Un racconto in cinque parti dedicato a Joseph-Samuel Farinet, falsario ed eroe popolare in Vallese e nelle Alpi, nato a Saint-Rhémy (ora in Saint-Rhémy-en-Bosses), in Valle d’Aosta, nel 1845.


– Joseph aspetta, facci vedere quel tuo violino.

Un gruppo di sei ragazzi di non più di 14 anni si dispose in cerchio attorno al piccolo Joseph-Samuel Farinet. È un ragazzo minuto, con dei pantaloncini corti e delle spesse calze che non arrivano a coprirgli le ginocchia, ha una giacca molto più grande della sua taglia con dei buchi sui gomiti, non abbastanza pesante per l’inverno della Coumba Freida.

Sulle spalle porta a fatica una pesante cartella in legno, è l’unico ad avere la cartella che non pende fino alle ginocchia, sembra essere fatta su misura per lui. Nelle mani, con garbo, tiene un violino dalla forma rudimentale ma non gli manca nulla, ha anche l’archetto.

– Dove lo hai preso? Chiese il ragazzo più alto di tutti avvicinandosi a Joseph.

– L’ho fatto io. Rispose Joseph intimorito. Gli altri in cerchio iniziarono a ridere a crepapelle.

– E magari lo sai anche suonare?

Il violino è più grosso di lui. Lo posiziona sulla spalla sinistra e adagia la guancia su di una piccola fossetta incavata nel legno, fatta su misura per il suo minuscolo viso. Inizia a suonare una canzone popolare. Il suono è un po’ sporco e lui non è un gran violinista, le risate coprono la musica. Il cerchio di ragazzi si stringe attorno a Joseph e quello più alto gli strappa il violino dalle mani.

-Se lo hai fatto tu, allora lo saprai rifare. Prende il violino dalle corde e inizia a sbatterlo con tutta la sua giovane e brutale forza a terra. Il violino si rompe in mille pezzi. Le risate continuano. Joseph resta a guardare con gli occhi colmi di lacrime e di rabbia. Il cerchio si scioglie e le risate riecheggiano in lontananza mentre Joseph in ginocchio sulla neve raccoglie i cocci del suo violino. Singhiozza e inveisce tra sé contro quei bulli. Una voce angelica che lui conosce benissimo risuona alle sue spalle e gli chiede cos’è successo. È Adélaïde, una bambina esile che regge a fatica sulle spalle una pesante cartella in legno. Il suo cappotto è nuovo, imbottito e su misura.

– L’hanno rotto. Risponde Joseph.

Adélaïde posa la sua cartella sulla neve e si inginocchia con lui, assieme raccolgono ciò che resta: pezzi di legno informi tenuti assieme dalle quattro corde.

– Ne farai uno più bello.

Gli passa l’archetto ormai spezzato in tre parti e le loro mani si sfiorano. Joseph la guarda con gli occhi ancora pieni di lacrime.

– Hanno sfilacciato le crine dell’archetto, dovrò riprenderle dal cavallo e lui non è mai contento quando gliele prendi.

– Capirà. Disse Adélaïde. Joseph ammicca un sorriso.

Per più di una settimana il banco di Joseph resta vuoto. Adélaïde ogni mattina entra in classe con la speranza di vederlo lì, con un nuovo violino, con il suo bel sorriso e gli occhi grigi come quelli di un lupo. Ma sono ormai 10 giorni che di Joseph non si hanno notizie.

Finalmente un giorno si presenta a scuola senza cartella. Tra le mani ha un violino e un archetto nuovi di zecca. Aspetta che tutti gli alunni entrino in classe, per ultimo arriva il gruppetto che lo ha circondato qualche settimana prima. Il ragazzo più alto lo guarda fisso negli occhi e poi nota il nuovo archetto posato sul banco, e vicino a questo un violino ancor più bello di quello che già aveva distrutto.

Joseph si alza in piedi si mette al centro della classe, proprio davanti al banco di Adélaïde che lo guarda sorridente. Inizia a suonare, e questa volta quella musica popolare si riconosce, scorre lenta e dolce tra le corde, si fa strada nella pancia del violino e si spande nell’aria della classe. Nessuna risata copre la musica e nessuno rise più di lui da quel giorno.

Alla fine delle lezioni Joseph esce con il suo violino in mano e Adélaïde lo raggiunge, non si dicono niente. Ogni tanto si guardano e si scambiano sorrisi. Lui nota che la pesante cartella in legno di lei ha le bretelle lunghe e così ad ogni passo che fa questa sbatte contro le sue cosce.

– Aspetta, dammi la tua cartella. Le dice.

Adélaïde se la sfila e la consegna nelle mani di Joseph senza fare domande, si fida di lui. Joseph fa un nodo alle bretelle fatte di corda, posiziona la cartella sulle piccole spalle di Adélaïde e stringe il nodo fino a che il pesante cubo di legno non le resta attaccato alla schiena, senza più muoversi.

– È come la tua adesso, sai fare tutto con quelle mani.

– Con queste mani un giorno ti sposerò Adélaïde, te lo prometto.

LE CINQUE PARTI DEL RACCONTO DI JACQUES MARTINET SU FARINET

Ha studiato al Dams a Torino e poi all’Alma Mater a Bologna. Nel 2022 un tirocinio lo ha portato a Roma, a lavorare inizialmente nella produzione della serie Suburræterna e poi in altre produzioni cinematografiche. Appassionato di letteratura e sceneggiatura ha pubblicato il suo primo racconto sul sito Racconti nella rete dell'associazione LuccAutori.

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