Seconda parte del racconto di Jacques Martinet con un luogo, una casa a Derby, in Valle d’Aosta, che ancora oggi si dice infestata, unito a vicende e a tradizioni valdostane.
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Tanti anni fa, il giorno dei morti.
Sopra ogni tomba del piccolo cimitero di Derby aleggia una candela. Gran parte degli abitanti del paese sono sparsi per il cimitero, chi davanti alla lapide di un famigliare chi invece cammina sui resti di qualche sconosciuto. È mattina ma il cielo è senza luce e la pioggia è prossima.
La funzione ha inizio. Un uomo entra nel cimitero con la schiena curva, sulla spalla porta un bastone con appese delle zucche secche e scavate. Dentro alle zucche trasporta lacrime. Si aggira per il cimitero, osservato dai presenti, davanti ad ogni lapide si ferma e con un soffio affaticato spegne la candela. Qualche vivo, al suo passaggio, si asciuga una lacrima e la lascia cadere in una delle zucche.
Una donna commossa ha appena riposto una delle sue lacrime e si aggrappa al marito, il falegname del paese.
- Mamma sarebbe molto contenta di vederti qui oggi – dice la donna, guardando verso la lapide della madre.
- Anche io ma tra poco dovrò tornare a lavorare.
- Deve spegnere ancora tutte le candele.
Le deboli fiammelle illuminano e danno forma a quel piccolo cimitero circondato dagli alberi, sono parecchie e il passo dell’uomo che trasporta le lacrime è molto lento.
Il falegname attende senza troppa pazienza la fine della funzione, guardando in maniera distratta l’uomo spegnere lentamente ogni lume. Con molta più attenzione, invece, incrocia spesso e volentieri lo sguardo con una giovane vedova vestita a lutto, dai lunghi e lisci capelli, neri come il suo vestito.
- Sei sempre là, in quella casa. È più di un mese che non torni da me. I ragazzi se la cavano da soli ormai, posso venire io alla segheria. Tu e Nando pensate solo a lavorare, non mangiate nemmeno… guarda come sei sciupato- la moglie parla al falegname disincantandolo.
- Non è un posto adatto a una famiglia e nemmeno a una donna. Fa freddo la notte, ci sono pochi letti e… sei sicura di voler venire stasera?
- Perché me lo chiedi? non mi vuoi nemmeno stasera?
- No ma ho sentito delle dicerie…
- Quali dicerie?
- Lascia stare, non sono cose da dire qui, di fronte ai resti di tua madre.
- Dimmele.
Il marito avvicina la bocca all’orecchio della moglie e le parla con tono grave
- In quella zona vicino alla cascata accadono cose strane, strani rumori c’è chi dice sia una Sengoga, soprattutto il giorno dei morti.
- È per questo che voglio venire non ti lascio lì da solo con Nando – replica la moglie poco impressionata dalla storia.
- Ti ricordi la strada?
- Seguo il sentiero oltre la cascata fino alla piana, poi vedrò il mulino.
- Torno a lavorare ora. Saluta i ragazzi.
Il falegname si dirige verso l’uscita del cimitero e la vedova dopo qualche istante lo segue a testa bassa, lasciando la candela sopra la lapide del defunto marito ancora accesa.
Lungo la strada del cimitero, dietro a un grosso abete il falegname e la vedova si incontrano.
- Ci incontriamo alla segheria stasera? – Chiede la donna.
- Non stasera… mia moglie si è messa in testa che vuole trasferirsi là! Ma ho già trovato un modo per tenerla lontana da quella casa.
- Quello è il nostro posto!
I due amanti si abbracciano e si scambiano un bacio appassionato.
La sera è prossima e la moglie del falegname si avvia per il sentiero oltre la cascata del Lenteney, con in mano una valigia abbastanza grande da poter partire per mesi. A fatica e con solo una lanterna a illuminare il suo cammino arriva alla piana dove al centro spicca un gruppo di quattro piccole case con un bel mulino.
Il falegname sta spiando dalla finestra.
- È arrivata! Forza vai di sopra e aspetta qualche ora ma non addormentarti!
Nando, il suo aiutante, obbedisce. Si alza di scatto e incespica su per le scale qualche istante prima che la moglie del falegname apra la porta.
- E Nando?
- È andato via.
- Ma non hai detto che si ferma sempre qui? – Di’ la verità lo hai detto solo per non farmi preoccupare.
Il falegname la guarda con un sorriso poco convinto mentre la moglie gli si appiccica addosso.
- Dovremo stare qui, sopra i letti sono disfatti- dice lui divincolandosi.
- Ma è freddo qui sotto, e c’è segatura ovunque.
- Io ti avevo avvisata, sei tu che volevi venire.
I due si sdraiano su un piccolo e scomodo letto nella stanza accanto alla segheria. La donna inizia ad accostarsi al falegname, a cercare il calore del suo petto, poi tra le sue gambe…
- Elvira! Basta, sono stanco! E poi il giorno dei morti certe cose non si fanno… ricordi la Sengoga?! – sbotta l’uomo con tono fermo.
La moglie si gira dall’altra parte scocciata e prova a prendere sonno quando… un rumore di catene dal piano superiore.
- Hai sentito? – Domanda al marito.
- Cosa?
- Mi è sembrato di sentire un rumore. Ecco! Ascolta.
Al piano superiore, in una camera ordinata e con un bel letto matrimoniale rifatto, l’aiutante del falegname è avvolto nel buio, circondato da catene, cocci di vetro e bottiglie che agita di tanto in tanto tra di loro.
- Ma cosa? Io non sento nulla. – Replica il falegname.
Un altro rumore di catene dal piano superiore e ancora dei vetri, e poi un urlo, quella della donna.
- Buon Dio, proteggici! c’è qualcuno di sopra!
- Non c’è nessuno oltre a noi e io non ho sentito nulla.
La moglie del falegname passa quella notte in preda al terrore, continuamente disturbata da rumori che il marito addormentato accanto a lei non sembra percepire. Non appena l’alba irrompe su Derby si alza in preda a una crisi isterica e completamente fuori di sé inizia a urlare.
- Sengoga! Sengoga!
Da quel giorno la poveretta non vorrà mai più tornare in quella casa e nemmeno restare sola la notte, costringendo il falegname a trasferirsi di nuovo con lei e i figli.
