Un racconto in cinque parti dedicato a Joseph-Samuel Farinet, falsario ed eroe popolare in Vallese e nelle Alpi, nato a Saint-Rhémy (ora in Saint-Rhémy-en-Bosses), in Valle d’Aosta, nel 1845: siamo alla terza puntata, nella notte.
Joseph lascia il suo paese in una notte più buia del solito. Si addentra nella vallata del Gran San Bernardo e per non rischiare di essere visto si avventura tra le montagne. Da lassù le stelle coprono tutto il cielo e illuminano il cammino quel poco che basta a Joseph per orientarsi. Conosce molto bene quelle montagne che, al contrario di tanti uomini, non l’hanno mai deluso. È diretto in Vallese, è lì che vuole ricominciare, è lì che cercherà rifugio.
La strada che attraversa le Alpi e porta in Svizzera l’ha percorsa più volte. Suo padre era un fabbro ed è stato lui a insegnargli tanti trucchi del mestiere. L’allievo ha superato il maestro e con le sue mani d’oro ha iniziato a coniare monete, tali e quali a quelle fabbricate dallo Stato, anzi persino più belle. Per questo è dovuto scappare dalla Valle d’Aosta: un mandato di cattura nei suoi confronti lo perseguita. Il padre di Joseph, per cercare di guadagnare qualche soldo in più e permettere alla loro umile famiglia almeno vestiti in grado di reggere il terribile freddo della Cumba Freida, faceva anche il contrabbandiere. Trasportava soprattutto carabine.
Joseph, quando non aveva ancora compiuto 12 anni, lo seguì in piena notte e il padre se ne accorse solo nel bel mezzo delle Alpi. Vide il piccolo Joseph stretto nelle spalle con addosso solo i calzoni corti e la maglia che usava come pigiama. Così si tolse la giacca e gliela mise addosso prima di riportarlo a casa. Quella giacca il piccolo Joseph la conservò a lungo. I due tante altre volte passarono le Alpi per consegnare merce di contrabbando.
Suo padre non era mai stato un uomo di tante parole, quando era piccolo gli insegnava facendo, piuttosto che spiegando. Joseph, in quella buia notte, mentre lascia il suo paese, si ricorda di tutto questo e una lacrima scende lungo il suo giovane viso.
Ci mette tutta la notte ad attraversare le Alpi. Ha un abbigliamento cittadino: un cappotto elegante, le scarpe nuove fatte su misura e i pantaloni lunghi. Tutto pagato con le sue monete false. Le ha fabbricate nel castello di Nus, dove si era rifugiato, poiché Bosses è un paese troppo piccolo per ospitare un latitante.
Arriva nel comune di Saillon poco prima dell’alba, le strade sono deserte e lui è stremato.
Roland ha una piccola osteria nel centro del paese, ogni mattina si reca nel suo locale prima dell’arrivo del Sole, non ha nessuno di cui occuparsi a casa e il suo locale è la cosa più preziosa che ha. Mentre sistema e pulisce con cura l’osteria sente bussare alla porta. Si sorprende nel vedere un ragazzo ben vestito ma così provato che sembra appena arrivato da un altro mondo.
-Siete aperti?
-Non ancora. Ragazzo, ti senti bene?
-Cerco un luogo dove poter riposare, un luogo tranquillo dove andare, senza disturbare nessuno e senza essere disturbato.
Roland è stranito dal comportamento del giovane, ma il suo sguardo sembra sincero e la sua faccia “pulita” nasconde un’espressione spaesata e impaurita.
-Questa è un osteria, non è proprio un luogo tranquillo, ma nelle Gorge è pieno di grotte lì non ti disturba nessuno. Dice scherzando l’oste, ma Joseph prende seriamente le sue parole e si fa indicare la strada.
-Le chiedo un ultimo favore, ha una moneta? Le prometto che se mi dà una moneta, una qualsiasi, tra qualche settimana le porterò un sacchetto intero, pieno delle stesse monete.
Roland non è solito fare la carità, lui le monete se le guadagna. Ma quel ragazzo ha smosso qualcosa in lui e così gli consegna una moneta da 20 centesimi.
È proprio in quelle gorge che la montagna si dimostra ancora una volta dalla parte di Joseph. Trova il suo rifugio, è una grotta, ben nascosta e distante qualche chilometro dal paese, con un filo d’acqua che cade proprio davanti all’entrata. Ha la pagnotta che Adélaïde gli ha incartato, vorrebbe conservarla per sempre ma dovrà gestirsela per sfamarsi per alcuni giorni. Nel suo sacchetto oltre alla pagnotta ha i suoi attrezzi e i metalli. Joseph inizia a lavorare.
Dopo cinque giorni scende in paese e consegna a Roland un sacchetto pieno zeppo di monete da 20 centesimi. Sembrano nuove di zecca e incise alla perfezione con un argento che l’oste non ha mai visto prima. E lui ne ha viste di monete. Joseph gli chiede solo un po’ di cibo da poter conservare per altri giorni così da potersi rimettere al lavoro.
– Per te ragazzo, in questa osteria, ci sarà sempre posto.
JOSEPH-SAMUEL FARINET, LE CINQUE PARTI DEL RACCONTO DI JACQUES MARTINET