La mostra “L’altro Picasso. Ritorno alle origini”, al Museo Archeologico Regionale di Aosta dal 20 giugno 2025, racconta l’influenza della cultura mediterranea sull’opera dell’artista.
L’esposizione, curata da Helena Alonso, J. Óscar Carrascosa e Daria Jorioz, è un progetto culturale internazionale patrocinato dall’Ambasciata di Spagna in Italia e rappresenta un importante evento estivo in Valle d’Aosta.
Inaugurata venerdì 20 giugno e aperta fino al 19 ottobre, la mostra propone un’indagine nuova sull’universo creativo di Pablo Picasso, concentrandosi sulle sue radici familiari e culturali, dalla natia Malaga alla riscoperta delle civiltà classiche.


Infanzia e giovinezza tra Malaga, La Coruña e Barcellona
Pablo Picasso nacque infatti a Malaga, nel sud dell’Andalusia, il 25 ottobre 1881. Primogenito di Don José Ruiz y Blasco, pittore e insegnante, e di Maria Picasso y López de Oñate, donna di origine genovese. Fu il padre a introdurlo al disegno e alla pittura. Il suo primo dipinto, El picador amarillo, risale al 1888-89, quando aveva appena otto anni.
Nel 1891 la famiglia si trasferì a La Coruña, in Galizia, e nel 1895 morì sua sorella, Conchita. Seguirà un trasferimento a Barcellona, la Scuola di Belle Arti e il primo atelier. Frequentò il locale Els Quatre Gats, diventando presto una figura di rilievo nella scena artistica della “Rinascenza catalana”. Nel 1900, a diciannove anni, sarà a Parigi, in un iniziale e contrastato aller-retour su Barcellona, e poi più stabilmente dal 1904. Ci saranno molte vicende: sia sentimentali che umane e sia della comunità artistica dell’epoca.
La Ceramica, le parole, la memoria
La mostra è veramente interessante, in un percorso che fa riflettere. Ci sono pezzi di vita, contrasti, famiglia, luoghi, opere.
Una sezione centrale della mostra è dedicata alla ceramica, che Picasso, sulla scia delle radici e delle esperienze di gioventù, riscopre nel 1946 e che diventa una delle sue espressioni più libere. Si parla di 3500 pezzi, e quelli in mostra testimoniano l’incontro tra forme arcaiche e visione moderna.
La ceramica rappresentava un ritorno alle origini, ma anche uno spazio di reinvenzione, capace di conciliare disegno, incisione e scultura. Ebbero successo ovviamente. La ritroviamo anche in anni particolari della sua vita, nel dopoguerra, oppure in foto che lo ritraggono accanto a opere che si vedono nelle sale della mostra.
La dimensione letteraria dell’artista è presentata attraverso le incisioni legate a testi classici e moderni, così come con materiali che documentano la sua produzione poetica. In mostra sono presenti le incisioni della serie La Sepoltura del conte di Orgaz e altre ispirate alla scrittura automatica, tecnica surrealista che Picasso utilizzava per rievocare l’infanzia e l’identità personale.




L’incontro con Sergej Djagilev e Manuel de Falla segna l’ingresso di Picasso nel mondo della scenografia teatrale. I bozzetti realizzati per Il cappello a tre punte, eseguiti tra Londra e Parigi nei primi anni Venti, illustrano la sua capacità di fondere pittura, danza e musica in un linguaggio visivo coerente, ancorato al folclore iberico.



E poi ci sono macchie di luce sulla sua vita, per esempio sugli anni dell’occupazione tedesca di Parigi, in cui continuò a produrre e senza far troppo rumore. Ci sono sei bellissime incisioni al bolino, tipicamente Picasso, che sono servite ad accompagnare un libro di un funzionario della prefettura, Maurice Toasca, che in qualche modo gli diede una mano e lo protesse.


La mostra è offre un catalogo bilingue italiano-francese. Oltre a documentare l’opera grafica e ceramica, il progetto espositivo è un’occasione di riflessione su come si costruisce un percorso umano e artistico, sui molti fili che lo compongono e su come infine li si ritrova nella produzione e nelle opere.



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