Il processo sulla qualità dell’aria a Torino non si farà, ma qualcosa si muove presso la Regione Piemonte. Gli esposti di alcune associazioni ambientaliste, tra cui quella di Torino Respira del 2015, e l’inchiesta preliminare avevano indotto la procura di Torino nell’estate del 2023 a chiedere di aprire un procedimento contro i principali dirigenti politici della città di Torino e della Regione – tra cui gli ex-sindaci Chiara Appendino (Movimento 5 stelle) e Piero Fassino, nonché l’ex-presidente della Regione Sergio Chiamparino (entrambi del partito democratico). Avrebbero omesso le iniziative utili alla riduzione degli effetti negativi della qualità dell’aria in Torino e in altre località del Piemonte. Il 4 luglio scorso, il tribunale ha tuttavia stabilito che il “fatto non sussiste”.
Un piano rinnovato per la qualità dell’aria in Piemonte
Il Consiglio regionale del Piemonte si riunirà il 22 luglio prossimo per la prima volta dopo le elezioni del 8 e 9 giugno. Tuttavia, già venerdì 12 luglio il governo di destra di Alberto Cirio, riconfermato presidente, adotterà diverse misure proprio riguardo al miglioramento della qualità dell’aria della regione, con risorse finanziarie e l’attribuzione di più forti responsabilità in capo ai comuni, e quindi anche a Torino.
Si tratta di un centinaio di operazioni e di circa 400 milioni di euro – tra fondi europei, nazionali e risorse proprie – per ridurre le emissioni di polveri e inquinanti.
Alcune misure sono in parte già in corso e altre saranno inserite nell’aggiornamento del Piano regionale per la qualità dell’aria (che corrisponde al Plan de protection de l’atmosphère (PPA) in uso nei territori francesi).
Il Piano è lo strumento che in Italia come negli altri Paesi membri è utilizzato per migliorare la qualità dell’aria, secondo quanto stabilito nel quadro dell’Unione europea dai Paesi membri e dal parlamento europeo sin dagli anni 80 attraverso varie direttive (la prima fu la n. 80/779/EEC) e atti regolamentari.
Interventi sulla parte pubblica per la qualità dell’aria in Piemonte
Le misure che saranno aggiornate dalla Regione Piemonte venerdì prossimo coprono vari campi, dalla mobilità all’energia. L’idea del piano è anzitutto intervenire con misure dirette sulle emissioni di responsabilità del sistema regionale e comunale, tra cui il trasporto pubblico, oppure gli edifici scolastici e i municipi: con meno obblighi nei confronti della popolazione, almeno da parte regionale.
Un segmento aggiornato del piano è già in vigore per le produzioni agricole, per esempio sulla riduzione delle emissioni da ammoniaca e da allevamento, oppure con la sostituzione e l’ammodernamento degli impianti di riscaldamento a legna, come avviene per esempio da qualche anno in Alta Savoia.
Nelle misure sono previsti anche operazioni di forestazione urbana, come nelle città francesi o tedesche, con lo scopo di abbassare la temperatura in alcune aree e creare delle isole di protezione per gli abitanti.
Va infine notato che l’assessore in carico del piano, Matteo Marnati, è già di un’altra e nuova generazione, per esempio, rispetto al ministro nazionale dell’Ambiente, il torinese Gilberto Pichetto, più tradizionale sui temi dell’ecologia. Ha una storia professionale legata all’innovazione e al digitale ed è orientato in un modo tecnico alla transizione anche ambientale, proprio nell’appartenenza all’area di destra.
Torino industriale a scapito dell’ambiente
Torino e il nord Italia vengono da una cultura delle politiche pubbliche che hanno vissuto le infrazioni europee e i vincoli in materia di inquinamento più come un fastidio e un ostacolo alla produzione economica che come una iniziativa da sviluppare, sulla scia della propria tradizione industriale.
Se il piano regionale presenta annunci di interesse, la situazione specifica dei centri urbani più grandi rimane problematica. Per esempio Torino dispone di corridoi di transito che consentono ai veicoli più inquinanti di muoversi una ampia maglia di strade, quasi fino al centro più antico della città.
Dopo molti annunci sin dal 2017, solo nel 2021 sono entrati in funzione i primi 4 bus elettrici a Torino, sebbene la progressiva sostituzione dei vecchi mezzi euro 2 abbia negli anni ridotto le emissioni del trasporto pubblico. L’elettrificazione del parco automobilistico privato è in ritardo in tutta Italia, il 3,9% rispetto al 19% della Francia. Le stesse emissioni inquinanti da riscaldamento, un tema centrale in tutta Europa, ha avuto la grande spinta in Italia dagli incentivi del cosiddetto 110%, che è parso però nel breve termine più un aiuto all’edilizia che un efficace strumento sul piano delle emissioni. Il nuovo Piano regionale offre misure più focalizzate.
Rispetto agli anni precedenti, la Regione Piemonte ha sottolineato i miglioramenti della qualità dell’aria in varie città, almeno dal 2023, con i rapporti forniti annualmente dall’ARPA, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.
Le infrazioni europee
Tuttavia, come abbiamo anche noi scritto, i rilevamenti a Torino continuano a mostrare superamenti delle soglie massime ammissibili per i PM10. Alla centralina Grassi di via Paolo Veronese, nel 2022, vi erano stati 98 giorni di sforamento del limite di 50 mcg/mc di PM10 (che ora è stato collocato dalle norme a soglie più basse) rispetto al massimale dei 35 giorni previsti dalle normative europee. Nel 2023, le giornate di sforamento sarebbero state 66, in calo ma ancora alte.
L’Italia è esposta a tre procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea per l’insufficiente applicazione delle direttive sulla qualità dell’aria.
La prima riguarda i PM10, su cui la Corte di giustizia europea già nel 2020 si è espressa con una sentenza seguita da sanzione pecuniaria. Il 13 marzo 2023, la Commissione europea ha poi constatato un aggravamento di infrazione esistente (con costituzione in mora ex art 260 TFUE (1) 2014/2147) sulla direttiva 2008/50/CE per la qualità dell’aria, visto che 26 zone in Italia, compreso il Piemonte, avevano superato i limiti di legge nel 2022.
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