Sarà concretizzata a partire dal prossimo sabato 30 novembre l’espulsione della Russia dal CERN, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare sita a Meyrin, al confine tra il Cantone di Ginevra e il dipartimento dell’Ain. Tale decisione è stata preceduta da una similare misura concernente la Bielorussia adottata con decorrenza dallo scorso giovedì 27 giugno.

Le ragioni dell’esclusione di Russia e Bielorussia dal CERN

La scelta di rescindere gli accordi quinquennali in vigore e dunque di escludere Russia e Bielorussia dal CERN è sorta durante la seduta del Consiglio riunitasi nel giugno 2022. La motivazione di fondo è legata al perdurare del conflitto con l’Ucraina, che nel marzo del 2022 aveva portato alla sospensione dallo status di osservatore della Federazione Russa.

Già da due anni e mezzo, pertanto, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare aveva interrotto la propria collaborazione nonché i propri scambi di fondi, materiali e personale con Russia e Bielorussia. Impedite anche la partecipazione dei propri scienziati all’interno dei comitati scientifici oltre che la concessione di contratti di associazione a soggetti provenienti da istituzioni locali.

Il CERN (fonte: Wikimedia Commons, Maximilien Brice, CC BY-SA 3.0)

Il CERN per l’Ucraina

Con una risoluzione datata 16 giugno 2022 scorso, il CERN aveva esplicitamente dato il proprio supporto all’Ucraina, condannandone al contempo l’invasione militare da parte della Federazione Russa. La prospettiva dell’espulsione tiene peraltro in conto “la conseguente perdita di vite umane e l’impatto umanitario” nonché “il coinvolgimento della Repubblica di Bielorussia nell’uso illegale della forza”.

In aggiunta, nel 2022 l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare aveva stanziato 820 mila franchi svizzeri di aiuto verso le popolazioni colpite dal conflitto; tale intervento economico era poi stato nuovamente approvato per ciò che concerneva sia il 2023 sia il 2024. Inoltre, al Paese era stata concessa una riduzione della propria quota associativa, il cui deficit risultante era stato coperto con un aumento di contribuzione da parte degli altri Stati membri in proporzione alla rispettiva quota di bilancio.

Quale prospettiva per gli scienziati?

Oltre al comportamento bellico di Russia e Bielorussia, il CERN aveva fortemente condannato “le dichiarazioni di istituti russi che avevano espresso sostegno all’invasione illegale dell’Ucraina”. A fronte del monitoraggio costante della situazione, non era comunque stata esclusa “qualsiasi ulteriore decisione alla luce degli sviluppi della situazione in Ucraina”.

A oggi circa 500 scienziati russi e una decina di scienziati bielorussi prestano servizio presso l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare. A decorrere dal prossimo sabato 30 settembre essi dovranno dunque cessare la propria posizione ma potranno comunque affiliarsi ad altri istituti differenti rispetto alla propria nazionalità e mantenere così il proprio impiego.

È da precisare che i dipendenti del Joint Institute for Nuclear Research (JINR) di Doubna, a un centinaio di chilometri da Mosca, non saranno soggetti a tale provvedimento.

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