La vetta del Monte Bianco ha dato origine a una disputa tra i governi italiano e francese, riguardo al tracciato del confine. Si tratta di un luogo di valenza mondiale, in cui insistono diversi progetti europei e anche un processo di candidatura nel patrimonio UNESCO, in cui sono coinvolte Italia, Francia e Svizzera. I tre Paesi sono all’origine, tra l’altro, di Espace Mont-Blanc, una delle modalità di cooperazione territoriale che coinvolge enti locali e regionali, popolazione, esperti e operatori economici.

Monte Bianco, con almeno due confini

Vi è dunque una questione di confini di Stati nazionali nel bel mezzo di un processo di integrazione europea, che ha fatto molti progressi negli ultimi decenni. Di questo parla il libro di oggi, “Monte Bianco, La Montagna senza confini” edito da CEDAM – Wolters Kluver. Curato da Roberto Louvin e da Michele Vellano, è appunto diviso in due parti, una che riguarda la disputa e l’altra la dimensione comune ed europea.

Alla disputa sono dedicati tre capitoli (qui il sommario), uno più storico, di Matteo Traverso con Bruno Berthier, uno sull’Unione europea rispetto alle controversie territoriali degli Stati membri, di Michele Vellano e Lorenzo Grosso, e uno centrale, proprio dedicato al tracciamento del confine, redatto insieme da Guillaume Le Floch e Gustavo Minervini.

Il 25 marzo 2024, alla presentazione del libro, promossa dalla Fondazione Courmayeur Mont Blanc e avvenuta nella bella cornice dello Skyway, sul Monte Bianco, la lettura anche tecnica del problema rifletteva la visione di ciascuno dei due Stati membri.

Per farne una sintesi, da parte italiana si fa valere il Trattato di Nizza del 1860 e la lunga carta (7 metri) allegata, che sarebbe stata poi anche utilizzata dalla Commissione intergovernativa incaricata di posizionare i cippi di confine nel 1961. Il trattato dice anche che il confine è quello amministrativo esistente nel Regno di Sardegna. Nelle carte e negli scritti, la linea è evidente ed è quella del displuvio, e passa in mezzo alla vetta del Monte Bianco. E non valgono altre carte successive, perché unilaterali e nazionali, e poi eventuali imprecisioni di dettaglio sono risolte proprio dalla prevalenza della parte scritta, che è evidente e dice in sostanza che la vetta è condivisa.

Quanto valgono le carte?

Il ragionamento giuridico di parte francese spiega invece che la seconda carta originale, conservata a Parigi e allegata al trattato, è andata perduta durante la Seconda guerra mondiale e l’occupazione tedesca. Le carte sarebbero comunque imprecise e la Francia si attiene quindi alla carta redatta nel 1865 dal capitano di Stato maggiore Jean-Joseph Mieulet. D’altra parte, la Francia ha esercitato la propria sovranità sulla vetta del Monte Bianco sin dal 1860, nello stesso anno con l’apposizione di una bandiera in una cerimonia, e per un periodo con un osservatorio astronomico. L’Italia non ha mai protestato, e per oltre cento anni.

L’interpretazione di OpenStreetMap del territorio in discussione (elaborazione Nos Alpes)
La Carta Mieulet (1965) Wiki Commons Public domain

In effetti, l’avvio del contenzioso risale al 1988, quando a Nizza la Commissione mista italo-francese ha esaminato per la prima volta le differenze di vedute sul Dome du Goûter e sul Monte Bianco, e nel 1995 ha constatato che il tema superava le proprie competenze. Passando al livello dei ministeri, se ne riconosceva la disputa.

Agli anni duemila risale anche il libro di Paul Guichonnet et Christian Mollier, À qui appartient le mont Blanc ? (la Fontaine de Siloé, 2013), che si schiera a favore dell’idea di vetta condivisa.

Tre vicende per un tema delicato

Vi sono poi almeno stati tre casi da ricordare. Nel 2015 il sindaco di Chamonix ha fatto chiudere l’accesso al Monte Bianco dall’ultima stazione valdostana della funivia, con proteste e interessamento della procura di Aosta. Nel 2019 un’ordinanza da parte dei comuni di Chamonix e Saint-Gervais ha vietato l’atterraggio con parapendio, con reazioni, note ufficiali e articoli di stampa. Nel 2020, per un decreto di protezione degli ambienti naturali, su iniziativa dell’allora ministro degli esteri Luigi Di Maio, l’ambasciata italiana a Parigi ha trasmesso una nota di protesta.

Il tracciamento del confine è un tema sentito come delicato a livello dei ministeri, si è ricordato alla presentazione del libro del 25 marzo. Infine, un superamento giuridico della disputa non sarebbe possibile, la Francia non accetterebbe si sottoporre la questione alla Corte internazionale di giustizia, di cui non ha apprezzato un altro giudizio, del 1953, tra Francia e Regno Unito. Se un accordo va trovato, dovrà essere politico e qualche ipotesi, ad esempio di governance o condominio comune, senza soluzioni giuridiche, è stata citata nel corso della presentazione del 25 marzo.

Il libro, già per questa parte merita di essere letto e conservato nella propria libreria: racconta con cura la situazione, e allega le carte di cui discute, e che sono state raccolte da Veronica Valepiano.

Monte Bianco senza confini

La seconda parte mostra invece quanto questa disputa, tra stati westafaliani e ottocenteschi, sia superata da una continuità e una familiarità della cooperazione, da una dimensione di patrimonio “comune del Monte Bianco”.

Come se dovesse prevalere un diritto della realtà dei luoghi (droit buissonnier), le attività italo-franco-svizzere sono molte e concrete. Esiste un ecosistema condiviso da preservare (capitolo di Philippe Billet e Roberto Louvin), una candidatura al patrimonio mondiale UNESCO (capitolo di Nicole Zemoz), ci sono varie convenzioni internazionali di tutela delle montagne e delle Alpi (ne scrive Alessandro Forcella).

Il Monte Bianco ha poi varie dimensioni: sopra, attorno, ma anche sotto, e dunque il traforo e i trasporti, con l’analisi di Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli. E poi il massiccio del Monte Bianco è anche Svizzera, come si legge nel capitolo di Roberto Louvin e Pierre Christe, che ricordano per esempio il ruolo di Ginevra nello stesso traforo.

In questa seconda parte del volume, la disputa italo-francese perde un po’ di senso, vi prevale la dimensione “comune” europea e mondiale del Monte Bianco: Bruno Nascimbene ne traccia la sintesi, anche questa da leggere.

Infine e a margine va ricordato che proprio per questa sua dimensione comune ed europea il Monte Bianco è stato scelto come luogo fortemente simbolico per assegnare il Premio letterario annuale della rivista Le Grand Continent.

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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