Dopo le elezioni europee e il periodo di “sostituzione” del vicepresidente Alessandro Piana prevista dalla norme regionali in caso di impossibilità temporanea, per il Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti si profila, forse con le dimissioni, la cessazione dalla carica e a seguire lo scioglimento del Consiglio regionale con nuove elezioni.
La vicenda, che ormai dura dall’inizio di maggio, sta mostrando alcuni limiti del sistema istituzionale delle Regioni a statuto ordinario, che vincola l’assemblea legislativa al presidente, con l’obbligo di scioglimento congiunto in caso di suo impedimento (simul stabunt simul cadent).
Oggi, sotto il profilo politico, pare che tutti o gran parte dei soggetti coinvolti, in modo anche non dichiarato, preferirebbero non andare a elezioni, anche sostituendo il presidente Toti con un altro rappresentante alle sue funzioni, da cui l’allungamento dei tempi e le molte incertezze.
Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti non può esercitare le sue funzioni
Dopo varie istanze, oggi, 11 luglio il Tribunale del riesame, l’ultima sede a cui far richiesta, ha stabilito che gli arresti domiciliari del presidente non possono essere revocati, per varie ragioni, tra cui la reiterazione del reato. Il testo della motivazione va oltre, spiegando nel dettaglio il fatto di corruzione. Il punto che segue questa decisione – almeno dal punto di vista istituzionale – è che il presidente non può tornare ad esercitare le sue funzioni, e per una durata ancora indeterminata, considerato che l’inchiesta è tuttora in corso.
Il suo impedimento, tuttavia, non è solo dettato dagli arresti domiciliari, ma anche dall’applicazione della legge detta Severino, che prevede la sospensione dalla carica in caso di arresti e poi in caso di condanna già in primo grado. Vi è un dibattito intenso sulla legge Severino, ma è ancora applicabile. In sostanza, sembrerebbe prevalere la norma della costituzione, l’art.126, secondo cui lo scioglimento del consiglio regionale scatta quando l’impedimento del presidente sia permanente.
Il versante politico
Sotto il profilo pratico, tutte le forze politiche non hanno avuto fretta a proporre lo scioglimento del Consiglio regionale.
Le forze di opposizione, di sinistra e di centro, sono particolarmente deboli e infine anche poco motivate: vi sono state azioni anche visibili di richiesta di dimissioni di Giovanni Toti, ma senza particolare slancio e forza. Durante i consigli regionali che si sono svolti tra maggio e giugno sono giuste richieste di dimissioni, ma il dibattito ha mostrato una forza di maggioranza più solida, confortata anche sul piano nazionale. Le elezioni regionali anticipate potrebbero inoltre confermare la stessa maggioranza di destra, e offrire un risultato deludente per le sinistre, senza un’adeguata preparazione e con una leadership ancora da individuare.
Dalla parte della maggioranza, poi, si è trattato di superare le elezioni europee senza grandi traumi. Poiché il tema ligure è infine diventato un caso nazionale da trattare tra le segreterie politiche delle forze di maggioranza a Roma (segno di debolezza del regionalismo ligure), sono entrati in gioco anche altri fattori, tra cui le stesse elezioni francesi, il negoziato a Bruxelles sulle cariche apicali, e i tempi in cui svolgere le elezioni liguri.
Infatti, vi è a Roma la preoccupazione di non farle realizzare in autunno, per non coinvolgerle nel clima di quelle previste per l’Umbria e l’Emilia-Romagna, che potrebbero anche a Genova spostare almeno in parte l’asse a sinistra. Prendendo tempo, il ragionamento è che anche a Consiglio regionale sciolto, si possano far svolgere le elezioni in Liguria all’inizio del 2025, con un governo regionale che svolge fino ad allora la gestione ordinaria.
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