Sulla frana a Saint-André, nella Maurienne, che il 27 agosto 2023 ha interrotto la circolazione dei treni sulla ferrovia italo-francese de Fréjus, i lavori sono stati impegnativi e acrobatici, per la parete quasi verticale e per la complessità del contesto.
Nel prossimo dicembre dovrebbero essere conclusi, e l’attività finora svolta dal Dipartimento della Savoia passerà a SNCF-Réseau (l’equivalente di RFI in Italia). Dovrà levare i detriti dal tetto della galleria (inizialmente con pale meccaniche guidate da remoto), ripristinare la linea e i mezzi di segnalazione, e i binari. La circolazione potrebbe riprendere forse a marzo (che è l’obiettivo di SNCF-Réseau). Saranno dunque in totale circa 19 mesi di interruzione.
L’insieme delle informazioni è stato fornito in una visita di cantiere rivolta ai media, a cui Nos Alpes ha partecipato, venerdì 25 ottobre 2025. Un incontro con i responsabili tecnici e politici ha preceduto l’escursione di circa un’ora per salire in cima alla parete per osservare i lavori.
Una visita del cantiere
Il cantiere che abbiamo visto è senz’altro particolare: per la dimensione acrobatica, le soluzioni tecniche individuate, la qualità del personale impiegato, il livello di organizzazione.
La parete è quasi verticale, e l’unica soluzione è stata di lavorare con operatori acrobatici, “cordistes” che, appesi in parete, sono intervenuti dall’alto verso il basso. Sono stati aiutati un “ragno”, fatto salire in parti separate in elicottero e poi rimontato su una cengia, insieme ad altre macchine e strumenti. Oltre 15 persone in contemporanea hanno lavorato in parete nelle ore di luce, 7 giorni su 7, ma in alcuni casi si è arrivati a 27 operatori, su un fronte largo di 250 metri. Di più non ce ne stavano. Anche passando in autostrada, alla fine della visita, e guardando in alto, si notavano in opera.
Dopo le prime esplosioni a settembre 2023 per far scaricare il materiale ancora in bilico, e la costruzione della pista per giungere sulla vetta, è iniziata un’opera di pulizia della parete per singoli punti e caso per caso, spostando massi e parti instabili.
Grandi esplosioni non erano possibili senza mettere a rischio l’autostrada. In totale, la frana è stata di circa 15 mila metri cubi, i materiali distaccato con le opere riguardano altri 10-15 mila metri cubi.
Il lavoro ha comportato una logistica degli approvvigionamenti, dal cemento all’acqua, alle reti che posate in ultimo, su tre spazi di drop off, alla base, in vetta e a mezza costa. Nelle stagioni più fredde l’ostacolo era lo scivolamento, d’estate le correnti ascensionali che facevano risalire le polveri del materiale in discesa, fino a oscurare la vista nel cantiere. Il vento ha richiesto competenze avanzate anche nella guida dell’elicottero di servizio.
Lo sguardo e i modi di chi partecipa a un’opera eccezionale
Nell’insieme, le persone che abbiamo visto e che vi hanno lavorato davano l’impressione di condividere il coordinamento, apprezzavano il partenariato dei soggetti coinvolti – dal dipartimento alle ferrovie alla prefettura, all’impresa incaricata. Anche sul piano amministrativo vi era coscienza di aver realizzato per tempo e correttamente gli atti amministrativi, e di aver trovato l’impresa giusta.
Tutti avevano lo sguardo e i modi di chi sa di partecipare a un lavoro eccezionale. È un clima di orgoglio collettivo che abbiamo osservato anche a Cogne, alla riapertura della strada di accesso distrutta dalle inondazioni, a fine luglio scorso, e che si sono intraviste anche dopo la ricostruzione del ponte Morandi, a Genova.
Il lavoro sulla parete di Saint-André sarà da ricordare, è una storia che va scritta in un libro, ha suggerito Hervé Gaymard, presidente del Dipartimento della Savoia, a margine delle presentazioni.
Oltre ai giornalisti, e oltre al presidente Hervé Gaymard e al vicepresidente in carico per i lavori pubblici e le strade, Olivier Thevenet, vi erano membri del Consiglio dipartimentale della Savoia, i sindaci di Modane, Jean-Claude Raffin e di Saint-Jean-de-Maurienne, Philippe Rollet, con Nathalie Varnier assessore comunale ai grandi cantieri e dell’ambiente, il senatore Cédric Vial, la sottoprefetta Karima Hunault, la responsabile per SNCF Réseau, Cathérine Salin, il direttore generale della Société française du tunnel routier du Fréjus (SFTRF), Alain Chabert, la vicedirettrice generale del polo lavori pubblici del Dipartimento Eva Aliacar, il co-gestore dell’impresa CITEM incaricata dei lavori ed Emmanuel Pusset, e vari altri.
L’ostacolo imprevisto
Gli operatori acrobatici, i cordistes, mentre lavoravano sulla prima parte della parete, inserendo nella roccia dei supporti di lunghezza tra i 7 e i 12 metri portati in elicottero per ancorare la parete, si sono accorti che in alcuni punti incontravano del vuoto.
Si è così scoperta una nuova fessura interna, che ha comportato un nuovo prolungato intervento di rimozione di materiali e di realizzazione di nuovi ancoraggi, e l’annuncio del ritardo nella consegna dei lavori, di cui avevamo dato notizia il 1° agosto scorso.
Nell’incontro del 25 ottobre sul cantiere, è stato però confermato che allo stato attuale non dovrebbero esserci più soprese e che, salvo meteo avversa, la consegna della parete in sicurezza dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno. Abbiamo visto, infatti, nel punto-base a mezza costa, le griglie già posate e i cordistes appesi che lavorano sulla sistemazione degli ancoraggi e delle reti in una zona centrale. L’impressione visiva è che i lavori siano in conclusione in qualche settimana.
Cosa ricordare dell’incontro sulla frana della ferrovia del Fréjus
Oltre al carattere speciale del cantiere e alla sua dimensione acrobatica, vanno ricordati alcuni elementi di contorno che sono poi centrali nel collegamento transfrontaliero.
La percezione sull’importo dei lavori è diversa tra Italia e Francia. Inizialmente stimato in 6,5 milioni di euro e ora valutato intorno ai 13 milioni, anche per l’imprevisto incontrato, alla stampa locale e alle autorità francesi l’importo pare considerevole, per quanto necessario, secondo l’espressione del presidente Gaymard.
La spesa si divide per una quota minore in carico alla società dell’autostrada e del traforo del Fréjus (SFTRF) e per il restante in parti uguali tra SNCF-Réseau e Dipartimento della Savoia.
Il versante italiano confronta questi importi con il danno arrecato dalla chiusura. Una sola delle imprese di trasporto ferroviario, a margine dell’incontro di Torino sui trasporti dell’11 ottobre, ha indicato proprie perdite per 5 milioni di euro a causa di questa chiusura e tracciati più lunghi per 700 chilometri.
I due Paesi e i loro scambi commerciali patiscono anche del blocco autunnale per tre mesi del traforo del Monte Bianco e di altri ostacoli, dal tunnel di Tenda chiuso da anni al mancato ammodernamento della linea ferroviaria costiera.
Infine, il blocco ha indotto maggiori emissioni CO2. I collegamenti transalpini italo-francesi sono ancora troppo su gomma rispetto a quelli italo-svizzeri e italo-austriaci e una delle due ferrovie sulle Alpi occidentali è chiusa da 15 mesi. Sul versante francese le imprese che hanno patito la chiusura hanno potuto beneficiare di indennizzi che invece in Italia non si sono visti. Sarebbero elevati, se gli importi sono quelli indicati dall’impresa italiana di trasporto su ferro.
I punti ancora aperti
La realizzazione di un bypass, cioè di un tratto di linea ferrata di uno o due chilometri per ovviare al tratto interrotto non è parsa possibile, a quanto abbiamo inteso: la zona è particolarmente stretta, sull’altro versante vi sono instabilità, in mezzo manca lo spazio, già occupato dall’autostrada.
Altri punti della linea ferroviaria storica del Fréjus presentano instabilità, ma quello di Saint-André era da anni considerato il più pericoloso. Quando i sensori installati hanno mostrato il movimento franoso, la circolazione stradale e ferroviaria è stata interrotta. In altri punti del percorso sono presenti altri sensori, che assicurano il monitoraggio delle pareti. In generale, ciò significa che la linea ferroviaria storica è tendenzialmente esposta a rischi di nuove interruzioni, per quanto per ora non destino preoccupazione, non siano imminenti o prevedibili.
Dopo il completamento dell’alta velocità Torino-Lione, la linea ferroviaria storica del Fréjus sarà mantenuta, sia come back up, per lavori o interruzioni sulla tratta principale, sia per il trasporto locale e regionale. Si immagina un futuro con interventi preventivi di stabilizzazione, sempre che se ne trovino i fondi, già richiesti sul versante francese per ammodernare la tratta da Lione a Saint-Jean-de Maurienne.
Francia e Italia più attente ai collegamenti alpini
Con l’insediamento del governo di Michel Barnier, vi sono stati segnali positivi su ltema trasporto. L’ambasciatore francese in Italia, Martin Briens ha letto (da remoto) al riguardo un messaggio nel corso di una riunione di parte italiana che si è tenuta a Torino l’11 ottobre alla presenza del ministro degli esteri Antonio Tajani, rappresentanti regionali e locali e degli operatori. Una ulteriore conferma di buona volontà è venuta dallo scambio informale sempre con il ministro degli esteri Antonio Tajani nel corso della visita di Michel Barnier a Mentone e al posto di polizia congiunto italo-francese di Ventimiglia il 17 ottobre scorso.
Nell’insieme, i due paesi hanno cercato di dialogare sul tema del Fréjus. L’avanzamento dei lavori sulla parete franata nella Maurienne erano stati presentati a margine di una recente riunione della conferenza intergovernativa della Torino-Lione (CIG), il 26 giugno scorso, presente Paolo Foietta, commissario dell’osservatorio italiano sulla Torino-Lione.
A risposta concreta di un’interrogazione di Pierfrancesco Maran, parlamentare europeo del Partito democratico, il dipartimento della Savoia con il supporto della co-presidente francese della CIG, Josiane Beaud, lo ha ospitato nello stesso pomeriggio del 25 ottobre, per una seconda visita di cantiere, dopo quella con la stampa. Maran era accompagnato con alcuni membri del Consiglio regionale del Piemonte, tra cui abbiamo notato Gianna Pentenero, Daniele Valle e Nadia Conticelli. Dall’elicottero che è partito poco dopo le spiegazioni, la delegazione ha potuto osservare sul fianco della parete l’avanzamento dei lavori.
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