La viticoltura in Val di Susa affonda le sue origini all’epoca pre-romana. Alcuni ritrovamenti archeologici, alla frazione Soubras di Oulx di ceppi risalenti all’età del ferro, attesterebbero la presenza della vite in zona già nella preistoria.

Certo è che i Celti, che si insediarono in Val di Susa nel VII secolo a.C, erano già familiari con la vite. L’arrivo dei Romani, per cui il vino era parte integrante della alimentazione e della cultura, tra il II e il I secolo a.C. intensificò e rese più organizzata la pratica.

Le coltivazioni nel Medioevo nella viticoltura in Val di Susa

Nell’alto Medioevo si assistette a una crescita delle zone vitate in Val di Susa. I Conti di Albion e i Delfini di Vienne, che dominavano in Alta Valle, importarono ceppaie dalla Borgogna, favorendo lo sviluppo di vigneti terrazzati sui ripidi pendii montani. La prima testimonianza scritta di viticoltura in zona risale al 739 quando Abbone, fondatore dell’Abbazia di Novalesa nel suo lascito testamentario, citò i vigneti di Chiomonte, Exilles, Giaglione e Susa – tuttora sedi di coltivazioni. L’Abbazia di Novalesa e quella di San Giusto di Susa divennero centri della viticultura, possedendo vigneti a Caprie, Almese, Villar Focchiardo, San Giorio e Chiomonte. Nel XIII secolo, San Giusto acquisì ulteriori vigne da Sant’Antonio di Ranverso e dai Certosini di Montebenedetto, consolidando il ruolo della Chiesa nella coltivazione della vite.

Nel XIII secolo, la vite era diffusa da Exilles a Caprie. Tempeste, siccità e gelate tra il 1272 e il 1379 ne causarono una crisi, la produzione si ridusse e i prezzi aumentarono.

I grandi cambiamenti negli anni della Riforma e Controriforma fino al XIX secolo

Le numerose guerre e conflitti religiosi che si verificarono tra il 1500 e il 1700, spinsero le comunità di fondovalle a spostarsi sui versanti terrazzati. A questo periodo risale un’opera iconica: il “Pertus” di Colombano Romean, galleria idraulica di circa 430 metri scavata a scalpello tra il 1526 e il 1533 per irrigare vigneti a Cels e Ramats di Chiomonte, un sistema idraulico che è tuttora in funzione. In quegli anni dominava il sistema di coltivazione ad alteno che prevede filari alti con interfilari coltivati a segale, avena e frumento, come attestato dal Libro delle Ricognizioni di Bruzolo (1580).

Tra il 1500 e la fine del 1800, l’attività vitivinicola raggiunse l’apogeo: migliaia erano gli ettari in cui si producevano vini commercializzati in Piemonte e Francia. Nel Settecento, Susa contava 204 ettari di vigneti, Giaglione 116 e Chiomonte 100; famiglie nobili come Paleologo, Agnes, Des Ambrois e gli stessi Savoia ne possedevano.

Il XX secolo: dal declino alla rinascita

Nel XX secolo arrivò il declino: la fillossera, giunta in Valle intorno al 1930, causò perdite ingenti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’industrializzazione della bassa valle e cambiamenti socio-economici portarono all’abbandono di ampie zone coltivate, riducendo la produzione vitivinicola in gran parte al semplice autoconsumo. La rinascita si ebbe, in zona, alla fine degli anni ’80; grazie al “Progetto Vigne” vennero recuperate aree e vitigni autoctoni. Nel 1997 nacque la DOC Valsusa.

La cultura del vino a Chiomonte è parte integrante della tradizione locale tanto che lo stemma del Comune riporta un grappolo tra i suoi elementi e che pratiche e parole legate alla viticoltura sono molto diffuse nella tradizione e nella lingua locale (un patois provenzale).

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