La festa transfrontaliera del Pan Ner, o pane nero in lingua italiana, è anzitutto un fatto culturale e sociale.

Dopo l’industrializzazione e l’arrivo delle strade ai più lontani villaggi di montagna, la coltura della segale è quasi scomparsa. Eppure, tra villaggi e comunità che neppure si conoscono, è scattato un impulso alla conservazione dei forni e del pane nero, come elemento di identità delle famiglie, dei luoghi, dell’appartenenza. In tutte le Alpi, nei villaggi anche in quelli abbandonati e poi recuperati, la prima cosa che si è cercato di salvare o mantenere è il forno del pane.

Questo valore spontaneo della cultura del Pan Ner da nove anni è diventata una festa trasnfrontaliera, in numerosi villaggi e comunità dell’intero arco alpino.

Salvare la segale, i mulini e i forni intorno alle comunità

C’è stato un attaccamento alla produzione della segale, al recupero dei mulini, all’accensione dei forni e alla cottura dei pani. A Erschmatt, nel comune di Leuk/Loech in Vallese, si è preservata la varietà di segale locale, come ha fatto l’Institut Agricole Régional di Aosta per la segale autoctona della Val di Rhêmes. Nel tempo, sono stati recuperati a La Magdeleine otto mulini posti in fila sullo stesso e ripido corso d’acqua. A Sarreyer in Vallese, hanno aggiustato e rimesso in funzione il mulino con le sue vecchie macine e la sua struttura in legno, e ancora produce farine.

E poi, proprio per la cottura del pane, ogni comunità e territorio si fa vanto di cuocere il pane con la propria segale, coltivata poco distante, o comunque nel territorio.

Nelle attività che si svolgono intorno al forno, organizzato da ogni singola comunità, si trova speso il coinvolgimento dei bambini, e spesso per assicurare la continuità tra le generazioni.

Non è infatti banale gestire l’accensione, il mantenimento della temperatura, la fase di cottura nel forno. Durante l’anno, in varie località e nella stessa Valle d’Aosta vi sono corsi di panificazione tradizionale e corsi di gestione del forno.

La festa transfrontaliera da nove anni

La festa transfrontaliera del Pan Ner, i Pani delle Alpi, trova sabato 26 e domenica 27 ottobre a Châtillon in Valle d’Aosta, il momento centrale della celebrazione, perché da qui è venuta l’idea di continuare l’accensione collettiva dei forni, nata da un progetto Interreg Italia-Svizzera, ormai nove anni fa. È uno dei casi in cui i progetti finanziati non restano nel cassetto ma vanno avanti.

I forni della festa transfrontaliera non si accendono tutti insieme.

Nel Massif des Bauges, in Francia, tra Grenoble, Albertville e Annecy, vi sono dodici forni che vengono accesi tra ottobre e novembre, per la Fête aux Fours. Nei Grigioni, a Poschiavo la festa si concentra a Casa Tomé e si è tenuta il 19 ottobre.

In Valle d’Aosta producono il pane tutti insieme il sabato che precede a festa, quest’anno saranno 70 forni in 49 comuni dei 74 totali della piccola regione alpina. Ognuno ha una sua storia, una sua posizione antica, e nella sola La Salle ne accendono sette.

In Val Camonica, nella provincia di Brescia, sono stati accesi i forni in 14 località, con programmi specifici che hanno anche coinvolto le famiglie e le scuole e momenti di comunità con canti e balli tradizionali. In Valtellina, in provincia di Sondrio, i forni sono stati undici, con momenti di festa e pani dedicati: a Teglio, per esempio, il pane nero si chiama brazadele. E poi si sono accesi quattro forni in provincia di Bergamo e poi altri ad Albizzate in provincia di Varese e quello di Lozzolo, in Piemonte.

Il pane nero d’Erschmatt, a Châtillon il 27 ottobre 2024 (c) Nos Alpes Enrico Martial

Da Erschmatt, poco oltre la vallesana Sierre, che partecipa quest’anno per la prima volta, porteranno domenica il loro pane a Châtillon, dove sarà valutato fuori concorso.

Il valore UNESCO

Il valore della festa transfrontaliera del Pan Ner è di aver iniziato da dare una riconoscibilità e una visibilità internazionale a un elemento del patrimonio culturale vivente per tutte le Alpi, nell’ambito dell’alimentazione tradizionale.

È immateriale (in senso UNESCO) perché è cultura composta di tecniche di gestione dei forni, di modi per costruire e gestire le filiere alimentari della segale, di mulini, di comunità, di linguaggi, di transizione tra generazioni.

Ha un suo punto di forza anche nella diversità. La croce che si pone sopra il pane, simbolo cristiano ma anche modo per disegnarne la cottura, è molto diffusa, ma non c’è dappertutto.

Del pane nero di segale ci sono versioni dolci: per esempio a Issogne, che con orgoglio afferma che il Pan Ner, da loro, è la Piata. Il nome cambia, a Poschiavo per esempio si chiama brasciadèla.

I territori che partecipano sono sparsi sulle Alpi, dalla Valle d’Aosta al Vallese, da Valposchiavo alla Lombardia in Valle Antrona alla Slovenia in alta Gorenjska. Ci sono altri forni che si accendono d’autunno in tutte le Alpi, e neppure si sa.

La Festa di domenica a Châtillon

Sabato i forni saranno accesi in tutta la Valle d’Aosta, con programmi dedicati per ognuno. Domenica 28 ottobre, a Châtillon, si terrà appunto la festa conclusiva.

Quest’anno viene associata a un altro alimento tradizionale, il miele, per il quale ogni anno viene qui organizzato un incontro, che si unisce quindi con il Pan Ner, in una occasione nuova per entrambi gli eventi.  Ci sono varie attività, come le visite guidate del borgo e della sua dimensione antica e storica.

Soprattutto, ci sarà la premiazione dei pani, che ogni anno è carica di competizione e di attese. È un momento di vera festa, con i balli tradizionali in costume, musiche, canti.

In occasione delle ultime edizioni, a La Salle o a Aymavilles, si è radunata una bella parte della Valle d’Aosta con ospiti da altri villaggi di montagna. È un ambiente caloroso e vivo, che la gente delle Alpi conosce bene, e che genera stupore per chi ancora non l’ha visto.

LEGGI ANCHE : L’analisi del “Mondo contadino” di Renzo Baschera

Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

Exit mobile version