Le Cattas sono uno dei prodotti fritti più amati della tradizione marittima della Sardegna, reso riconoscibile dalla forma lunga, sottile e attorcigliata su se stessa in una golosa spirale dorata. Tipiche del periodo del Carnevale, esse possono essere preparate anche in occasione di Natale, Pasqua e persino riti comunitari come il trigesimo o la prima uscita della puerpera dopo il parto.

Conosciuto anche come Frisgioli longhi, Frisciole o Tzipulas, tale dolce non era cucinato soltanto in concomitanza con periodi di festa ma scandiva i momenti di passaggio della vita famigliare e religiosa. La loro forma allungata, ottenuta un tempo con un imbuto a manico lungo o con mezzi di fortuna come vecchie federe bucate, era opportunità di gioco e sfida su chi riusciva a friggere la frittella più lunga.

Gli ingredienti

Per circa quindici Cattas della Sardegna a tre giri ciascuna sono necessari anzitutto farina di grano duro rimacinata (1 chilogrammo, preferibilmente di qualità Senatore Cappelli) nonché scorza e succo di arancia (da 2 frutti). Si prosegue poi con lievito di birra (50 grammi), latte tiepido (1 litro), sale (1 cucchiaino, circa 10 grammi) e una patata rossa bollita e schiacciata (circa 100 grammi). A ciò si aggiungono il fil’è ferru, ovverosia l’acquavite di Sardegna (1 bicchierino, circa 10 millilitri), e lo zucchero semolato nel quale rotolare le frittelle ancora calde.

Rispetto ad altre varianti sarde come le Tzipulas, qui risultano assenti uova e zucchero nell’impasto: a renderle uniche è proprio la presenza del grano duro e del profumo di arancia, questa ultima a donare freschezza alla frittura.

La preparazione delle Cattas della Sardegna

La preparazione delle Cattas della Sardegna comincia mescolando la farina di grano duro rimacinata assieme alla scorza grattugiata al momento di una arancia e al sale. Sbucciare e bollire la patata, poi schiacciarla e unirla all’impasto; sciogliere il lievito all’interno del latte tiepido, poi unirlo al composto mescolando sino a che non si sia amalgamato del tutto.

Procedere incorporando molto lentamente anche il succo di arancia e in seguito il liquore, così da ottenere una consistenza morbida e leggermente liquida, con necessario riposo per circa mezza ora in un luogo tiepido. Nel frattempo scaldare sino a temperatura corretta abbondante olio di arachidi (in passato si usava lo strutto). Per verificare se esso sia effettivamente pronto per la frittura, immergere al suo interno uno stuzzicadenti e osservare se le “bolle” di olio si attaccano sulla sua superficie grezza.

Con l’aiuto di un imbuto o di una sac-à-poche, lasciare cadere il composto in sottili fili badando ad avvolgerli a spirale e lasciandoli cuocere per pochi minuti sino a completa duratura. Una volta pronte e scolate dell’olio in eccesso, immergere le Cattas in una generosa dose di zucchero semolato per dare loro la tipica croccantezza che tanto le rende apprezzate dentro e fuori dalla Sardegna. 

Esse si gustano calde, meglio ancora se condivise in compagnia, e si abbinano perfettamente a un bicchierino dello stesso fil’è ferru usato nell’impasto o, per chi preferisce, a un vino dolce da dessert.

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Classe 1997, ho due lauree in lingue e letterature moderne, un master di primo livello in giornalismo 3.0 e una incrollabile testardaggine, tutti quanti ottenuti con il massimo dei voti. Appassionata di scrittura dall’età di 7 anni e giornalista pubblicista dal 2021, ho contribuito a costruire “Nos Alpes” dalle basi, crescendo giorno dopo giorno e imparando a essere migliore assieme a lui. Nel tempo libero che mi sforzo di ritagliare coltivo alcune delle mie frivole passioni, tra cui il rosa e i dolci, lo shopping e il make up, ma soprattutto i miei racconti.

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