Dal 9 al 13 giugno 2025, la terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UNOC 3) si svolge a Nizza, con l’obiettivo di accelerare l’azione per la conservazione e l’uso sostenibile degli ecosistemi marini. L’evento coinvolge 193 Stati membri dell’ONU, una cinquantina di capi di stato e di ministri, e oltre dodicimila delegati, tra cui funzionari, ricercatori, ONG e imprese.
Per la Francia, e in parte per l’Europa, si tratta di uno scenario diplomatico particolare, a mostrare il proseguimento della via del multilateralismo rispetto alla chiusura nazionalistica degli Stati Uniti. Per il benvenuto e gli indirizzi politici, hanno parlato tra gli altri il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente della Regione Sud, Renaud Muselier, e il sindaco di Nizza, Christian Estrosi.
Le sfide
Comunque, il momento non è buono. È segnato da tensioni geopolitiche globali, con le guerre in corso e gli Stati Uniti che non partecipano e annunciano anzi scavi minerari sui fondali dell’oceano.
Inoltre, la crisi climatica produce effetti diretti sugli oceani, mentre gli accordi e le azioni multilaterali di protezione dei mari impiegano anni a mettersi in moto e poi ad essere applicati.
Le sfide riguardano le plastiche, la biodiversità, l’innalzamento delle acque, il ruolo nel trattenimento del CO2, per citarne solo alcuni, che già fanno tremare i polsi.
Ci sono accordi già firmati ancora da ratificare, affinché entrino in vigore, e forme di cooperazione da sviluppare.
Un contesto fragile
Dopo New York nel 2017 e Lisbona nel 2022, la conferenza di Nizza, l’UNOC 3, si presenta come spazio di confronto politico e tecnico, senza l’obiettivo di un accordo vincolante. L’intento è più modesto: rafforzare impegni esistenti e promuovere nuove iniziative.
Durante i panel e i congressi paralleli, come il One Ocean Science Congress dal 3 al 6 giugno, gli scienziati hanno già ribadito il deterioramento dell’ecosistema marino. L’oceano si riscalda e si acidifica, mentre assorbe circa un terzo del CO2 prodotto dalle attività umane.
La biodiversità viene compromessa dalla plastica, dagli scarichi urbani e industriali e dalla pesca eccessiva. Solo il 43% della popolazione mondale dispone di un sistema organizzato di raccolta dei rifiuti solidi. Secondo Marina Lévy, oceanografa, tutti gli indicatori si degradano.
La biodiversità marina in un accordo già approvato
Uno dei principali obiettivi della Conferenza è promuovere la ratifica del Trattato internazionale sulla biodiversità marina nelle acque internazionali (BBNJ), adottato nel 2023 ma ancora non in vigore. Si sperava di raggiungere 60 ratifiche entro il summit, ma si prevede che il numero si fermi tra 45 e 50. Il trattato è considerato una base per la futura Conferenza delle Parti (COP) dedicata alla “high seas“, potenzialmente da organizzare nel 2026.
L’attenzione è alta anche sul tema delle aree marine protette. Come Paese ospitante, e per mostrare un esempio, Francia ha annunciato l’estensione del divieto di attività impattanti, come la pesca al strascico di fondo al 4% delle proprie acque. La misura sarebbe insufficiente secondo diverse associazioni ambientaliste. Greenpeace, inoltre, critica il documento finale della conferenza, ritenendolo troppo vago soprattutto sul tema dell’estrazione mineraria nei fondali. D’altra parte è proprio questo uno dei punti di maggiore attrito geopolitico, in particolare rispetto agli annunci statunitensi.
Progetti scientifici e governance dei dati
Nonostante le incertezze, la conferenza lancia nuove iniziative scientifiche, tra cui la Piattaforma internazionale per la sostenibilità dell’oceano (IPOS) e il barometro Starfish, che fornirà indicatori annuali sullo stato di salute degli oceani. Entrambe puntano a rafforzare il legame tra scienza e decisione politica. Va ricordato che le agenzie statunitensi che vi dovrebbero partecipare hanno subito tagli di fondi e di personale con l’opera del DOGE.
Inoltre in un periodo di conflitti e crisi del multilateralismo, la diplomazia ambientale prova a mantenere aperti i canali della cooperazione. I negoziati per un trattato globale contro l’inquinamento da plastica riprenderanno il prossimo agosto a Ginevra. Nel frattempo, a Nizza si tenta di mantenere viva la mobilitazione in vista della COP30 di Belém, in Brasile, e di contrastare l’isolazionismo climatico di Washington. Alla fine, è proprio questa la grande sfida della conferenza di Nizza.
LEGGI ANCHE: Nizza più fresca con la vegetazione urbana