Caterina Pizzato ci accompagna alla scoperta del Castel Savoia a Gressoney, ma con un punto di vista ulteriore rispetto al ritratto che ne ha fatto Oliver Ciucci. Qui la descrizione accurata invita il lettore a soffermarsi sul dettaglio, e a riflettere su quei tempi, tra la fine dell’Ottocento, l’assassinio di Umberto I e il prima fase del fascismo.
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In località Belvedere di Gressoney-Saint-Jean (1.450 m), ai piedi del Colle della Ranzola, si erge celato tra gli alti larici un castello dall’aspetto fiabesco, distinto da cinque torrette cuspidate una diversa dall’altra: è Castel Savoia, un regalo da parte di Re Umberto I a sua moglie Margherita di Savoia, prima regina d’Italia, costruito dal 1899 al 1904 con pietra e legno locale.
La scoperta della Valle di Gressoney
La sovrana, assidua frequentatrice delle fonti termali di Courmayeur conobbe, nell’estate del 1888, il barone Luigi Beck Peccoz che, offrendole un mazzo di fiori di montagna, la invitò a scoprire la sua aspra vallata ai piedi del gruppo del Monte Rosa che divenne presto la sua nuova meta per le vacanze estive, ospite della famiglia Peccoz a Gressoney-Saint-Jean.
Le estati nella Valle del Lys rappresentavano una vera e propria evasione dall’etichetta di corte e dalla monotonia, una vita selvaggia in un luogo dove riscoprire se stessa e la sua sensibilità, ammaliata dal fascino del Monte Rosa e dalla ritrovata semplicità lontano dalla gabbia dorata del Quirinale. «Sono belle queste montagne e quiete e grandi e portano lo spirito in su e fanno pensare che al di sopra delle miserie umane vi sono spazii dove il pensiero può alzarsi e riposare. Ciò che è veramente bello diventa sempre più bello dinnanzi agli occhi e all’anima, più lo si vede e lo si conosce: così è capitato per me con Gressoney» (1).
Margherita di Savoia, autentica alpinista e grande appassionata di escursioni in montagna, collezionò diverse ascensioni tra le quali la più rilevante a Punta Gnifetti (4.559 m) dove sorge il rifugio in suo onore, la Capanna Margherita inaugurata nel 1893. Nel 1894 il barone, durante l’attraversata alpinistica da Gressoney a Zermatt, morì stroncato da un infarto sul ghiacciaio del Grenz davanti agli occhi attoniti di Margherita che, scioccata dall’improvvisa perdita, decise di non salire più su quelle vette che tanto amava e di ammirarle soltanto da lontano.
Una propria e stabile dimora
La fatale disgrazia portò al desiderio di avere una propria e stabile dimora da costruire ex novo per continuare a soggiornare nell’amata vallata. Già nel 1895 la macchina amministratrice della Real Casa di Savoia iniziò ad acquistare i terreni e a stipulare i relativi atti amministrativi. Esattamente cinque anni dopo la morte del barone, il 24 agosto 1899, venne posata la prima pietra con una cazzuola – con manico d’ebano intagliato su cui fu incisa un’iscrizione a fondo dorato – per la costruzione della Real Palazzina progettata dall’architetto capo dell’Ufficio Tecnico della Real Casa Emilio Stramucci.
Alla cerimonia inaugurale, terminata con fuochi d’artificio, parteciparono la Regina vestita con il tipico costume di Gressoney, il Re reduce dalle battute di caccia, il Sindaco Antonio De La Pierre, il parroco don Ferdinando Ballot e una gran folla di spettatori accorsi da ogni villaggio della Valle del Lys.
Lo stile eclettico spaziava dal liberty al gotico, riprendendo alcuni particolari dai manieri medievali valdostani come i soffitti in legno a cassettoni decorati e perfettamente conservati, i motivi a pergamena intagliati nel legno, i finti arrazzi dipinti e le bifore della sala da pranzo. Le splendide pitture ornamentali furono realizzate dal giovane Carlo Cussetti e vennero inoltre impiegate numerose maestranze locali dalle tradizioni culturali walser come il falegname Floriano Lateltin (2).
Sono in un bellissimo piccolo castello
L’ambizioso progetto costò oltre 1.500.000 lire e i lavori terminarono definitivamente nel 1907: Umberto I non poté vedere il castello ultimato a causa del regicidio. Durante la cerimonia ufficiale d’inaugurazione del 24 agosto 1904 venne scolpita a rilievo e a caratteri gotici nel pilastro sinistro dell’ingresso la scritta Castel Savoia. «Sono in un bellissimo piccolo castello che il povero Re aveva incominciato per me e che il Re mio Figlio ha avuto la generosità di finire e di darmi. La posizione è magnifica; attorniato da grandi boschi e davanti si stende tutta l’amena e verdissima valle, ed il Monte Rosa si alza proprio di faccia alle mie finestre; è uno spettacolo magnifico» (3).
La dimora della Regina rispecchia la sua personalità e le sue preferenze estetiche, a cominciare dalle margherite che decorano ogni ambiente.
La Gran Sala d’ingresso vanta un imponente scalone in rovere, opera d’arte dello scultore intagliatore Michele Dellera, apparso nel film Il peggior Natale della mia vita (2012). Sulle pareti, i soffitti, le boiseries, il mobilio e i camini è possibile riconoscere i vari simboli di Casa Savoia: lo scudo sabaudo di rosso alla croce d’argento, la croce di San Maurizio (4)335, il FERT (5), l’aquila della Moriana, il leone, i nodi d’amore, il motto Sempre avanti, le iniziali MS (Margherita di Savoia) e gli immancabili fiori eponimi.
Con indosso il costume tipico di Gressoney
Nell’atrio è presente anche un quadro di Giuseppe Bertini che ritrae la sovrana nel 1890 con indosso il costume tipico di Gressoney. La sala da pranzo ha la particolarità di essere distante dalle cucine – l’attuale biglietteria del castello – per evitare inneschi di fuochi e odori sgraditi. Esse erano collegate da una galleria sotterranea dove i vassoi venivano trasportati sui carrelli di una piccola doppia ferrovia décauville porta vivande e, tramite due montacarichi, raggiungevano il cosiddetto office dove venivano scaldati i piatti prima di essere serviti a tavola.
Il piano terra ospita anche la veranda panoramica, dove si può ammirare uno splendido scorcio sui ghiacciai del Monte Rosa, il salotto con le librerie e il biliardo, la sala lettura e l’ingresso dello staffiere con il guardaroba. Si notano ancora i fili elettrici con gli interruttori in ceramica poiché già all’epoca il castello disponeva di elettricità e, inoltre, ogni stanza era riscaldata da moderni termosifoni: i camini avevano prevalentemente una funzione estetica. Ogni sala era dotata di un sistema di campanelli per chiamare il personale di servizio in caso di necessità.
Al piano superiore
Al piano superiore, quello nobile, sono aperte al pubblico la stanza di Sua Maestà, decorata con raffinata tappezzeria in seta definita Pekin gobelin, dotata di balcone, studiolo panoramico e bagno privato con vasca e acqua corrente calda e fredda; la camera dell’ultimo Re d’Italia Umberto II e quella della dama di compagnia, la marchesa Paola Pes di Villamarina dove sono esposte delle fotografie d’epoca, oltre a una slitta triposto, un quadro che ritrae il barone Luigi Beck Peccoz e un plastico del gruppo del Monte Rosa.
Tutte le camere da letto, comprese quelle del personale di servizio, erano munite di gabinetto isolato. L’altro lato del piano nobile, quello superiore con gli appartamenti riservati ai gentiluomini di corte e ai Carabinieri reali e le stanze del personale di servizio in cima alla Gran Torre non sono visitabili, così come i sotterranei.
La presenza del figlio Vittorio Emanuele III si nota solamente nelle iniziali VEIII dipinte sulle pareti dell’atrio di fronte a quelle della madre MAS (Margherita Augusta di Savoia) in quanto preferiva recarsi nelle atre dimore della Famiglia Reale. L’augurio gioioso da parte della Regina ai suoi ospiti «Hic manebimus optime» (6) dipinto sul soffitto in cima allo scalone sembra essere tuttora valido per i visitatori, a distanza di 117 anni.
Vittorio Emanuele III si affrettò a mettere in vendita
Margherita di Savoia vi soggiornò sino all’anno prima della sua morte, avvenuta a Bordighera il 4 gennaio 1926. Vittorio Emanuele III si affrettò a mettere in vendita la residenza più cara alla madre (7) svuotandola e cedendola nel 1939 all’industriale milanese Ettore Moretti, fornitore della Real Casa che lo usò saltuariamente in occasione di feste ed eventi di rappresentanza.
Nel 1956 scorporò il possedimento donando all’istituto gesuita “Leone XIII” di Milano una parte del parco e la Villa Belvedere tuttora soggiorno estivo degli alunni e dei padri gesuiti.
Alla sua morte il castello passò alla società immobiliare Auriga S.r.l. di Milano e venne infine acquistato dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta nel 1981 al prezzo di 925.000.000 di lire più I.V.A.
La Passeggiata della Regina e gli altri spazi
Su una facciata esterna è presente una meridiana recante la scritta «Sit patriae aurea quaevis» (8) realizzata nel 1922 dal Capitano Enrico Alberto D’Albertis. Il parco ospita l’edificio denominato Romitaggio Carducci in onore del poeta toscano cantore della Regina e il grazioso giardino botanico alpino, inaugurato nel 1990. La sovrana, appassionata di escursioni in montagna, fece realizzare un sentiero nel bosco che dal maniero portava in circa venti minuti al Lago Gover nel centro di Gressoney-Saint-Jean: ancora oggi la Passeggiata della Regina è molto frequentata e apprezzata dai turisti.
Il 2021 ha visto l’inaugurazione dello spazio espositivo allestito nell’edificio che originariamente ospitava la rimessa dell’autovettura della Regina. L’intervento si inquadra nell’ambito del progetto JardinAlp – Jardins des Alpes, finanziato dal programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia 2014/2020 Alcotra (FESR), dedicato alla valorizzazione dei giardini botanici dell’arco alpino occidentale.
Nell’ambito del progetto, nel periodo 2017/2020 l’Amministrazione regionale ha eseguito lavori di restauro e riallestimento delle roccere per migliorare l’accessibilità da parte dei disabili e ha organizzato varie iniziative di animazione artistica e culturale e installazioni di land art (9) .
Lo spazio espositivo, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali dell’Assessorato ai Beni culturali, Turismo, Sport e Commercio, permette di arricchire l’offerta turistico-culturale del castello: i visitatori potranno trovare nel rinnovato edificio un punto informativo e di accoglienza, godendo di una sorta di anteprima in attesa della visita guidata mediante l’utilizzo di supporti multimediali e pannelli dedicati alla flora e principalmente a Margherita di Savoia.
I ricordi reali a Gressoney
Nel centro di Gressoney-Saint-Jean, accanto all’ingresso della chiesa parrocchiale, è presente un busto in bronzo della Regina sotto al quale è presente il suo stemma coronato circondato da mazzi di margherite e stelle alpine. «Perché questo luogo che tanto amo ancor si adorni del buon regal sorriso e l’augusto esempio di umile fede nei memori cuori eternamente viva. Gressoney St. Jean e La Trinité con animo devoto Margerita Regina d’Italia nel ricordo non caduco e nel rimpianto onorano. 9 settembre MCMXXVIII» reca il messaggio inciso sul monumento realizzato da Emilio Musso e inaugurato nel 1928 in presenza del Principe Umberto.
Nella vicina Ondre Platz (piazza Umberto I) si erge al centro il busto di Re Umberto I in abiti militari realizzato nel 1901 dallo scultore Emilio Sperati su commissione dei baroni Beck Peccoz come si legge sul retro: «In devozione i fratelli Carlo e Antonio Baroni Peccoz MCMI». Al di sotto del busto appare il messaggio: «A Umberto I° Re d’Italia».
Fino a pochi anni fa, nei giardini pubblici di Pont-Saint-Martin, erano presenti due Pini dell’Himalaya (Pinus Wallichiana/Pinus excelsa) piantati per volontà della sovrana che durante il tragitto da Torino alla residenza estiva di Gressoney-Saint-Jean era solita effettuare in questo punto il cambio della carrozza.
I tronchi delle due piante ornamentali, chiamate appunto “i Pini della Regina”, dopo oltre 130 anni si sono trasformati nel 2018 in sculture dagli artigiani valdostani Ornella Cretaz, Giuseppe Binel, Sebastiano Yon e Simone Allione e raffigurano la Ninfa del Lys e un bambino intento a giocare.
NOTE
(1) L. Regolo, Margherita di Savoia. I segreti di una Regina, cit., pp.423 e 469.
(2) Il suo lavoro di falegnameria fu così apprezzato dalla Regina che gli concesse la facoltà di fregiare l’insegna del suo laboratorio nel borgo di Champsil dello stemma della Real Casa di Savoia.
(3) L. Regolo, Margherita di Savoia. I segreti di una Regina, cit., p.730.
(4) San Maurizio è il protettore della dinastia almeno dall’XI secolo, da quando il Conte Pietro I nel 1076 venne infeudato del monastero di Saint-Maurice d’Agaune, centro del culto del santo dov’era conservata anche la sua spada.
(5) Il significato del motto FERT è ancora molto discusso, tra i più conosciuti si rammenta la terza persona singolare del verbo latino fero-fert-tuli-latum-ferre, ovvero portare, ma anche sopportare. Un invito ad accettare tutte le difficoltà e le responsabilità che un potere di tali dimensioni comporta.
(6) «Qui staremo/soggiorneremo benissimo».
(7) Esasperato dai vari tentativi di vendita falliti, Re Vittorio Emanuele III nel 1934 cercò di trarre guadagno almeno dal taglio del bosco di conifere, risultato poi fortunatamente troppo vecchio e dal legno poco sfruttabile industrialmente poiché cresciuto per decenni in modo naturale come voleva la Regina Madre.
(8) «Ogni ora sia d’oro per la patria».
(9) Il mese di agosto 2019 ha visto l’installazione delle opere Looking For, delle rocce che rappresentano occhi con iridi colorate, ideate dall’artista valdostana Chicco Margaroli.
LEGGI TUTTI I CONTRIBUTI DI CATERINA PIZZATO
(in parte tratto da L’apporto della Famiglia Reale allo sviluppo turistico
della Valle d’Aosta da metà Ottocento al 1946, tesi di Laurea magistrale all’Università della Valle d’Aosta, anno 2021, per gentile concessione di Caterina Pizzato. Abbiamo aggiunto i titoli dei paragrafi, il titolo, qualche minimo aggiustamento per la lettura e con i grassetti e i corsivi Le immagini sono a cura della redazione di Nos Alpes).
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