(4) Un racconto in cinque parti dedicato a Joseph-Samuel Farinet, falsario ed eroe popolare in Vallese e in Valle d’Aosta, nato a Saint-Rhémy (attualmente Saint-Rhémy-en-Bosses), in Valle d’Aosta, nel 1845: uno che non è fatto per stare in gabbia.
– Farinet! Caches-toi! Farinet! Caches-tois! Le grida di alcuni abitanti di Saillon riecheggiano nelle strade del piccolo paese.
All’interno dell’osteria ci sono una decina di persone, e tra loro c’è anche Farinet. Un cliente si alza e sbircia fuori dalla porta.
– Arrivano, Farinet!
Joseph si alza, è in preda all’agitazione, guarda Roland che ha la faccia spaesata, poi si rigira su se stesso ma la porta si spalanca. Quattro gendarmi con le divise rosse e i fucili in mano pronti al fuoco fanno irruzione.
-Stiamo cercando un delinquente! Il suo nome è Samuel Farinet e chiunque lo aiuterà verrà arrestato.
Joseph non vuole causare problemi all’amico e alla gente del Saillon.
– Ce ne avete messo di tempo. Sono io Farinet, Joseph-Samuel Farinet, lieto di fare la vostra conoscenza.
– Siete in arresto! Urla la guardia. Con l’accusa di truffa e fabbricazione di falsa moneta, prendetelo!
A sei mesi dal suo arresto, nella prigione di Martigny, Joseph si sente come un uccello in gabbia. Ha la barba rossiccia incolta, i vestiti ridotti ormai a degli stracci. L’indomani ci sarà la visita dei parenti ma Joseph in tutti quei mesi non ha mai ricevuto nessuno.
– Verrà mia zia a trovarmi, non voglio che mi veda in questo stato. Dice a un gendarme.
Vista la buona condotta gli viene concesso un bagno e una lama per farsi la barba, sotto stretta sorveglianza.
L’indomani si aprono le celle e i detenuti si apprestano a incontrare i parenti.
Dopo una lunga attesa un giovane carcerato si reca da una guardia lamentando l’assenza della sua compagna. È sicuro di averla vista entrare ma dopo la consueta perquisizione, nella stanza apposita, non l’ha più vista uscire.
Le guardie corrono nella stanza e qui trovano la donna, con i polsi legati e la divisa rossa dei gendarmi addosso.
– È stato gentile e chiede scusa a tutti. Aveva degli occhi così belli. Dice la donna come incantata.
Joseph è di nuovo libero e vaga tra le montagne. Con indosso il vestito della signora percorre in una sola notte decine di chilometri fino ad arrivare nelle Gorge del Saillon. La grotta è ancora sicura ma ormai nel Vallese le guardie lo cercano in ogni dove. Scende nel suo laboratorio dove conserva ancora qualche moneta. Raduna i suoi attrezzi e si rimette in viaggio.
Attraversa di nuovo le montagne, e se ormai ovunque si sente insicuro, ricercato e in pericolo, lì, tra le alte vette si sente protetto.
Arriva a Saint-Rhémy a notte fonda e si reca subito a casa di Adélaïde. La porta è socchiusa, la casa sembra disabitata, e lo è. Joseph entra, la cucina è spoglia così come la camera da letto. Al centro della casa, proprio dove aveva visto per l’ultima volta la ragazza c’è il suo violino con l’archetto a fianco. Joseph resta immobile per qualche istante poi si siede a terra, prende lo strumento e inizia a suonare. Suona e piange tutte le sue lacrime.
Alle prime luci dell’alba va a casa dei suoi genitori. La madre nel vedere entrare il suo unico figlio che sapeva latitante lo stringe forte a sé i due si stringono in un lungo abbraccio.
– Joseph! Cosa fai qui? Sei venuto a consegnarti?
– No mamma, sono solo venuto a salutarvi. Dov’è papà?
– Tuo padre è a letto, non sta bene. Per questo non siamo mai venuti a trovarti.
– Non importa, adesso sono qui.
Joseph entra nella camera dei genitori, il padre è sdraiato sul letto, ha lo sguardo perso nel vuoto e l’aspetto provato dalla malattia. L’uomo volta la testa lentamente e appena riconosce il figlio i suoi occhi si illuminano.
– Ho sentito che sei scappato, come hai fatto? Chiede con voce debole.
– È stato semplice, mi sono travestito da donna.
I due scoppiano in una risata di complicità ma un colpo di tosse strozza bruscamente quella del padre.
– Come stai papà?
– Sono rinchiuso in questa camera, sono prigioniero come lo eri tu ma io non posso scappare. Promettimi che non ti consegnerai! Noi Farinet non siamo fatti per stare in gabbia.
– Te lo prometto papà.
La madre sta cucinando la seupa sopra la stufa, Joseph le chiede di Adélaïde.
– Ho fatto la seupa, adesso si mangia. Aiuta tuo padre ad alzarsi, e poi ti dirò dove andare.
Joseph si siede sul letto accanto al padre, l’uomo malato gli mette un braccio intorno al collo e con fatica, ma sorretto dal figlio, si alza.
La famiglia Farinet si riunisce attorno al tavolo con la seupa fumante al centro. Si parlano con gli occhi e, senza saperlo, si godono quello che sarà il loro ultimo pasto insieme.
