L’ottenimento della Indicazione Geografica Protetta (IGP) è oramai a un soffio di distanza per il Giandujotto. E questo dopo un inverno di tribolazioni durante il quale la Lindt & Sprüngli Italia, multinazionale proprietaria della ditta Caffarel di Luserna San Giovanni, si era opposta al disciplinare di candidatura rivendicando la paternità del celebre cioccolatino.

Ma le divergenze paiono essere state appianate a seguito del positivo esito dell’incontro svoltosi lo scorso martedì 20 febbraio tra i vertici dell’azienda svizzera e alcune delle imprese promotrici della denominazione. Coadiuvata dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, la seduta ha visto dare il via libera alla creazione del “Giandujotto dei piemontesi” a una serie di condizioni prestabilite.

L’IGP del Giandujotto piemontese

L’iter per il raggiungimento dell’IGP da parte del Giandujotto piemontese è esordito nel 2017 sotto la spinta di alcuni maestri cioccolatieri tra cui Guido Castagna, Guido Gobino e Giorgio e Bruna Peyrano; a essi si sono associate poi alcune ditte locali quali Domori, Ferrero, Pastiglie Leone e Venchi.

La controversia è sorta invece dopo che il comitato di quaranta esperti così creato ha stilato un apposito disciplinare che regolamentasse l’autentica preparazione del cioccolatino del Piemonte per antonomasia. La “ricetta”, difatti, non prevedeva la presenza di latte in polvere, ingrediente invece utilizzato dalla ditta inventrice della pralina, la Caffarel, dal 1997 proprietà della Lindt & Sprüngli.

Superato il dolcissimo conflitto, il ministero italiano delle Politiche agricole dovrà confermare il proprio consenso al riconoscimento IGP e, in mancanza di ulteriori opposizioni, entro trenta giorni la pratica dovrebbe procedere verso la Commissione Europea. Nell’arco di un anno di tempo il Piemonte potrebbe dunque arrivare a guadagnarsi il tanto ambito titolo, slancio economico per un mercato dal valore di circa 200 milioni di euro.

Il ruolo di Lindt & Sprüngli

A seguito della recente riunione tra Lindt & Sprüngli e le aziende cioccolatiere del Piemonte, l’amministratore delegato della filiale italiana, Benedict Riccabona, ha affidato la propria posizione e le proprie proposte a una nota.

“Siamo convinti che nel corso delle nostre conversazioni sia emersa una concreta condivisione di intenti per consentire da un lato il riconoscimento di una Indicazione Geografica Protetta e al tempo stesso permettere a Caffarel di tutelare il proprio marchio storico nazionale” la sua dichiarazione, che non manca di ringraziare i presenti al tavolo per il proprio contribuito al confronto.

Impegnandosi nel pensare a un “possibile modus operandi” per domandare tale denominazione, l’azienda chiede per prima cosa l’impegno del Comitato, della Regione e del Ministero a lavorare per ottenere il “formale riconoscimento giuridico, vincolante nei confronti di qualsiasi soggetto, del diritto di continuare a utilizzare il proprio preesistente marchio storico di interesse nazionale ‘Gianduia 1865 – L’autentico Gianduiotto di Torino’ al di fuori della IGP“. In aggiunta, egli insiste sulla necessità di una “clausola di riconoscimento delle concessioni di Caffarel da inserire nel disciplinare di produzione”.

Classe 1997, ho due lauree in lingue e letterature moderne, un master di primo livello in giornalismo 3.0 e una incrollabile testardaggine, tutti quanti ottenuti con il massimo dei voti. Appassionata di scrittura dall’età di 7 anni e giornalista pubblicista dal 2021, ho contribuito a costruire “Nos Alpes” dalle basi, crescendo giorno dopo giorno e imparando a essere migliore assieme a lui. Nel tempo libero che mi sforzo di ritagliare coltivo alcune delle mie frivole passioni, tra cui il rosa e i dolci, lo shopping e il make up, ma soprattutto i miei racconti.

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