La rivista L’Alpe, edita da Glénat, con il numero 111 racconta la storia, la cultura, i paesaggi e la gente della Valle d’Aosta.
Ogni volta che la rivista dedica un intero numero a una regione alpina, i lettori vivono un’esperienza di scoperta unica. Grazie alla qualità degli autori degli articoli, il lettore si immerge rapidamente nel cuore della Valle d’Aosta. Una regione la cui importanza storico-strategica è accompagnata da paesaggi imponenti.
Mentre leggiamo la rivista, cogliamo l’occasione per sottolineare ancora una volta la storia e la cultura della Valle d’Aosta.
Iniziamo con l’Aosta romana

Un ottimo articolo di Maria Cristina Ronc, archeologa e museografa, approfondisce la planimetria della città romana di Augusta Praetoria, origine della città di Aosta. Vengono spiegati nel dettaglio gli assi maggiori del Cardo Maximus e del Decumano Maximus, le porte, le antiche mura, il teatro, il foro e le terme.
Così come l’Arco di Augusto segna l’ingresso della città romana dalla strada per Ivrea, questo articolo ci riporta in questa storia lunga 2050 anni. I lettori non mancheranno di ascoltare il richiamo del Museo archeologico regionale – inaugurato nel 2004 e ristrutturato nel 2010 – per approfondire le loro conoscenze scoprendo le sue ricche collezioni.

Proseguendo con la Valle d’Aosta medievale
Ma la storia della Valle d’Aosta non si ferma all’antichità. Il Medioevo ha lasciato una serie di tracce ancora molto ben conservate. L’articolo di Guido Castelnuovo, professore di storia medievale, descrive brillantemente la storia della Valle d’Aosta e i suoi legami con Casa Savoia.
L’importanza strategica della Valle d’Aosta emerge chiaramente dall’elenco delle potenze che cercarono di assicurarsene il dominio: il regno dei Franchi, il regno di Borgogna e infine i conti e i duchi di Savoia. Viene naturalmente evidenziato il ruolo degli Challant, fedeli custodi di una valle che i Savoia sapevano ben custodire.
Il Medioevo ha visto la costruzione di molti castelli che testimoniano questo passato. Il Château d’Issogne offre un vero e proprio spaccato della vita al tempo dei signori, grazie ai suoi numerosi affreschi ben conservati. L’edificio è una testimonianza del successo e del potere dei conti di Challant, ed è in quest’ottica che è stato trasformato e decorato a partire dal XVI secolo.


Poi l’avvento del turismo
In tempi più recenti, a partire dalla metà del XVIII secolo, illustri visitatori hanno viaggiato e descritto la bellezza della Valle d’Aosta. Il romanticismo e la sua ricerca di paesaggi aspri, uniti alla consuetudine dei grand tour in Europa, finirono per attirare in Valle studiosi, artisti e scrittori.
L’alpinismo si sviluppò come sport virtuoso, grazie allo sforzo e all’autotrascendenza che richiedeva. Si sviluppano i mezzi di trasporto, si costruiscono alberghi e le cure termali attirano i frequentatori delle terme… Il XIX secolo segna la consacrazione della Valle d’Aosta come regione turistica da non perdere. L’arrivo del treno ad Aosta nel 1886 accelerò questa tendenza.
Il XX secolo ha visto un turismo diverso svilupparsi intorno all’industria dello sci e agli impianti di risalita che hanno portato nuove infrastrutture in montagna. L’articolo di Marco Cuaz, docente di storia moderna all’Università della Valle d’Aosta, ripercorre brillantemente questa epopea.
La montagna onnipresente
Non si può parlare della Valle d’Aosta senza parlare delle montagne! Circondata su tre lati dai 4000 metri più alti dell’intera catena alpina, gli amanti delle vette e dei ghiacciai vengono qui in pellegrinaggio da quando è nata l’industria del turismo.
Ma la rivista L’Alpe è interessata anche a ciò che accade dietro le quinte della montagna.
L’articolo di Michele Freppaz, professore e ricercatore di scienze del suolo e della neve presso l’Università del Piemonte, si concentra sullo scienziato Umberto Monterin. Questo naturalista di Gressoney-La-Trinité divenne una figura di spicco tra i glaciologi e i meteorologi di montagna nella prima metà del XX secolo.
Il suo territorio preferito: il Monte Rosa, naturalmente! Un gigante di ghiaccio ai piedi del quale è nato e del quale è diventato la sentinella come direttore dei Royal Mount Rose Geophysical Observatories. Nel corso della sua carriera, ha raccolto più di 400.000 osservazioni meteorologiche. Un record per le Alpi.
Gran Paradiso

Un altro gigante di roccia e ghiaccio è il Gran Paradiso, a sud della Valle. Romain Sokolow, della redazione della rivista L’Alpe, dà uno sguardo all’ambiente naturale del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Il più antico parco nazionale italiano, che ha più di cento anni, è stato creato dal territorio originariamente definito per proteggere lo stambecco, riservando la caccia all’allora re di Sardegna.
Vittorio Emanuele III donò l’area allo Stato italiano a causa del suo disinteresse per la caccia e dell’indebolimento delle finanze del Regno. Così è nato il Parco. È un rifugio per la fauna selvatica, compreso il lupo recentemente reintrodotto, ma è anche un’area a rischio a causa dei cambiamenti climatici e della pressione turistica. La conservazione di questa magnifica area naturale richiede una continua ricerca di un sottile equilibrio tra tutte le parti interessate.
Gli uomini e le donne delle montagne valdostane
Françoise Rigat, figura di spicco della mediazione tra patrimonio e montagna in Valle d’Aosta e docente di linguistica francese presso l’Università della Valle d’Aosta, ha scelto di intervistare le guide alpine. Sulle orme delle grandi guide che hanno aperto vie sul Monte Bianco e sul Cervino, scopriamo a Courmayeur la carriera di Anna Torretta, una delle sei guide donne della Valle. A Valtournenche incontriamo Paolo Papone, sacerdote e guida onoraria, vincitore del Cervino per quattordici volte, e François Cazzanelli, che divenne guida a soli 22 anni e scalò il Cervino per la prima volta a soli 13 anni!
Personaggi forti, ognuno a modo suo, che la montagna ha riunito in questo articolo.

Non è una guida, ma ha la montagna, e soprattutto la Val d’Ayas, scritta addosso. Il romanziere di fama mondiale Paolo Cognetti, autore di Il ragazzo selvatico, La felicità del lupo e Le otto montagne, ha dato alle montagne la loro dimensione spirituale. Cognetti è nato a Milano, ma è un valdostano nel cuore. Ama la montagna, che ha scoperto da bambino in una casa di vacanza fatiscente nel cuore della natura. Racconta la sua storia nelle pagine de L’Alpe, e si possono leggere anche alcune pagine di Le Garçon Sauvage.
Infine, dopo la parola scritta, ci vogliono le immagini. Ed è un fotografo, Stefano Torrione, a condividere la sua passione e la sua specialità: fotografare le feste in maschera sulle Alpi. Ci porta un mondo colorato, festoso e gioioso.
Le tante culture che compongono la cultura valdostana
Percorrendo le valli valdostane, non sarà sfuggito a nessuno che la regione è ufficialmente bilingue. Il francese è riconosciuto come lingua ufficiale. Ciò sembra abbastanza naturale, dato che la lingua ha sostituito il latino nei documenti ufficiali della Valle fin dall’editto del duca di Savoia Emmanuel Philibert del 1561.
Per molto tempo, il francese è rimasto la lingua parlata dagli abitanti della Valle d’Aosta, accanto a un popolare franco-provenzale. Con la nascita del Regno d’Italia e lo sviluppo dell’italiano a tutti i livelli delle istituzioni, l’uso del francese ha inizialmente resistito, per poi cedere gradualmente il posto come prima lingua parlata.
Oggi, il quadro permette di preservare la coesistenza delle due lingue, un’evidente ricchezza culturale per la regione. Marco Cuaz, storico dell’Università della Valle d’Aosta, ci racconta questa storia nel suo articolo.
Ma se il francese e il franco-provenzale si sono affermati naturalmente in questi territori dominati dai Savoia, originari della Maurienne e la cui capitale è stata a lungo Chambéry, nelle alte valli ai piedi del Monte Rosa convive un’altra comunità linguistica: il dialetto germanico parlato dai Walser.
Il dialetto germanico parlato dai Walser

Oggi la comunità walser è viva e vegeta, orgogliosa delle sue origini germaniche, di cui il dialetto è la bandiera più fedele, ma anche delle sue tradizioni culturali, del suo patrimonio architettonico e delle sue feste. Specializzati nell’agricoltura d’alta quota, i Walser si sono insediati nelle alte valli che collegano il Vallese di lingua tedesca quando, intorno al XIII-XIV secolo, il clima ha raggiunto un optimum, aprendo i passi precedentemente coperti di ghiaccio. Per saperne di più, leggete l’ottimo articolo di Alessandro Celi, vero esperto di storia e tradizioni valdostane.
Piccola regione italiana nascosta in un minuscolo settore delle Alpi, la Vallée d’Aoste ha un patrimonio sorprendentemente ricco. La sua storia, i suoi costumi e i suoi paesaggi si sono conservati nel tempo. Oggi offre ai visitatori l’immenso privilegio di scoprire una cultura alpina che ha saputo accogliere il turismo senza lasciarsi trasformare.
È questa autenticità che i turisti più esigenti riconoscono e apprezzano in ogni angolo della Valle. Il solo fatto di comparire sulla prima pagina della rivista L’Alpe dimostra che la Valle d’Aosta è una regione di carattere, unica e aperta al mondo moderno, ma soprattutto abitata da persone vere. Perché non venire a visitarla durante la 1026ª edizione della Foire de Saint Ours il 30 e 31 gennaio?
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