Caterina Pizzato ci propone una scoperta del primo turismo in Valle d’Aosta, all’inizio del Novecento. Caso per caso, cercheremo di riportare sul giornale alcune di queste vicende nei diversi luoghi delle nostre Alpi.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, con l’arrivo della ferrovia, del telefono e delle innovazioni tecnologiche nei trasporti e nelle costruzioni, si sviluppò in Valle d’Aosta una nuova economia contraddistinta sostanzialmente da tre pilastri: la produzione e la distribuzione di ingenti quantità di energia idroelettrica (definita “il carbone bianco”o “la houille blanche”); l’insediamento di grandi stabilimenti industriali quali il Cotonificio di Verrès (1914), La Cogne di Aosta (1917), La Soie de Châtillon (1919) e l’Industria Lamiere Speciali I.L.S.S.A.-Viola di Pont-Saint-Martin (1931) e, infine, il turismo (la cosiddetta industrie des étrangers o industria dei forestieri) visto come l’insieme di attività e servizi volti ad attirare e ad accogliere i villeggianti nelle nascenti località turistiche della regione.
L’Association valdôtaine pour le mouvement des étrangers
Il nuovo secolo segnò per tutto l’arco alpino occidentale il passaggio dall’era dei viaggiatori del Grand Tour a quella dei turisti, aprendo nuovi ed importanti scenari per il futuro della Valle d’Aosta. Nel 1906 venne fondata nella grande sala del Caffè Pollano (Nazionale) di Aosta l’Association valdôtaine pour le mouvement des étrangers da un gruppo di albergatori e commercianti sul modello dei syndacats d’initiatives con l’obiettivo di migliorare l’ospitalità e offrire servizi soddisfacenti per tutti i forestieri.
«Son objectif principal sans doute, c’est l’intérêt du pays – scriveva nel 1906 Sylvain Lucat nella sua guida La Vallée d’Aoste – mais elle entend le réaliser, cet intérêt, non pas en exploitant l’étranger, mais en l’attirant et en le retenant par des facilitations et des améliorations, par l’augmentation du confort, par la répression des abus, par une protection efficace, par la discipline des services et des tarifs, par des bureaux d’informations qui lui épargneront une infinité de dérangements et d’ennuis et surtout le danger d’être trompé. […] Tous ces renseignements lui seront donnés gratuitement avec la plus grande diligence. […] Venez donc voir la Vallée d’Aoste, venez-y nombreux: les trésors de magnificence, de bien-être, de santé qu’elle vous offre à pleines mains sont inépuisables».
in italiano: [Il suo obiettivo principale è senza dubbio l’interesse del Paese – scriveva nel 1906 Sylvain Lucat nella sua guida La Vallée d’Aoste – ma intende realizzarlo, non sfruttando lo straniero, ma attirandolo e trattenendolo con agevolazioni e miglioramenti, con l’aumento del comfort, con la repressione degli abusi, con una protezione efficace, con la disciplina dei servizi e delle tariffe, con uffici di informazione che gli risparmieranno infiniti disagi e fastidi e soprattutto il pericolo di essere truffato. […] Tutte queste informazioni saranno fornite gratuitamente con la massima diligenza. […] Venite a visitare la Valle d’Aosta, venite numerosi: i tesori di magnificenza, benessere e salute che vi offre a piene mani sono inesauribili.]
L’associazione, diretta da Sylvain Lucat, era infatti munita di ufficio informazioni aperto al pubblico e distribuiva gratuitamente il piccolo Guide-souvenir della Valle d’Aosta a tutti i villeggianti per divulgare e promuovere il patrimonio storico e culturale della regione al più vasto pubblico. L’iniziativa aprì la strada ad un turismo non più solo elitario e scientifico, bensì di massa, inteso come un’industria.
Valle d’Aosta: dai 73 alberghi nel 1906 ai 149 alberghi del 1936
Dalle 1.500 presenze rilevate nelle località termali di Saint-Vincent, Pré-SaintDidier e Courmayeur e una trentina alberghi stimati dalla Guide illustré de la Vallée d’Aoste (1877) scritta dal barone Claude-Nicolas Bich assieme all’abbé Amé Gorret, si passò nel 1906 ad oltre diecimila turisti e settantatré strutture ricettive con circa tremila posti letto totali.
Negli studi condotti nel 1936-37 in funzione del Piano regolatore della Valle d’Aosta vennero identificati ben 149 hôtel e circa seimila posti letto, dove a prevalere erano le località di alta montagna come Courmayeur con diciassette alberghi e novecento posti letto, Valtournenche con quindici hôtel e settecentoventi posti letto e Ayas con quattordici strutture alberghiere e 620 posti letto.
«Giace all’estremo angolo nord-ovest dell’Italia, come in una nicchia, laddove la catena principale delle Alpi, con un improvviso cambiamento di direzione, volge ad Oriente» 105: così nel 1910 il corrispondente a New York del Corriere della Sera e del Corriere degli Italiani, Felice Ferrero, presentò agli Americani la regione con la sua opera The Valley of Aosta, un ampio testo corredato da cartine e illustrazioni sorretto da solide basi storiche, etnografiche e archeologiche e da aspetti inediti e affascinanti. Secondo l’autore, infatti, il modo migliore per visitare e apprezzare il territorio era andare a piedi, seguendo il proprio spirito senza orari né fretta per coglierne la vera essenza e le peculiarità più recondite.
La nascita degli sci club
Nel 1912 venne fondato su iniziativa di un gruppo di appassionati fondisti lo “Sci Club Monte Bianco”, tra i primi in Italia: la candidatura di Chamonix come località volta ad ospitare le Olimpiadi invernali del 1921 dette un incredibile impulso allo sviluppo dell’attività sciistica che in Valle d’Aosta veniva praticata solamente come addestramento degli Alpini. Al di fuori dell’ambiente militare, nei primi anni del Novecento lo sci interessava una ristretta élite di appassionati: nel 1915 (in pieno coinvolgimento dell’Italia nella Grande Guerra) venne organizzato a Courmayeur il primo Concours national de ski, patrocinato dalla Gazzetta dello Sport, su un percorso di trenta chilometri attrezzato anche con un poligono di tiro, dove si sfidarono ventisei squadre da cinque sciatori ciascuna selezionati tra i migliori delle principali località alpine d’Italia.
Nel 1920 vennero istituiti lo Sci Club Courmayeur e La Thuile, seguiti dallo Sci club Aosta (1929) e Crammont (1932), ma solamente a seguito dell’istallazione dei primi impianti di risalita meccanici e delle funivie nella seconda metà del Novecento si parlò di un vero e proprio boom dello sci. Con lo sviluppo dello sci alpino si avviò finalmente il turismo in Valle d’Aosta e la sua crescita esponenziale fece ben sperare in una tendenza positiva di lungo periodo: a partire da quegli anni cominciò infatti a diventare un settore centrale dell’economia valdostana.
Una nuova narrazione, un investimento economico
I soggiorni in Valle d’Aosta, nelle loro forme prettamente ottocentesche che spaziavano dalle cure termali all’alpinismo, dalle cacce reali alle esplorazioni scientifiche, erano appannaggio di un’élite che poteva disporre di notevoli risorse e tempo libero: il passaggio al turismo vero e proprio si verificò solamente all’inizio del nuovo secolo, con l’ultimazione dei collegamenti viari e ferroviari, il consolidamento delle strutture alberghiere e l’affermarsi di una cultura e di una politica volte alla valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico unita alla tutela e alla consapevolezza di quelle stesse risorse.
Divenne sempre più chiaro che parlare della Valle d’Aosta fosse un investimento economico per attirare sempre più forestieri, fornendo loro informazioni e descrizioni corrette e sicure, ripulite da vecchi stereotipi e difetti, lasciando ampio spazio alle meravigliose immagini dei paesaggi e dei luoghi che parlavano già da sé. I valdostani e le loro risorse dovevano essere gli autori e i protagonisti dei testi, non più meri oggetti di studio di qualche scienziato o esploratore straniero, come era stato tra fine Settecento e la seconda metà dell’Ottocento.
Nacque così una nuova immagine promozionale della Valle d’Aosta, che costituirà la narrazione di base per quella successiva, del turismo di massa.
(in parte tratto da L’apporto della Famiglia Reale allo sviluppo turistico
della Valle d’Aosta da metà Ottocento al 1946, tesi di Laurea magistrale all’Università di Torino, per gentile concessione di Caterina Pizzato)
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