Il Distretto del cibo della pianura del Canavese e della Collina di Torino è stato costituito con l’adesione di 78 comuni, della Città metropolitana di Torino e di altri soggetti della filiera agroalimentare.
Le adesioni al Distretto sono state completate il 13 settembre con l’adesione conclusiva del Comune di Leinì e l’accordo è stato firmato il 16 settembre 2025.
La questione dovrebbe essere interessante in Francia e in Svizzera. Sono due Paesi che non hanno uno strumento analogo e un’esperienza al riguardo, e che guardano spesso con interesse al sistema agricolo e del cibo italiano, chiedendosi le ragioni del suo successo.
Per i distretti ci vuole tempo
L’iniziativa è in cantiere da tempo e tutti i distretti del cibo sono frutto di lunghe discussioni. Da un lato, infatti, è necessario mettere d’accordo, in modo orizzontale e di cooperazione, numerosi enti locali e soggetti economici. Dall’altro occorre darsi una struttura, su un percorso che è tracciato da uno schema nazionale, con una legge del 2017.
Il distretto della pianura del Canavese e della Collina di Torino era in discussione da anni e aveva già ottenuto il riconoscimento dalla Regione Piemonte il 17 ottobre 2024. Ha avuto un impulso importante dalla Città metropolitana di Torino – che infatti ne ospita la sede – e ha coinvolto infine organizzazioni agricole, come il CAPAC (Consorzio Agricolo Piemontese per Agroforniture e Cereali), consorzi irrigui e aziende del settore dei mulini. Fabrizio Debernardi, assessore alle risorse agricole del Comune di Chivasso, è il presidente.
Il progetto di costituzione ha avuto il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, nell’ambito del bando NextGeneration WE. Dopo la formalizzazione del Distretto, ogni Comune aderente contribuisce con una quota annuale, calcolata in base alla superficie e alla popolazione residente. Il Comune di Leinì, ad esempio, partecipa con un contributo di circa 1.600 euro all’anno.
Un legge nazionale e un tentativo di politiche dal basso
I Distretti del cibo trovano origine nella legge italiana 205/2017 come strumenti per lo sviluppo economico e territoriale integrato, con attenzione alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza alimentare e alla valorizzazione del paesaggio rurale. La legge nazionale, nella costruzione di una policy comune per tutto il Paese, cercava di far aggregare delle energie dal basso per rafforzare competitività, innovazione e sviluppare progetti.
Sullo sfondo dei distretti, vi sono infatti dei finanziamenti pubblici e regionali – molto spesso con fondi europei – per sviluppare o consolidare filiere, come appunto il riso, e integrarle con altre attività, come il turismo.
Poi, nel concreto, i distretti sono complicati da far funzionare, perché molto dipende dalla capacità del presidente, del gruppo promotore e degli uffici del distretto, se si riescono a costituire. Per esempio, il distretto del cibo di Pinerolo, che dispone di un significativo patrimonio immateriale nell’alimentare, dalle vigne dei principi di Savoia-Acaja alle mele autoctone alle antiche varietà di mais piemontese, non ha avuto una grande visibilità dal 2024. La comunicazione, per esempio, continua ad essere sviluppata dai singoli comuni e dalle aziende turistiche, e il richiamo al distretto è raro.
Inoltre, si tratta di dinamiche che si appoggiano su pratiche esistenti (le fiere, le sagre, la trasformazione alimentare, i mercati di sbocco e la distribuzione, l’uso dei prodotti nei ristoranti locali) che richiedono innovazione, soprattutto con la partecipazione dei protagonisti. Quindi occorre la riunione di interessi locali, da sollecitare.
Le prime iniziative sono sui mercati di sbocco
Comunque, nel caso del nuovo distretto del cibo del Canavese e della collina di Torino, tra le prime iniziative vi è la collaborazione con i Distretti del Commercio già attivi, a partire dal Distretto Urbano del Commercio di Torino, su cui rafforzare lo sbocco dei prodotti.
La Regione Piemonte ha stanziato per il biennio 2024–2025 un fondo complessivo di 150.000 euro a sostegno dei Distretti del cibo. Le risorse sono suddivise tra contributi per le spese di costituzione e progetti di promozione e sviluppo delle filiere. Ogni distretto può accedere a un massimo di 15.000 euro per progetto, con una copertura pari al 70 per cento delle spese rendicontate.
I Distretti del cibo attivi in Piemonte sono ora dodici. Tra gli altri, figurano i distretti del Roero, della Frutta, delle Langhe-Monferrato, dell’Alta Langa, della pianura risicola vercellese, di Pinerolo (Terra da tasté).
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