Sotto i campanili di pietra dei villaggi alpini, dove la religione scandisce il tempo e la comunità vive di apparenze, si nascondono ferite profonde che Stéphanie Glassey si sforza di rendere note nel suo “L’éventreuse”. La protagonista del romanzo breve, la cui ambientazione macabra e ombrosa ricalca il rigore dell’autunno galoppante, è una donna condannata a operare ai margini, aiutando altre a interrompere gravidanze non desiderate.

Il volume è edito per la collana Gore des Alpes, nata nel 2019 per dare spazio a una letteratura di genere, pulp, ironica e spietata, dove la montagna diviene teatro di istinti primordiali e rituali di distruzione. Esso è dunque acquistabile nella sezione dedicata del sito web, inviando alla casa editrice una email con l’indicazione del volume scelto e pagando tramite bollettino postale.

“L’éventreuse”

Ambientato in una epoca indefinita che ricorda la fine dell’Ottocento, “L’éventreuse” mostra come la violenza e l’ipocrisia possano annidarsi nei luoghi più apparentemente puri. La sua forza risiede nel suo modo di raccontare la violenza senza spettacolarizzarla nonché nel restituire dignità alle sue vittime senza trasformarle in sante o in simboli.

Al suo centro, avvolta da un contesto di povertà, superstizione e rigido controllo morale, vi è la cosiddetta la “faiseuse d’anges” (letteralmente la “fabbricante di angeli”). Ella incarna il destino di chi non ha scelta, ma quando la compassione si trasforma in condanna è costretta alla fuga e diviene “éventreuse itinérante”, una ombra costretta a portare con sé il peso dei peccati altrui.

Scrittura viscerale e lucidità morale

La prosa di Stéphanie Glassey non concede treguaè cruda, fisica, quasi medica, con immagini per nulla addolcite ma offerte con una precisione che costringe il lettore a restare e a guardare. Non si tratta di compiacimento, ma di onestà: il dolore delle donne, l’abuso sui bambini, la complicità della Chiesa, la cultura del segreto rivelano il marcio che fermenta sotto la superficie delle buone maniere.

Nel cuore de “L’éventreuse” si intrecciano peraltro tematiche tuttora attuali tra cui il corpo femminile come campo di battaglia su cui si esercita il controllo della morale e l’aborto clandestino come dramma umano e sociale. A essi si affiancano l’abuso sui minori che si consuma nel silenzio delle istituzioni, la religione come maschera e oppressione, il segreto come legge non scritta.

L’autrice

Nata nel 1988 nel Cantone del Vallese, Stéphanie Glassey è una scrittrice che unisce sensibilità letteraria e sguardo clinico, rendendo le montagne non tanto un paesaggio da cartolina quanto un teatro di colpe e redenzioni. Laureata in lettere all’Università di Friburgo e formatasi anche come terapeuta in ipnosi, ha trasformato la scrittura in uno strumento di esplorazione dell’inconscio e del trauma.

Con la casa editrice Gore des Alpes, ella ha pubblicato romanzi che mescolano introspezione e orrore realistico, con “L’éventreuse” che rappresenta uno dei vertici di questa ricerca, che sfrutta il disgusto per rivelare ciò che resta invisibile. Ella ha dato vita anche a due distinti racconti dalla scrittura collettiva assieme al team della collezione, dai rispettivi titoli “Gore de mer” e “Ça sent le sapin”.

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Classe 1997, ho due lauree in lingue e letterature moderne, un master di primo livello in giornalismo 3.0 e una incrollabile testardaggine, tutti quanti ottenuti con il massimo dei voti. Appassionata di scrittura dall’età di 7 anni e giornalista pubblicista dal 2021, ho contribuito a costruire “Nos Alpes” dalle basi, crescendo giorno dopo giorno e imparando a essere migliore assieme a lui. Nel tempo libero che mi sforzo di ritagliare coltivo alcune delle mie frivole passioni, tra cui il rosa e i dolci, lo shopping e il make up, ma soprattutto i miei racconti.

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