Racconto in quattro parti di Jacques Martinet. L’armée e il capitano di Napoleone scendono da Saint-Rhémy ad Aosta e a Châtillon, verso il Forte di Bard
Mentre Napoleone è avvolto nella bufera sul Colle del Gran San Bernardo, guidato da Pierre, la sua armata ha sconfitto gli austriaci ad Aosta e, successivamente, a Châtillon nel cuore della Valle. L’Armée continua la sua marcia verso il Piemonte con le bandiere francesi in bella vista ma un ostacolo sottovalutato rischia di compromettere la loro campagna lampo. Quell’ostacolo, che li terrà impegnati in una logorante battaglia per diversi giorni, è il Forte di Bard.
All’interno del forte 400 uomini dell’esercito austriaco, con a capo il comandante Bernkopf, combattono come possono l’immensa armata francese. Sono impauriti, sanno di dover affrontare un numero immenso di nemici ma le mura del forte e la sua posizione strategica danno loro forza e coraggio. Costruito sulla rocca di Bard, stretto in mezzo alle montagne, con la Dora Baltea a circondarlo per due terzi il forte si erge in tutta la sua possanza e bellezza. Bernkopf è cosciente del fatto che le munizioni e il coraggio dei suoi uomini non dureranno a lungo ma ha già rifiutato la prima condizione di resa e vuole combattere per rallentare il più possibile l’Armée ed evitare il passaggio dell’artiglieria pesante francese.
I francesi, comandati dal generale dell’Armée Berthier, occupano ogni parte del piccolo comune situato in bassa valle. Alcuni reggimenti hanno aggirato silenziosi la rocca e bloccano il collegamento tra Torino e la fortezza, impedendo ogni tipo di comunicazione e di rifornimento ai 400 soldati austriaci.
Un gruppo di tiratori è appostato sulla ripida montagna alla destra della rocca, verso Hône, ma la pendenza impedisce loro un tiro pulito. I cannoni vengono posizionati davanti alla chiesa di Bard, un luogo strategico per nasconderli alla vista del nemico ma le mura del forte sono spesse e ostili quanto l’onore del comandante Bernkopf, le palle di cannone non riescono a scalfirle.
Il problema dell’esercito francese è far passare l’artiglieria pesante, necessaria a fronteggiare il grosso dell’esercito austriaco. Ad ogni tentativo di trascinare i cannoni lungo le strette vie limitrofe alla rocca, il cielo si squarcia di lampi e il fuoco piomba sui francesi dall’alto delle mura. Bernkopf è astuto e risparmia le poche munizioni rimaste per danneggiare il più possibile i nemici.
La collera di Berthier e degli altri generali aumenta: vogliono il forte di Bard , vogliono distruggere quel piccolo reggimento di uomini che sta causando loro tanti danni, perdite e soprattutto l’imbarazzo nei confronti del Console Napoleone. Costruiscono impalcature e issate a gran fatica sulle mura della fortezza, ma come i soldati iniziano a salire il piombo austriaco insorge dall’alto su di loro, facendoli precipitare nelle gelide acque della Dora. L’umore dell’Armée è ai minimi termini: viaggiano senza sosta e con il peso dell’artiglieria da troppi giorni, e ora che sono quasi giunti alla pianura piemontese sono bloccati in uno scontro contro soli 400 uomini. Il generale Berthier deve tenere alto il morale.
– Questa notte li coglieremo di sorpresa, questa notte è la nostra notte. Generale Gobert raduni i migliori granatieri, i più valorosi zappatori e nel silenzio delle tenebre prenderete il comando della porta Curletto, poi calarete il ponte levatoio.
La notte del 21 Maggio, come ordinato dal generale, Gobert con i suoi uomini avanzano verso la fortezza. Con le teste chine e il passo leggero un gruppo di zappatori e di granatieri arriva davanti alla porta e sfoga tutta la sofferenza dell’esercito francese contro di essa abbattendola in poco tempo. Un colpo di cannone viene sparato dalla chiesa di Bard: è il segnale per gli altri soldati. Scendono dalle rupi e si uniscono allo scontro. Demoliscono le prime palizzate mentre l’esercito austriaco prova a difendersi ma questa volta è stato colto alla sprovvista. Bruciano arsi da olio bollente e palle infuocate i francesi, muoiono feriti dalle scuri gli austriaci e il sangue e l’orrore scorrono nel buio di quella notte. I francesi sono troppo numerosi, prendono il controllo dell’alta e della bassa borgata, e quindi calano il ponte levatoio.
Un’osservatore austriaco vaga nascosto tra le alture attorno alla fortezza: inviato per osservare i movimenti nemici e sentendo lo scoppio della battaglia rientra al forte da un passaggio opposto a quello della porta ormai conquistata dai nemici. Si reca immediatamente dal suo comandante.
– Comandante siamo circondati, avanzano in ogni dove, hanno messo stoffe sotto gli zoccoli dei cavalli, rivestito le ruote dei carri vogliono passare silenziosi e con loro hanno l’artiglieria. Li ho visti lungo il fiume e all’interno di esso, sulle rupi, e il borgo è invaso. Siamo spacciati comandante, non è forse giunto il tempo della resa?
– Non ancora! Abbiamo ordini di resistere ma ciò non conta quanto l’onore! Il nostro onore ci impone di non cedere, di continuare la lotta fino a quando non avremo sparato l’ultima pallottola e utilizzato tutto il nostro ingegno. Che venga attuato il piano di riserva.
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