È il 1959 quando Micheline Rambaud intraprende assieme a una squadra tutta al femminile di esperte della montagna la prima spedizione in rosa sull’Himalaya Cho Oyu. A distanza di più di 60 anni da una avvincente avventura trasformatasi in nera tragedia, la regista e alpinista ha scelto di ripercorrere attraverso testi e immagini l’ascesa sulla sesta montagna più alta del mondo (8.201 metri).

Il risultato di tale suo lavoro di ricerca e restituzione è il volume “Viaggio senza ritorno” (in originale “Voyage sans retour”), edito nel 2021 dalle Éditions du Mont-Blanc. Sunto del diario di bordo cui ella aveva affidato pensieri e impressioni ma anche progressi e fatiche, esso permette al lettore una immersione toccante e a tratti umoristica nell’impresa.

Nata il 20 gennaio del 1929 a Grenoble, laureata in storia dell’arte e professionista fotografa al fianco del padre, Micheline Rambaud viene reclutata per la spedizione da Claude Kogan. La donna, considerata la migliore alpinista francese dell’epoca, l’aveva scelta sotto consiglio di un altro sportivo, Félix Germain, a completare nei panni di regista la prima ascesa internazionale femminile sull’Himalaya.

La spedizione al femminile sull’Hymalaya (fonte: Wikimedia Commons, Micheline Rambaud, CC BY-SA 4.0)

Pur stupita dalla richiesta ma ben motivata tanto dalla sua passione per la cinematografia quanto per l’indole da alpinista cui ella dà sfogo sulle cime delle Alpi, ella accetta anche se con un certo grado di dubbio. Ad assillarla sono soprattutto la vasta e ambiziosa portata del progetto nonché il vincolo a contribuire in parte al suo finanziamento con 450 mila vecchi franchi.

Fatto il suo ingresso all’interno di un team di 12 esperte provenienti da cinque Pesi differenti e accompagnate da 12 sherpa e 187 portatori, Micheline Rambaud si occupa come da incarico di riprendere interamente l’avventura. Ne deriva il film-documentario intitolato “Voyage sans retour”, che esordisce come il suo volume omonimo con la partenza della carovana lungo il sentiero del Nangpala tra Nepal e Tibet datata 21 agosto 1959.

Dopo 24 giorni, 300 chilometri e 7 mila metri di dislivello attraverso risaie, foreste e ghiacciai, il gruppo raggiunge il campo base ai piedi del Cho-Oyu, dove si installa per un periodo di acclimatazione. Il successivo 1° ottobre, nonostante il monsone che montava all’orizzonte, Claude Kogan e Claudine Van Den Stratten-Ponthos raggiungono il campo seguente, fermandosi a 7.700 metri di quota per tentare l’ascesa alla vetta.

La spedizione al femminile sull’Hymalaya (fonte: Wikimedia Commons, Micheline Rambaud, CC BY-SA 4.0)

Ma il clima peggiora rapidamente, portando copiose nevicate ma anche temperature più calde della media che provocano alcune valanghe, una delle quali il 2 ottobre colpisce il campo 4.

Nonostante le missioni di salvataggio, che portano uno degli sherpa a perdere lui stesso la vita, trascorrono le ore e i giorni e la tempesta continua a imperversare sino al 6 ottobre. Quando il tempo si placa e le ricerche ricominciano in sicurezza, i campi base intermedi si scoprono distrutti e le due alpiniste si comprendono disperse. Frastornati dal dramma, i sopravvissuti non possono fare altro che tornare a valle, da dove tra l’11 e il 18 novembre la squadra approda all’aeroporto di Orly.

“Viaggio senza ritorno” di Micheline Rambaud è stato vincitore del “Gran premio” del Festival del libro di L’Argentière-La-Bessée nel 2022 nonché del “Gran premio” del Salone internazionale del libro di Passy ugualmente nel 2022. Con introduzione dello scrittore e alpinista Jean-Michel Asselin, esso è acquistabile online sul sito web delle Éditions du Mont-Blanc al prezzo di 20,00 euro.

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Classe 1997, ho due lauree in lingue e letterature moderne, un master di primo livello in giornalismo 3.0 e una incrollabile testardaggine, tutti quanti ottenuti con il massimo dei voti. Appassionata di scrittura dall’età di 7 anni e giornalista pubblicista dal 2021, ho contribuito a costruire “Nos Alpes” dalle basi, crescendo giorno dopo giorno e imparando a essere migliore assieme a lui. Nel tempo libero che mi sforzo di ritagliare coltivo alcune delle mie frivole passioni, tra cui il rosa e i dolci, lo shopping e il make up, ma soprattutto i miei racconti.

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