Usseglio è un paese delle Valli di Lanzo (Alpi Graie) che merita di essere visitato per l’esistenza, nella novecentesca parrocchiale dell’Assunta, di una Madonna vestita del XVIII secolo. Proveniente dalla chiesa antica, questa opera di particolare interesse è racchiusa in una teca situata in un angolo poco luminoso. Rischia di passare inosservata e sarebbe un peccato in quanto si tratta di una rara testimonianza di come un tempo era vissuta la devozione a Maria Vergine.

Tra gli altri aspetti distintivi del paese spiccano la bellezza dell’ambiente montano e la presenza di un museo con collezioni naturalistiche e storico-artistiche, di recente riallestito e ricco di proposte, il Museo Civico Alpino “Arnaldo Tazzetti”.

L’attuale chiesa parrocchiale di Usseglio, XX secolo (c) Anna Maria Colombo

La tradizione delle Madonne

Per descrivere ai lettori di “Nos Alpes” la Madonna di Usseglio mi avvalgo delle immagini realizzate in occasione del suo ripristino, avvenuto nel 2006 a cura delle monache del laboratorio di restauro tessile dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae” che ringrazio. Queste immagini potranno essere utilizzate dal visitatore per apprezzare le diverse parti che compongono l’opera, ma si raccomanda di informarsi preventivamente sugli orari di apertura della nuova parrocchiale.

L’antica chiesa parrocchiale di Usseglio, XVII secolo (c) Anna Maria Colombo

Le statue barocche raffiguranti la Madonna che si possono vedere sugli altari delle chiese e degli oratori alpini sono, per la maggior parte, sculture lignee policrome e dorate. L’artista intaglia nel legno la figura femminile e le sue vesti con il loro movimentato drappeggio.

Invece ciò che caratterizza le Madonne vestite, indipendentemente dal grado di rifinizione della figura – statua o manichino -, è il fatto di essere dotate di abiti veri.

La Madonna vestita di Usseglio è alta poco meno del naturale, quasi fosse una bambina. Il viso e parte del petto sono di cartapesta, gli occhi di vetro e i capelli di stoppa.

La Madonna di Usseglio

Il corpo di legno, che l’abito nasconde, ha braccia articolate (le mani anch’esse di cartapesta sono andate perdute) ed è intagliato in modo da delineare una sottana che lascia scoperte gambe e piedi, che privi di calzature sono tutt’uno con il piedistallo. Nella parte posteriore il legno appare scavato al fine di rendere l’opera meno pesante.

Il manichino di legno ha le braccia articolate. Il volto e il petto sono di cartapesta, gli occhi di vetro e i capelli di stoppa (c) Laboratorio di restauro dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae”
Il manichino di legno nella parte posteriore è stato scavato per alleggerirne il peso (c) Laboratorio di restauro dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae”

Maria è una modesta e affabile fanciulla, ma come nella favola, la più nota, l’abito con cui è giunta sino a noi la trasforma, facendola sembrare più adulta e conferendole regalità.

L’abito della Madonna è confezionato con un prezioso tessuto di seta broccato del Settecento (c) Laboratorio di restauro dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae”
Particolare del volto della Madonna incorniciato dal manto rifinito da una trina argentata (c) Laboratorio di restauro dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae”

L’abito e il manto della Vergine sono confezionati con un bellissimo tessuto di seta azzurra broccato con fili policromi e d’oro-argento. Databile al terzo quarto del XVIII secolo il suo disegno si compone di un ramo continuo e ondulante al quale si intrecciano steli di peonie, tulipani e garofani.

I disegnatori tessili dell’epoca, per riprodurre con fedeltà le diverse specie, erano soliti frequentare gli orti botanici. Le innovazioni tecniche avvenute in ambito tessile consentivano loro persino di riprodurre le sfumature di colore delle corolle, come nel ricamo.

L’abito

Le più rinomate produttrici di articoli voluttuari di questo genere erano le manifatture seriche di Lione. Ma non mancavano setifici in Italia (a Venezia, a Genova, ma non solo) capaci di produrre tessuti all’incirca di pari qualità. Gli acquirenti appartenevano alle élite sia laiche, sia ecclesiastiche.

Sebbene oggi possa risultare bizzarro, gli armadi delle sacrestie del secolo dei lumi custodivano in bell’ordine paramenti liturgici confezionati con i medesimi raffinati tessuti serici sfoggiati dalle dame nelle loro toilette. Quest’uso indifferenziato consentiva la pratica, soprattutto femminile, di donare per ragioni devozionali un proprio prezioso abito, affinché se ne ricavassero dei paramenti sacerdotali, o con minor dispendio e maggior onore, lo si adattasse, come nel nostro caso, a una effige mariana.

In sintesi, per trasformare un capo alla moda di pieno Settecento in una veste adatta alla Madonnina, si dovette procedere sacrificando la parte posteriore dell’abito – abbondante di pieghe secondo la foggia del tempo – per poi riconfezionarla in forma di manto. L’ultima immagine mostra come l’abito, privato della sua parte posteriore, sia ancorato al manichino attraverso l’uso di nastri.

Parte posteriore del manichino, adattamento dell’abito (c) Laboratorio di restauro dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae”

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Anna Maria Colombo ha insegnato Storia dell’Arte Alpina all’Università di Torino e tenuto seminari e partecipato a progetti di studio e restauro sui tessuti antichi per varie istituzioni, fra cui l’Università Pontificia Giovanni Paolo II a Cracovia. Ha scritto per Allemandi, Interlinea, Priuli e Verlucca, Silvana Editrice ed altri. Tiene una rubrica sulla letteratura di montagna per Coumboscuro, periodico della minoranza provenzale in Italia.

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