L’UNESCO ha espresso una valutazione preliminare favorevole al dossier presentato per l’iscrizione della cucina italiana nella Lista del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La decisione finale per inserimento giungerà a dicembre con la riunione del Comitato intergovernativo a New Delhi e potrebbe rendere l’Italia il primo Paese al mondo a vedere riconosciuta l’intera cucina nazionale come patrimonio dell’umanità.
Accanto a essa, potrebbe essere annoverato tra le eccellenze immateriali mondiali anche lo Yodel, canto tipico dell’area germanofona alpina candidato dalla Svizzera, al quale domani, venerdì 14 novembre, dedicheremo un secondo articolo.
La candidatura
La candidatura della cucina italiana a Patrimonio UNESCO è promossa dall’Accademia Italiana della Cucina, fondata nel 1953, dalla Fondazione Casa Artusi, riferimento per la cucina tradizionale, e dalla rivista “La Cucina Italiana”, la più antica testata gastronomica tuttora pubblicata. Il dossier è curato da Pier Luigi Petrillo, giurista e docente universitario già autore di numerosi progetti similari, in collaborazione con lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari.
Il testo sottolinea importanti caratteristiche delle usanze gastronomiche dell’Italia quali per esempio libertà creativa e condivisione delle differenze regionali, dimensione sociale e trasmissione dei saperi. Intitolato “La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale”, esso mette peraltro in luce elementi quali la qualità degli ingredienti, l’attenzione alla stagionalità e la capacità di reinventarsi senza perdere il legame con le radici.
L’iter
L’iter per la candidatura della cucina italiana a Patrimonio UNESCO esordisce il 23 marzo del 2023 con la presentazione del documento ufficiale da parte del Governo italiano. Il logo ufficiale dell’iniziativa, scelto come immagine di copertina del presente articolo, è stato presentato il 4 agosto 2023 presso il Parco archeologico di Pompei, in Campania.
Secondo il dossier, l’Italia intende candidare non un singolo piatto o una singola tradizione regionale bensì un “rito” (inteso quale insieme di pratiche, gesti e condivisione sociale) legato al modo di preparare e consumare il pasto. Altri aspetti evidenziati concernono la diversità bioculturale, che impedisce l’adozione di un modello univoco e rigido e anzi rispecchia tradizioni regionali e materie prime stagionali, e la sostenibilità.
La cucina italiana potrà divenire Patrimonio UNESCO?
Per rispondere a tale quesito, dopo l’esito positivo della valutazione tecnica preliminare annunciato lo scorso lunedì 10 novembre, sarà come detto necessario attendere la sessione del Comitato intergovernativo di New Delhi. La candidatura sarà valutata da esperti, in particolare dalla Commissione per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, una decisione finale che questa prima approvazione non rende affatto per scontata.
Qualora l’iscrizione nella Lista UNESCO andasse a buon fine, la cucina italiana andrebbe ad aggiungersi ai 61 siti materiali e ai 19 elementi immateriali della Penisola che già ne fanno parte.






