Con questo racconto in due parti, Jacques Martinet ritrova un luogo, una casa a Derby, in Valle d’Aosta, che ancora oggi si dice infestata, sfiorando vicende e tradizioni valdostane.
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Qualche anno fa, il giorno di Halloween.
Il Sole non si è mai fatto vedere su Derby. Il cielo è grigio e le nuvole stanno per scaricare un potente acquazzone, mentre la cascata del Lenteney precipita senza tregua nelle fredde acque della Dora Baltea.
In un sentiero non molto distante dalla cascata un gruppo di tre ragazzini con le schiene ricurve sotto il peso degli zaini marcia in fila indiana. Il ragazzo che guida il gruppo ha una videocamera tra le mani, subito dietro di lui una ragazza con i capelli raccolti in una treccia cammina appoggiandosi all’asta di un microfono.
- Dobbiamo sbrigarci, trovarla prima che faccia buio del tutto. – Dice il capofila agli altri due.
L’ultimo dei tre arranca, cercando di tenere il passo degli amici visibilmente più allenati.
- Perché non torniamo indietro? – Dice con il fiato spezzato aggrappandosi a un tronco d’albero.
- Ci siamo quasi! Guarda in macchina Antonio.
Antonio fissa la videocamera. La sua faccia paffuta incarna alla perfezione l’immagine della fatica.
I ragazzi proseguono lungo il sentiero umido che costeggia la Dora fino a quando questo non si dissolve tra gli alberi, così continuano a camminare seguendo l’istinto, scavalcano rami, calpestano muschio e a un tratto il bosco si apre in una piccola piana senza alberi. Al centro, in piedi per miracolo, sorge un gruppo di quattro case.
- Ci siamo! – Dice il ragazzo, riprendendo con la videocamera mentre avanza, guardando solo dal piccolo schermo.
La ragazza lo segue sorridente, mentre Antonio, arrivato stremato, si sofferma a guardare da lontano.
Due case sono dei ruderi ormai, le altre invece hanno ancora l’aspetto delle antiche dimore in pietra. Un mulino dismesso si intravede dietro il rudere più esposto verso il bosco.
- Mio fratello ha detto che c’è una scala interna che porta al piano superiore, dev’essere questa. Antonio! Vieni che fai là impalato.
La ragazza guarda all’interno da una finestra malmessa e piena di ragnatele. Non appena arriva Antonio il ragazzo con la videocamera apre la porta e riprende. L’interno è buio e disabitato da chissà quanti anni. Nella grande stanza all’ingresso c’è solo un armadio malandato con un telo posato sopra ingrigito dalla polvere.
- E voi volete passare qui dentro la notte? – Antonio parla con il terrore negli occhi.
Un lampo squarcia il cielo e puntuale, qualche istante dopo, arriva il tuono.
Gli altri due amici lo squadrano.
- Preferisci stare fuori?
- Non porterà male mettere la tenda dentro? È come aprire l’ombrello in casa!
I due guardando verso Antonio si mettono a ridere di gusto.
- Non c’è da ridere! Questo posto non mi piace per niente.
- È proprio per questo che siamo qui. Mio fratello ha detto che se avessero avuto una videocamera oggi sarebbero tutti famosi. Se riusciamo a riprendere qualche fantasma o qualsiasi altra cosa è fatta!
- Tuo fratello e i suoi amici sparano un sacco di cavolate.
- Su questo ha ragione Antonio – dice la ragazza – spero solo che non ci stavano prendendo in giro.
Il ragazzo posa la videocamera a terra e si sfila lo zaino.
- Staremo a vedere. Adesso montiamo la tenda e come arriva la notte perlustriamo la casa. Non si è mai visto un fantasma che va in giro di giorno o una casa infestata che non lo sia la notte.
Il montaggio della tenda è andato per le lunghe, il tempo del buio è giunto e la pioggia continua incessante.
- Dividiamoci faremo prima.
- No, no e ancora no! Non finisce mai bene quando fanno così nei film!
- Anche questa volta ha ragione Antonio.
- Siete due cagasotto, state dietro di me, almeno lasciate la visuale sgombra per riprendere.
I tre salgono le scale e arrivano al piano superiore. Dai muri in pietra si propaga un intenso odore di muffa.
- Perché non potevamo fare dolcetto o scherzetto come ogni anno, io non voglio diventare famoso! Vedrete che ci diventeremo famosi lo stesso, perché ci troveranno stecchiti qua dentro.
- Antonio smettila di frignare! Ricordati che è tutto registrato ok? Vuoi che sentano le tue lagne?! Nina ha più coraggio di te.
Un rumore di catene e poi ancora di vetro, e poi un urlo, quello di Antonio. Anche Nina urla spaventata e corre giù dalle scale. Il ragazzo con la videocamera non sembra più così sicuro di se stesso.
- Dove andate! Può essere il vento o…
Guarda verso le scale e rendendosi conto di essere rimasto solo se la dà a gambe raggiungendo gli altri due già infilati nella tenda e dentro ai sacchi a pelo.
Dopo un lungo silenzio Nina prende coraggio e chiede al ragazzo di raccontare, come aveva promesso, la storia del fantasma del falegname di cui parlava tanto suo fratello. Il ragazzo inizia il racconto.
- E perché il falegname se ne stava qui da solo a lavorare? – Chiede Nina incuriosita alla fine della storia.
- Mia nonna dice di sapere perché, lei conosce la vera storia, e i fantasmi c’entrano ben poco. Io preferisco la versione con i fantasmi che mio fratello ha sentito raccontare dagli anziani in paese. Per loro il falegname era ossessionato da questa casa e ormai aveva abbandonato moglie e figli per stare qui con i fantasmi fino a trasformarsi in uno di loro. Quando la moglie è venuta qui a cercarlo ha trovato solo vetri e catene e da quel momento alcune notti in questa casa si sentono quelli che gli anziani in Patois chiamano Sengoga! I rumori del male.
- Ho troppa paura!
Antonio infila la testa dentro il sacco a pelo, Nina stringe l’asta del microfono come una spada e il ragazzo spegne la telecamera.
- Siamo dei cagasotto. – Si infila nel suo sacco a pelo deluso.
Il silenzio in quella casa abbandonata di Derby è tombale, non si sente il rumore del vento né le catene né il vetro e la pioggia è cessata ma uno strano fruscio inizia timido a farsi avanti nell’aria.
Il ragazzo si alza dal sacco a pelo e accende la videocamera.
- Nina! Registra! Lo senti questo rumore?
La ragazza tira fuori la testa dal sacco a pelo.
- Antonio! Tu lo senti?
- Ch- Che cos.. sento?
- Che cos’hai in bocca? Cosa stai mangiando tira fuori la testa e alza le mani.
Antonio sbuca fuori dalle coperte e con estrema vergogna alza le mani appena sopra le sue orecchie. Lo stesso fruscio di poco fa si fa risentire, questa volta più sonoro che mai.
- È la carta di un dolcetto! Avevamo detto niente dolcetti e niente scherzetti quest’anno! Ormai siamo grandi per queste cose dobbiamo diventare famosi, fare i registi horror e… che dolcetto è?
- Un Ki-i-nder cereali.
- Sono i miei preferiti. – dice Nina.
- Hai anche i Tronky?
Antonio sta ancora masticando e sulla sua faccia compare un sorriso.
- Shi al cocco!
Dal suo zaino tira fuori un grosso sacchetto pieno zeppo di dolcetti, li svuota al centro della tenda e i tre iniziano a divorare senza pietà.
Antonio ha la bocca piena di cioccolatini, guarda i suoi amici sorridenti ma la storia del fantasma continua a tormentarlo.
- E tua no-nna, quale storia conosce su questa casa? – Chiede all’amico con la bocca impastata.
- Lei ha sentito di un’altra vicenda successa qui tanti anni fa
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