a +3,5 gradi rispetto all’ultimo decennio”. Ciò implica inevitabilmente che anche tutta la neve che è stata in grado di accumularsi sulle cime o all’interno dei fiumi italiani potrebbe essere soggetta a uno scioglimento o a una evaporazione precoci.
“Con l’arrivo della primavera, entriamo in un periodo di transizione durante il quale potrebbero verificarsi nuove nevicate, tanto che storicamente il picco di stock tende a verificarsi tra l’inizio e la metà del mese di marzo – chiarifica ancora l’esperto di Fondazione CIMA -. È necessario continuare a monitorare la situazione con attenzione, anche perché sappiamo che la siccità è un fenomeno lento a svilupparsi nel tempo e le condizioni locali non sono sempre rappresentative del resto del Paese”.