Alla fine del 2025 e a conclusione del periodo di co-presidenza EUSALP Austria-Liechtenstein, vale la pena tornare sul Rapporto sullo stato del territorio della regione alpina, pubblicato a Vienna il 3 novembre scorso. Si tratta di un’analisi tecnica sulle principali trasformazioni in atto, con numerose tavole grafiche – già diffuse nelle settimane precedenti come anticipazione del rapporto sulle reti social – che descrivono diversi gruppi di dati e li dispongono sulla carta del territorio alpino.

Il documento è stato redatto su incarico del ministero austriaco dell’Agricoltura e della protezione del clima.

L’iniziativa va nella direzione di un miglioramento dell’efficacia della cooperazione EUSALP. Fornisce a tutti i territori alpini uno strumento a supporto delle decisioni politiche nei settori dell’innovazione, della mobilità, dell’ambiente e dello sviluppo regionale.

Per esempio, su crescita economica e innovazione

Il rapporto propone una lettura territoriale delle politiche europee, con riferimento al piano d’azione aggiornato di EUSALP. Su un totale di 71 temi, ne sono stati selezionati 14 ritenuti rilevanti dal punto di vista territoriale e di interesse transnazionale. I criteri principali sono tre: uso del suolo, reti e connessioni (fisiche ed ecologiche), differenze regionali.

Una delle carte presenti nel Rapporto

Per esempio, nel capitolo dedicato alla crescita economica e all’innovazione, il rapporto evidenzia una forte concentrazione delle istituzioni di ricerca nelle aree urbane prealpine, come Milano, Lione, Monaco e Vienna, a discapito delle aree alpine propriamente dette. Soltanto poche città montane, tra cui Innsbruck, Bolzano, Trento e Lugano, ospitano università di dimensioni rilevanti.

Le regioni prive di centri universitari o di ricerca applicata faticano ad attrarre manodopera qualificata e risorse pubbliche. Il rapporto propone il rafforzamento di centri decentrati di ricerca e insegnamento universitario, con caratteri specializzati, in linea con strategie di “smart specialisation” adattate al contesto alpino.

L’agricoltura tra estensività e pressioni ambientali

Il settore agricolo, pur in calo occupazionale, continua a svolgere un ruolo rilevante in molte aree montane, in particolare in Austria, Slovenia e Svizzera. Il documento segnala la diffusione dell’agricoltura biologica lungo l’arco alpino centro-settentrionale, mentre in Italia e in Francia meridionale il settore è meno sviluppato.

Maggiore e minore diffusione dell’agricoltura biologica, nelle carte del Rapporto

Secondo il rapporto, l’espansione di filiere corte e modelli circolari (“cradle to cradle”) può contribuire a rafforzare le economie locali, ma è necessario bilanciare lo sfruttamento produttivo con la tutela del paesaggio, della biodiversità e delle risorse idriche. In particolare, si osserva un crescente conflitto tra agricoltura, turismo e urbanizzazione nei fondovalle alpini.

Turismo intenso e necessità di un riequilibrio sostenibile

Il turismo viene descritto come un settore economico strategico, ma con criticità. Le mappe del rapporto mostrano un’alta intensità turistica in alcune zone montane (Trentino, Alto Adige, Tirolo, Savoia, Grigioni) dove si registrano fino a 10.000 pernottamenti per 100 abitanti, in gran parte dovuti a turisti stranieri.

Secondo il rapporto, l’eccessiva concentrazione del turismo in pochi poli montani genera sovraccarichi ambientali, pressioni sul suolo e squilibri stagionali.

Viene proposta una strategia di diversificazione che valorizzi le aree meno conosciute attraverso forme di turismo ecologico e culturale, anche in connessione con la rete europea Natura 2000. Il turismo viene visto anche come leva potenziale per la coesione sociale e lo sviluppo dei servizi nelle aree più isolate.

La carta del Rapporto sulla concentrazione delle presenze turistiche nelle Alpi

Spopolamento e “fuga dei cervelli”

Il fenomeno del declino demografico, soprattutto giovanile, rappresenta una delle questioni centrali del rapporto. Tra il 2015 e il 2020 la regione alpina ha perso circa 1,2 milioni di persone in età lavorativa. La tendenza è particolarmente marcata nelle valli periferiche, dove la mancanza di opportunità lavorative, infrastrutture digitali e servizi induce una progressiva emigrazione.

Il rapporto individua nella promozione del lavoro a distanza, nei green jobs e nel miglioramento della connettività digitale alcune risposte possibili. Viene inoltre sottolineata la necessità di politiche attive per la parità di genere nell’accesso all’occupazione e di investimenti nella formazione professionale locale.

Mobilità frammentata e disuguaglianze di accesso

Nel campo della mobilità, il documento analizza l’accesso ai corridoi di trasporto europei (TEN-T). Le infrastrutture principali (es. Brennero, Gottardo, l’attuale e futura Lione-Torino) sono ben collegate alle aree metropolitane e ai nodi logistici, ma gran parte delle valli alpine rimane isolata o priva di collegamenti efficienti.

Il rapporto rileva che il trasporto merci su strada è ancora dominante, in particolare nei corridoi industriali del nord Italia e della Francia rispetto ai transiti tra Italia e Svizzera e nelle alpi orientali, mentre il trasferimento modale su ferrovia è limitato.

L’accessibilità alle stazioni ferroviarie resta difficile in molte aree. In assenza di servizi pubblici competitivi, la dipendenza dall’auto privata aumenta e con essa le emissioni.

Rischi ambientali e resilienza climatica

Nel capitolo ambientale, il rapporto descrive le Alpi come una delle regioni più vulnerabili al cambiamento climatico in Europa. Tra gli impatti attesi segnala lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento degli eventi estremi e la scarsità idrica, che rischiano di compromettere sia la biodiversità sia i sistemi socioeconomici locali.

Le Alpi sono “la torre d’acqua d’Europa”, e il rapporto sottolinea l’urgenza di una governance integrata delle risorse idriche, in particolare nei periodi di siccità. Inoltre, propone una pianificazione condivisa per l’espansione delle energie rinnovabili, che tenga conto dei vincoli paesaggistici e delle necessità delle comunità locali.

Una prospettiva territoriale integrata

Il rapporto si conclude con una riflessione sulle possibilità di costruire una prospettiva territoriale integrata per l’intera regione alpina. Secondo i redattori, la frammentazione attuale delle politiche spaziali, spesso limitate ai confini amministrativi nazionali o regionali, non è in grado di affrontare in modo efficace le sfide comuni che interessano l’arco alpino. In questo senso, è evidente e in parte sottinteso nel rapporto il sovrapporsi di politiche transnazionali: ci sono EUSALP, la convenzione delle Alpi e interreg Spazio alpino, che si affiancano a politiche nazionali, regionali e locali.

Tuttavia, le dinamiche del cambiamento climatico, della pressione turistica, della mobilità e dell’uso del suolo non si arrestano ai confini amministrativi e politici e richiedono un approccio transfrontaliero e intersettoriale.

L’idea di una prospettiva integrata non dovrebbe costituire con un piano vincolante sovranazionale di pianificazione territoriale, ma si configura piuttosto come una cornice di riferimento – e su questo il rapporto è prudente – utile per orientare le politiche pubbliche ai diversi livelli, e la cooperazione tra Stati, Regioni e soggetti comunali e intercomunali, oltre che i portatori di interessi.

Conoscere per deliberare, anche nelle Alpi

Il documento suggerisce una serie di strumenti e contenuti che potrebbero costituire la base di questa visione condivisa. Tra questi, identifica obiettivi comuni per lo sviluppo territoriale, regole per la gestione dei conflitti tra usi del suolo, mappe tematiche e schemi che aiutino a visualizzare le relazioni territoriali su scala alpina. Diverse mappe infatti sono già presenti nel rapporto.

Si propone di definire di criteri comuni per valutare l’impatto territoriale delle politiche settoriali. Ad esempio, l’espansione delle energie rinnovabili, lo sviluppo del turismo o l’accessibilità digitale dovrebbero essere valutati anche in termini di coerenza con gli obiettivi di equilibrio territoriale, protezione ambientale e coesione sociale. In questo senso, il rapporto invita a superare la logica degli interventi isolati o orientati esclusivamente all’efficienza economica, proponendo invece un metodo di lettura e azione che tenga conto della complessità territoriale dell’arco alpino.

La prospettiva integrata proposta nel documento si basa anche sull’idea che la cooperazione tra istituzioni esistenti possa generare effetti sinergici.

In particolare, esiste una potenziale di una convergenza tra la Convenzione delle Alpi, che ha valore giuridico e si concentra sulle aree montane, e EUSALP, che opera in modo più flessibile su scala macroregionale, includendo anche le aree peri-alpine. Questa convergenza permetterebbe di coniugare orientamenti strategici e strumenti operativi, rafforzando la capacità di risposta ai cambiamenti in atto. Anche in questo caso, si tratta di integrare le attività in una prospettiva comune, e di superare le frammentazioni.

Infine, il rapporto evidenzia il ruolo della conoscenza condivisa come fondamento per una governance territoriale più efficace. La creazione di un sistema di indicatori comuni, la disponibilità di dati territoriali comparabili e la diffusione di mappe e analisi spaziali sono considerate condizioni necessarie per supportare scelte politiche informate.

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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