Nel riciclo del rifiuto in plastica, l’Italia – partita in ritardo – ha sviluppato diversi progressi, anche rispetto a Francia e Svizzera, come dimostra anche il centro di trattamento di Borgaro Torinese, il Circular Plastic.

Il vicesindaco della Città Metropolitana di Torino, Jacopo Suppo, lo ha visitato il 7 agosto. Inaugurato nell’aprile del 2024, è uno dei più grandi impianti in Italia dedicato alla selezione e al riciclo dei rifiuti in plastica, anche al confronto con le zone di frontiera di Francia e Svizzera. 

Gestito dal Gruppo Iren e realizzato con le più moderne tecnologie del settore, l’impianto lavora oltre 6mila tonnellate al mese di plastica – che per oltre l’80% viene riciclata – con l’obiettivo di arrivare alla lavorazione di 120mila tonnellate/anno.

La visita ha rappresentato l’occasione per fare un confronto sul riciclo della plastica tra i tre lati delle Alpi occidentali.

L’Italia va forte nel riciclo dei rifiuti, meno in quello della plastica

L’industria del riciclo in Italia ha avuto una crescita relativamente recente.

Nel 1997 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani era solo del 9,4 % e l’80% dei rifiuti finiva in discaricaNel 2020 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani è salita al 63% e lo smaltimento in discarica è sceso al 20%.

Oggi l’Italia è uno dei Paesi europei migliori per il riciclo con il 72% di rifiuti riciclati e un’industria in costante crescita con quasi 5 000 imprese collegate, più di 200 mila occupati e un valore aggiunto di 10,5 miliardi. Sulla plastica i risultati però non sono gli stessi con “solamente” il 47,6% di rifiuti riciclati.

Fino al 2020 è stato in vigore il “Codice Ambientale” che nella parte relativa alla gestione dei rifiuti stabiliva alcuni principi fondamentali, tra cui l’approccio ai rifiuti deve puntare alla loro corretta gestione e al riciclaggio, senza concentrarsi solo sui processi di smaltimento in discarica e i principi a cui fare riferimento nel trattamento dei rifiuti sono quelli di precauzione, prevenzione, sostenibilità e cooperazione tra tutti i soggetti che intervengono nella catena gestionale dei rifiuti.

Principi alla base anche del “Nuovo codice ambientale” – che ha recepito le direttive europee del 2018 riportate nel paragrafo seguente – in cui sono indicati gli obiettivi di riciclaggio che il Paese mira a raggiungere entro i prossimi anni.

L’impianto di Borgaro Torinese, il video della Città metropolitana di Torino e la visita del 7 agosto 2024

Le direttive europee

In merito al riciclo della plastica, le leggi italiane – come quelle francesi – sul riciclo della plastica fanno riferimento alle normative europee che devono essere recepite dagli Stati membri. La giurisprudenza comunitaria sul riciclaggio della plastica si inserisce in un progetto globale che ha come obiettivo la riduzione delle emissioni di CO2 e la limitazione della produzione di prodotti in plastica monouso.

L’Unione Europea, quindi, intende da un lato lavorare per ridurre la quantità di rifiuti prodotta, e dall’altro favorire il loro riciclaggio, per permettere alla plastica eliminata di avere una seconda vita, passando da un’economia di tipo lineare (basata sull’estrazione delle materie prime, la produzione di merci, il consumo dei prodotti e infine lo smaltimento dei rifiuti) e un nuovo modello di economia circolare, in cui i rifiuti non vengono semplicemente eliminati ma diventano una materia prima per ulteriori cicli di produzione. L’obiettivo della direttiva UE è che tutti gli stati membri arrivino a riciclare almeno il 65% degli imballaggi entro il 2025 (obiettivo del 50% per la plastica) e il 70% entro il 2030 (obiettivo del 55% per la plastica).

Le principali direttive europee in materia di gestione dei rifiuti – e in particolare di riciclaggio della plastica– sono state approvate nel 2018: quella 2018/850/UE, relativa alle discariche, la 2018/851/UE, relativa al trattamento dei rifiuti e la 2018/852/UE, relativa agli imballaggi.

La strategia francese per recuperare il ritardo nel riciclo della plastica

Con 4,8 milioni di tonnellate annue la Francia è uno dei maggiori consumatori di plastica del Vecchio Continente, ma nel 2020 ha intrapreso un iter che dovrà portarla alla “deplastificazione” dei prodotti monouso al fine di raggiungere gli obiettivi europei.

Rispetto all’Italia, la Francia è più debole sul riciclo, solamente il 27% della plastica immersa sul mercato ottiene il riciclo: sono valori vicini a quelli della Svizzera. I settori dedicati tardano a strutturarsi perché in passato hanno preferito concentrarsi su settori economicamente più vantaggiosi e le tecnologie risultano essere meno moderne. Mentre in Italia lo sviluppo dell’industria riciclo ha cominciato a svilupparsi in tempi moderni, in Francia già negli anni Settanta cominciarono a essere presi i primi provvedimenti. Ad esempio nel 1974 il governo rese obbligatoria la raccolta differenziata con i primi centri di riciclaggio attrezzati per trattare i diversi tipi di rifiuti tra cui la plastica.

Una carenza di tecnologia “moderna” che, alla fine del 2021, faceva della Francia uno dei Paesi europei con il tasso di riciclo della plastica più basso.

Le azioni in Francia

Per ovviare a questa situazione, Parigi ha introdotto diversi provvedimenti per incentivare il riciclo. La legge anti-spreco per una economia circolare punta a rendere il Paese plastic free nel 2040. Primo Paese a dotarsi di questo obiettivo, entro questa scadenza tutti gli imballaggi in plastica monouso cesseranno di essere prodotti e distribuiti sul territorio dell’Hexagone.

Un primo piano quinquennale che verrà rinnovato, di volta in volta, fino a quando la plastica monouso non diventerà fuorilegge. Inoltre, nel 2022 l’esecutivo ha introdotto tramite decreto la strategia delle 3R (riduzione, riutilizzo, riciclaggio) al fine di arginare  lo straripante monopolio della plastica e favorirne il suo riciclaggio.

Infine France Relance (l’equivalente del PNRR italiano) dedica 226 milioni di euro all’investimento nel riutilizzo e riciclaggio; di cui 40 milioni di euro dedicati alle attività di riduzione o sostituzione degli imballaggi in plastica.

E in Svizzera? Basso riciclo della plastica e grandi consumi

Il Paese elvetico fa registrare uno dei tassi di produzione di rifiuti più alti al mondo. Nonostante questo registra uno dei tassi di riciclaggio (52%) dei rifiuti urbani più alti d’Europa, almeno per quanto riguarda l’alluminio e il vetro. È stato pioniere nel riciclo dei rifiuti urbani con l’introduzione di una tassa sul sacco dei rifiuti già a partire dagli anni Novanta che ha incoraggiato la pratica del riciclo da parte della popolazione.

La Svizzera però registra uno dei consumi pro-capite di plastica tra i più alti al mondo. Più della metà delle sei milioni di tonnellate di rifiuti all’anno subisce la raccolta differenziata e il riciclo, il resto dei rifiuti generati nella Confederazione – soprattutto la stragrande maggioranza della plastica – finisce nei termovalorizzatori assieme ai rifiuti urbani oppure nei cementifici.

La Svizzera ricicla “appena” il 28% dei suoi imballaggi in plastica per diversi motivi. Innanzitutto la legge non prevede l’obbligo di riciclare la plastica e non esiste un sistema di recupero su scala nazionale con l’iniziativa lasciata ai singoli Comuni e al settore privato.  Il sistema di separazione e di riciclaggio presenta insufficienze nel trattamento del materiale raccolto negli stabilimenti di Germania, Austria e Italia che trattano buona parte della plastica raccolta nella Confederazione.

Negli ultimi tempi però la problematica sul riciclaggio di plastica ha acquisito maggiore importanza con diverse iniziative sia da parte dei decisori pubblici che da associazioni private.

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Classe 1990 nato ad Aosta. Laureato in scienze politiche e relazioni internazionali. Studia presso l'Université Paris Descartes di Parigi per il programma Erasmus e l'Université Catholique de Louvain a Bruxelles dove consegue un master in studi europei. Ha collaborato con diverse riviste specializzate sul tema della geopolitica. Scrive per Nos Alpes da gennaio 2024

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